18 dicembre 2012

PRIMARIE LOMBARDE: DA TRAPATTONI A DENG XIAOPING


Al primo turno delle primarie nazionali in Lombardia avevano partecipato in 440.000. Alle primarie regionali hanno partecipato in 149.000. Il calo è drastico. Il trend negativo è comune tutte le città e provincie ma con numeri diversi: a Milano provincia il calo è stato inferiore al 5% a Mantova del 50%. I motivi possono essere ovvi: minor interesse per le regionali (ricordiamo che anche alle elezioni quelle vere vota il 64% alle regionali e l’84% alle politiche), neve, gelo, ma anche una campagna elettorale volutamente ridotta ai minimi termini e una presunta scarsa contendibilità.

Nulla di grave anche se i proclami di partenza erano stati diversi. “La qualità, l’esperienza e la competenza dei singoli componenti del Patto, che ringrazio per la disponibilità dimostrata, e i tempi rapidissimi con cui il Comitato è stato istituito, dimostrano la volontà di dare vita, il 15 dicembre prossimo, a una nuova forma di partecipazione popolare che, sono certo, sarà una grande espressione di democrazia.” e il ruolo dei comitati nelle intenzioni di Ambrosoli non si limitava all’oggi: “Spero che il Comitato possa svolgere anche dopo le primarie questo ruolo di garante alla partecipazione e al coinvolgimento della società civile che sarà una dei punti fondamentali del mio impegno“.

Speriamo che correggano qualcosa perchè se la qualità del comitatismo si deve misurare con la capacità di mobilitazione sarebbe meglio se non si occupassero delle prossime elezioni. Diciamoci la verità senza la macchinetta PD/CGIL/SEL la più parte dei seggi non sarebbe stata aperta; ma non è un grosso problema, l’election day favorirà la partecipazione. Quanto alla sottintesa polemica contro i partiti gli anni mi hanno insegnato che chi vuole superare i partiti in genere ne fonda uno o presenta una lista che è poi, oggi, l’attività principale dei partiti.

Nel dettaglio Ambrosoli appoggiato da Bersani, Renzi, Pisapia, prende la maggioranza assoluta che era sfuggita sia a Pisapia che a Bersani, anche se le comparazioni hanno un senso relativo stante l’abissale differenza di partecipazione. L’avvocato stravince nelle provincie, che evidentemente non subiscono il fascino radicale degli altri contendenti e si spoglia di quel “milanesismo” che aveva nelle ultime due tornate penalizzato il centro sinistra. Il fatto che a Brescia prenda 17 punti percentuali più che a Milano e a Mantova 24 è un buon segnale.

I risultati di Di Stefano e della Kustermann evidenziano: 1) che una parte degli elettori, in particolare a Milano, avrebbe preferito una scelta più radicale; 2) che vi è nei confronti di Ambrosoli una diffidenza di settori importanti dell’elettorato Pd; 3) che l’avvallo di Pisapia per Ambrosoli è stato determinante; 4) che il peso della struttura Pd è inversamente proporzionale alla sua vicinanza alla città; 5) che più la platea dei partecipanti è ristretta più le sinistre interne al centrosinistra si avvantaggiano.

Ma mentre il risultato di Di Stefano poteva essere previsto perchè rappresenta un’area di sinistra che in Lombardia ha un suo peso significativo, i marchi RadioPopolare Banca Etica sono una garanzia, il risultato della Kustermann è invece stupefacente. Considerata fino alla discesa in campo uno di quei personaggi della Milano bene già comunista che fanno tanta scena ma non hanno il voto neanche dei familiari, senza nessun appoggio organizzato prende percentualmente più voti di Vendola, Puppato e Tabacci messi insieme, con le performance migliori non a Milano ma Lodi, Sondrio, Varese.

Come nel caso di Renzi si evidenzia una scarsa corrispondenza tra gruppi dirigenti dei partiti ed elettorato. Sicuramente nel suo caso il patto civico ha funzionato. Se le primarie dei parlamentari non si terranno sotto il vischio con lo spumante in mano ne vedremo delle belle, del resto mi pare di capire che gli aspiranti candidati siano legioni.

Le primarie regionali confermano un rimescolamento generale degli schieramenti e delle appartenenze identitarie. Rimescolamento che spiega perchè Pisapia, fino a poco tempo fa presentato come l’alfiere della sinistra, abbia proposto Ambrosoli, mentre Boeri, il suo competitor alle primarie comunali in origine il candidato del “Partito”, abbia indicato Di Stefano o perchè vi siano svariati e concorrenti aspiranti mallevadori di liste civiche o perchè bersaniani e renziani ferocemente divisi 15 giorni prima si sono trovati uniti dietro Ambrosoli. La o le liste civiche, che competeranno con le liste montiane alle politiche, saranno un banco di prova della capacità di leadership di Ambrosoli. L’abbinata Pisapia Ambrosoli potrebbe stravolgere definitivamente il quadro politico lombardo, ma vale la pena ricordare un’ovvietà: i voti non si pesano si contano.

La vittoria di Ambrosoli è netta; gli toglie quell’aurea di candidato salottiero scelto da una parte e non la più amata degli ottimati milanesi, gli consente di definire il suo profilo programmatico, cancella ogni dubbio sulla sua legittimità a guidare la coalizione, gli consente di smettere di farsi tirare la giacchetta da tanti interessati suggeritori, gli consente di trattare autonomamente le alleanze e gli assessorati; insomma non è più né l’orfano né quello del miele.

Ambrosoli con onestà si è proposto per quello che è: un liberale di sinistra (volendo azzardare un po’ azionista), posizione che nella nostra regione ha sempre avuto una discreta tradizione da Benedetto Cairoli e Agostino de Pretis in poi, come confermano le dichiarazioni a suo sostegno di vecchi centristi come Properzj, La Malfa, Mazzotta, Brenelli, gente che è di sinistra come io sono un centometrista olimpionico. Il loro sostegno e quello della componente un tempo socialista, oggi arancione, aggiorna un vecchio disegno riassumibile in “tutti assieme da Trotsky a Pacciardi per strappare l’egemonia al Pci” che diventa oggi “tutti assieme per strappare l’egemonia al Pd” (che peraltro manco si accorge di averla). È evidente che una parte del popolo del centrosinistra oggi non lo ama ma quello che conta è che lo voti per questo l’impostazione della campagna elettorale sarà importante; peraltro i “tiepidi” non hanno alternative: sono elezioni a un turno, si vince anche per un solo voto di differenza.

L’indicazione di un candidato che rassicura l’elettorato moderato è strategica non solo per porre fine all’impero del Celeste ma anche per Bersani. Con il Porcellum non è rilevante la percentuale che si prende è rilevante prendere il premio di maggioranza. In Lombardia al Senato chi prende il premio di maggioranza elegge 30 senatori, quanti il vincente in Puglia e Campania messe insieme, il 10% del totale. Per non avere un Senato contro bisogna vincere in Lombardia.

Stiamo andando verso una campagna elettorale brevissima dove si voterà non per qualche cosa ma contro chi ha governato; Ambrosoli da sabato è favorito tuttavia come Trapattoni insegna è meglio “non dire gatto finchè non l’hai nel sacco” e se anche il quadro politico è confuso, meglio ripetersi come certi riformisti: “non è importante che il gatto sia bianco o nero l’importante è che prenda i topi.” (Deng Xiaoping).

 

Walter Marossi

 



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