30 gennaio 2013

SANITÀ LOMBARDA: PREVENZIONE E PREGIUDIZIO


Parliamo di prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale: aspetto trascurato da vent’anni di gestione Formigoni della sanità per ragioni ideologiche e di opportunità politica, causando quindi costi sociali e aumento della spesa centrata sulla cura, pur avendo un grosso impatto sulla cittadinanza lombarda e milanese in particolare.

Investire nella prevenzione significa risparmiare le ingenti risorse necessarie per le cure. In Lombardia la sanità deve fare un salto di qualità che è anche culturale: la tutela della salute deve essere centrata non soltanto sulla cura delle malattie ma anche e soprattutto sulla prevenzione che passa attraverso l’educazione sanitaria mirata per le diverse comunità. Senza lasciare che pregiudizi e opportunità politiche possano minare la salvaguardia della salute della persona e appesantire i costi della sanità.

Non si può più ignorare la questione dell’HIV, specialmente nella nostra Regione. Nel l’Istituto superiore di Sanità registra fra le 3000 e le 4000 nuove infezioni diagnosticate: di queste circa 600 in Lombardia (1). Non si possono contare quanti hanno contratto il virus e non lo sanno perché non hanno fatto il test. In Italia si stima che circa 150mila persone vivano con l’HIV, compresi i casi di AIDS conclamato e le persone che non sanno di averlo.

Secondo le stime dell’Iis, un sieropositivo su quattro non sa di esserlo, non riceve le cure adeguate e non è consapevole dei rischi che corre. Quasi l’80% delle nuove infezioni è provocato da una trasmissione sessuale etero oppure omosessuale. Nel 2012 sono stati quasi 300 i nuovi casi diagnosticati solo a Milano, in aumento rispetto all’anno precedente. Il 20% delle nuove infezioni riguarda immigrati.

Non solo HIV, però. In Lombardia si contano il 45% e il 53% dei nuovi casi italiani di sifilide e blenorragia e Milano conta più del 70% delle segnalazioni regionali per entrambe le patologie (2).

Servono campagne di informazione a partire dalle scuole superiori per promuovere le pratiche di sesso sicuro e bloccare la diffusione del virus. Non solo campagne di informazione generali, ma anche campagne mirate alle comunità più a rischio, giovani, immigrati, comunità LGBT, adattandole ai diversi contesti culturali per renderle più efficaci.

Bisogna potenziare le strutture territoriali, le più vicine alle persone da trattare; è necessaria una campagna di screening più capillare, magari attraverso il test salivare che è più rapido e semplice, dal momento che è stato dimostrato come le persone in terapia – che quindi hanno già scoperto di avere l’HIV – sono molto meno contagiose di chi non è in trattamento.

Tutto questo può avvenire solo se siamo capaci di liberare l’azione di prevenzione sanitaria da luoghi comuni e pregiudizi determinati da istanze socio-culturali ed economiche dominanti del momento.

 

Giuseppe Rotondo

 

(1) http://www.ausl.ra.it/files/prevenzione_salute/aids/Dati%20per%20sito.pdf

(1) http://www.iss.it/binary/publ/cont/online_2_dicembre.pdf

(2) http://www.epicentro.iss.it/problemi/aids/studi.asp



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