27 aprile 2009

UN TERREMOTO A MILANO …


Secondo una recente indagine dell’ISTAT oltre due milioni e mezzo di edifici sono interessati da uno stato di profondo degrado e neppure importanti interventi di restauro e consolidamento statico potrebbero recuperarli e renderli a norma. Una casa italiana su tre infatti è costruita sulla base della prima normativa antisismica, che risale al 1974. La soluzione migliore, per gli edifici compromessi e altamente a rischio in base anche alla zona sismica, sarebbe quella di procedere, anche in termini di costi/efficacia dell’azione, alla demolizione e alla ricostruzione ex novo.

Alla luce di ciò, ritengo utile anche per gli edifici privati, nuovi ed esistenti, la redazione di un fascicolo del fabbricato che attesti, la data di realizzazione del manufatto, le figure imprenditoriali e professionali coinvolte, gli interventi eseguiti nel tempo, quelli che si ritiene opportuno programmare e lo stato manutentivo complessivo.

Il fascicolo consentirebbe di monitorare nel tempo lo stato prestazionale e qualitativo dell’edificio, consentendo ai proprietari di immobili e alle pubbliche amministrazioni di acquisire una reale consapevolezza sullo stato del bene e sulle strategie manutentive da adottare e, in taluni casi, di valutare l’opportunità di una demolizione e ricostruzione per fine vita del prodotto stesso, come accade del resto a molte altre tipologie di beni presenti sul mercato. Già alcuni anni fa Assimpredil Ance aveva realizzato un manuale per la redazione di questo strumento ed esperienze di adozione di un fascicolo tecnico di fabbricato sono rilevabili in vari contesti. Per gli edifici pubblici occorrerebbe invece un vero e proprio catasto qualitativo e prestazionale, oltre a un impegno finanziario concreto dello Stato, ben diverso da quello attuale.

L’immane tragedia che ha colpito l’Abruzzo ha indiscutibilmente posto al centro del dibattito, non solo politico, la qualità dei progetti, in particolar modo quelli strutturali, la qualità dell’esecuzione, la bontà o meglio la rispondenza alle norme e ai contratti dei materiali
impiegati, nonché la correttezza dei collaudi.

È necessario in questo senso che sia finalmente applicata, in modo diffuso e generalizzato, la legge 210/2004, che ha introdotto una normativa specifica per la tutela dell’acquirente di immobili in fase di costruzione. Il provvedimento, infatti, pone a carico del costruttore, tra l’altro, l’obbligo di stipula di una polizza assicurativa indennitaria (cosiddetta “postuma decennale”) a beneficio dell’acquirente e a copertura dei danni materiali e diretti all’immobile, compresi i danni a terzi, che derivino da rovina totale o parziale, oppure da gravi difetti costruttivi delle opere, per vizio del suolo o per difetto di costruzione. Affinché tale normativa inneschi un meccanismo virtuoso è però essenziale che sia uniformemente applicata in tutto il territorio nazionale, che siano eseguiti controlli rigorosi e che il rilascio di tale polizza sia subordinato all’esecuzione di un perizia tecnica da parte di un professionista accreditato che certifichi la corretta progettazione e fabbricazione dell’edificio.

È inoltre importante che l’acquirente sia pienamente informato della possibilità di stipulare tale polizza, in modo tale che possa richiederla, anzi pretenderla da parte del costruttore-venditore all’atto del trasferimento della proprietà e con decorrenza dalla data di ultimazione dei lavori.

I fatti dell’Abruzzo, aldilà del doveroso accertamento di eventuali responsabilità, spingono a ripensare seriamente ad una politica industriale per il settore delle costruzioni che sappia rigenerare l’intera filiera ammodernando prodotti e processi.

È impensabile infatti che in Italia vi sia un numero di iscritti alle facoltà di architettura e di ingegneria civile maggiore del totale dei professionisti che esercitano tale attività in tutta la Francia; è sorprendente che dalle 32.945 aziende abilitate nel 2007 ad eseguire opere pubbliche, secondo i dati forniti dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici nel mese di luglio 2008,
si sia passati a 50.214 imprese attestate ad oggi dalla medesima Autorità, ossia circa il 50% in più in un solo anno; è altrettanto paradossale che alle Camere di Commercio Italiane risultino iscritte circa 620.000 imprese esercitanti l’attività edilizia che hanno avuto diritto ad esercitare tale professione con la sola presentazione della carta d’identità e del codice fiscale.

È urgente e necessario un intervento legislativo urgente volto a definire parametri selettivi per l’iscrizione delle imprese edili alle Camere di Commercio. Bisogna subordinare la possibilità di creare una nuova impresa a stringenti requisiti posseduti dall’imprenditore, nonché alla preventiva e indispensabile iscrizione alla Cassa Edile.

L’attenzione va inoltre posta ai processi di qualificazione nel settore dei lavori pubblici dove è in vigore il sistema SOA che deve essere rivisto, sia nei parametri selettivi sia nel numero, oggi eccessivo, di enti certificatori. Occorre introdurre riferimenti alla consistenza patrimoniale delle aziende e ad alcuni indici di bilancio tali da supportare la capacità delle imprese di far fronte agli impegni contrattuali e alle garanzie di adempimento.

Nel mercato privato, invece, come prima accennato, non esiste ad oggi alcun sistema di qualificazione. Abbiamo ultimamente lavorato in questa direzione con il Sindacato e con il Comune di Milano, siglando un accordo fortemente innovativo.

Tale accordo, sul fronte della qualificazione nei lavori privati, rappresenta un passo avanti considerevole, reso possibile dal Testo Unico sulla sicurezza e dalla volontà delle parti firmatarie di intervenire per colmare una lacuna legislativa. Stiamo ora approntando con la Cassa Edile di Milano un sistema di accreditamento delle imprese al fine di mettere a disposizione di tutti uno strumento di trasparenza e di conoscenza.

Nella speranza che l’Italia non debba più subire una tragedia di simili dimensioni, come sistema rappresentativo dell’industria delle costruzioni, che lo Stato intervenga in modo più concreto in ambito legislativo rendendo finalmente operativo il D.M 14 gennaio 2008 che ha introdotto le Nuove Norme Tecniche per le Costruzioni. Uno strumento che ha fornito agli operatori del settore indicazioni, elementi informativi ed integrazioni per una più agevole e univoca applicazione delle norme tecniche per le costruzioni in quelle aree soggette a rischio naturale, in particolare quello sismico. Ma è altrettanto necessario che vengano svolti maggiori controlli in fase di esecuzione e collaudo degli edifici e che vengano attribuite le responsabilità in maniera non equivoca.

Claudio De Albertis



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