5 febbraio 2013

DI NUOVO: “PROFESSIONISTI DELL’ANTIMAFIA”


Fa una certa impressione veder ricomparire la locuzione “i professionisti dell’antimafia”. Dal lontano 1987 quando Leonardo Sciascia la usò per la prima volta sul Corriere della Sera il suo uso si moltiplicò e fu spesso brandita come una clava per bollare vuoi avversari politici vuoi colleghi della magistratura, vuoi semplici cittadini colpevoli di avere opinioni diverse dalla propria sul tema della mafia. Inutilmente venti anni dopo Pierluigi Battista, sempre sul Corriere della Sera, riteneva doveroso chiedere scusa a Leonardo Sciascia da parte di tutti quelli che dal 1987 lo invitarono a “chiudersi al margine della società”. Si sperava che dopo l’intervento di Pierluigi Battista quella locuzione fosse destinata a scomparire dalle cronache e dal dibattito politico. Non fu e non è così. Qui a Milano l’ultima volta in cui si sentì parlare in un pubblico consesso di “professionisti dell’antimafia” fu in Consiglio comunale nel febbraio 2012, quando un consigliere della maggioranza, pure esso siciliano come Sciascia, la usò a proposito di Nando Dalla Chiesa, nominato presidente del Comitato Antimafia del Comune.
Anche quella volta si sperò che fosse l’ultima ma la campagna elettorale in corso, che non ci risparmia nulla, la vede di nuovo circolare liberamente, se non proprio lei quantomeno sue declinazioni. Si ha legittimo diritto di occuparsi di mafia o di qualunque forma di criminalità organizzata e ancor meno di parlarne solo se si è dello stesso partito o della medesima coalizione. Questa sembra almeno l’indecorosa opinione di Bobo Maroni.
Ovviamente non è così. Come sempre, tristemente, la lotta alla mafia diventa oggetto di appropriazione più o meno indebita. Con la definizione di professionisti dell’antimafia Sciascia intendeva alludere a quei magistrati che pensavano di far carriera soltanto per il fatto di occuparsene. Non aveva tutti i torti ma questa definizione ovviamente non la pensava estesa a tutti indistintamente i magistrati che di mafia si occupassero. Da allora i morti di mafia non si contano. Oggi, che questa definizione è tornata in auge, domandiamoci semioticamente che cosa essa significhi. La definizione di Sciascia la conosciamo ma un’altra che si concentri sul significato della parola “professionista” la voglio prendere in considerazione. Tra i vari significati possibili del termine “professionista”, uno mi piace più di altri e lo traggo dal dizionario Treccani: “chi esercita una professione liberale in modo indipendente, senza rapporto di subordinazione nei confronti dello Stato o di un datore di lavoro”. Io credo che si possa essere professionisti dell’antimafia, che vi debbano essere professionisti dell’antimafia e che di questi ultimi vi sia bisogno. Poi vi sono quelli che potremmo definire appassionati della materia: mi colloco tra questi ultimi non ritenendo di avere le capacità per essere tra i primi.
Nel 1990, in un articolo su Società Civile, pensando al mondo imprenditoriale mi domandavo perché una parte dell’imprenditoria milanese assistesse silenziosa alla penetrazione delle mafie e mi rispondevo: “ … forse per una sorta di ritegno a chinarci su noi stessi, sui nostri comportamenti per timore di non esser in grado di tracciare un confine preciso tra il nostro attuale modo di fare affari e politica e quello che nella comune accezione del termine si definisce mafia … ”. Oggi ho la precisa sensazione che quel confine sia stato scavalcato senza incertezze. Era e rimane la riflessione di un appassionato della materia.
Ma veniamo ora ai professionisti. Ci sono i magistrati, c’è la Guardia di Finanza, ci sono le forze dell’ordine in generale che professionisti lo sono ma manca un quarto della mela: gli esperti di settore. Oggi la criminalità organizzata alle sue normali attività ha aggiunto quelle economiche e imprenditoriali. Per combatterla dunque non basta una sola azione di contrasto ma, oltre una forte attività pedagogico-didattica, un meccanismo di prevenzione che passa attraverso la profonda conoscenza delle varie filiere produttive e delle varie attività economiche, sia per individuare i “traccianti” delle attività illecite, sia per promuovere interventi legislativi – a cominciare dalla materia degli appalti – che rendano queste attività trasparenti e di difficile penetrazione mafiosa. Ecco il ruolo dei nuovi professionisti dell’antimafia. Speriamo che ce ne siano molti, magari volontari, visto che per la lotta alla criminalità le risorse sono sempre troppo poche.

Luca Beltrami Gadola



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