30 gennaio 2013

MARIO MONTI TECNICO E POLITICO AL DUELLO DEL “TECOPPA”


Il vecchio è morto ma il nuovo stenta a nascere. Chiusa la fase del governo “tecnico” accade che il suo illustre presidente invece di ritirarsi “super/extra partes” entri apertamente nell’agone politico (per usare un termine consono al personaggio – superate finalmente le insopportabili “discese in campo”) col proposito di salire verso una politica da ricollocarsi possibilmente sul ripiano sopraelevato. Non solo. L’annuncio è addirittura preceduto da un’innovazione di metodo che, se avesse avuto seguito, avrebbe forse consentito di far uscire il Paese dalle secche della “seconda repubblica” e aprire una fase nuova, aperta a possibili sviluppi e occasioni anche per la sinistra.

Il metodo evocava un “copernicano” capovolgimento del punto di osservazione (“rovesciare il mondo per metterlo per la prima volta con i piedi per terra”). Infatti l’agenda Monti ha inizialmente preteso di ribaltare la sequenza usuale “leader – coalizione – candidati – programma” procedendo in senso opposto. Prima l’agenda, poi “erga omnes” chi credibilmente la condivida o quantomeno la prenda in considerazione; infine i concorrenti a leader/premier ecc. più adatti ad attuarla. Tanto è che la politica tradizionale, compresa quella più consapevole per altro reduce dalla “gioiosa macchina da guerra” delle varie primarie, è risultata alquanto spiazzata e infastidita dalla novità fino a chiedere una bizzarra esclusione del protagonista dalla competizione, con una logica simile a quella invocata dal Tecoppa nel celebre duello: “io vorrei infilzalo ma lui non sta fermo”. Non sta al di sopra delle parti!

Purtroppo l’illusione di ribaltare gli usi e costumi della politica-spettacolo (*) e dei politici-personaggi, dando la precedenza al “fare che cosa” in luogo del “dove sta e con chi sta”, è durata lo spazio di un mattino. La frenesia elettorale ha ben presto riproposto i soliti rituali, coinvolgendo e condizionando partiti e coalizioni, liste e candidati vecchi e nuovi nonché le consuete promesse e attrazioni propagandistiche. Vogliamo ad esempio provare mediante una cartina di tornasole (preliminare a ogni analisi chimica e non) a testare le velleità di riduzione dei “costi della politica” e di razionalizzazione dei centri di spesa, simmetrica a ogni eventuale “diminuzione delle tasse” ecc? Che futuro avrà il decreto “taglia-province/introduzione delle città metropolitane” fatto saltare in commissione al Senato all’unanimità il 10 dicembre 2012? Perché l’argomento è pressoché scomparso dalla pur accanita e variegata polemica elettorale, salvo riottose contestazioni campanilistiche? A controprova vedi purtroppo la recentissima legge elettorale lombarda – bipartisan – con tanto di circoscrizioni ritagliate sulle invariate dodici province preesistenti!

Passando dal metodo al merito invece il discorso cambia sostanzialmente. E’ evidente che l’agenda Monti risulta congruente e consequenziale a sistema economico-finanziario vigente invariato. I vincoli e i condizionamenti dell’Europa che conta sono evidenti e cogenti. A livello globale poi la gigantesca “rivoluzione passiva” della Cina, dove un capitalismo nella fase della sua “accumulazione primitiva” persegue i propri scopi avvalendosi dell’ultimo e unico Partito Comunista rimasto saldamente al potere, ne è la paradossale controprova. Pensiero unico, società liquida e crisi del compromesso socialdemocratico rendono per altro sempre più difficili le tradizionali possibilità di mediazione. La stessa ispirazione della nostra Costituzione Repubblicana, a sua volta frutto di uno storico compromesso, oggi appare in critica controtendenza rispetto all’andamento del “turbo-capitalismo” globale dominante.

Una possibile agenda alternativa non può allora che presupporre due condizioni indispensabili. Una dimensione, anche organizzativa, estesa almeno all’ambito europeo e una profondità di analisi e di coscienza critica paragonabili alla forza propulsiva delle “ideologie” vissute nei due secoli precedenti e ora dichiarate morte senza rimpianti né ripensamenti. Infatti la storia non si ripete e all’orizzonte non appare alcuna “ennesima” Internazionale del ventunesimo secolo! Invece si presentano minacciosi “baratri” che dettano un’agenda forzata, dai ristretti margini di correzione e scelta democratica a fronte di una crisi inedita destinata a prolungarsi ben oltre la congiuntura elettorale.

Certamente sui temi di medio raggio, in particolare quelli che attengono l’hardware del sistema, quali territorio e ambiente, scelte anche importanti sono possibili. Pertanto vincere e mettere alle spalle il penoso retaggio berlusconiano/formigoniano è necessario ma non di per sé sufficiente a cambiare significativamente lo stato di fatto, come purtroppo dimostrato dall’esito del PGT milanese ufficialmente pubblicato (vedi G. Boatti sul n. 2 di ArcipelagoMilano), corretto solo in apparenza dopo l’agognato alternarsi del governo cittadino.

 

Valentino Ballabio

 

(*) “quella metamorfosi integrale della rappresentanza in rappresentazione che sta alla base della mutazione genetica delle democrazie post-moderne” (M. Revelli, I demoni del potere, Laterza 2012, p. 64)



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti