12 dicembre 2012

COL PGT UN DIVERSO PROGETTO PER MILANO È POSSIBILE


È vero che da un certo momento storico in poi Milano è diventato il modello da seguire nella deregolamentazione del piano urbanistico con l’esteso impiego dei Piani Integrati di Recupero (PIR), Programmi di Recupero Urbano (PRU), Programmi di Riqualificazione Urbana e di Sviluppo Sostenibile del Territori (PRUSST), Programmi Integrati d’Intervento (PII), Accordi di Programma (AdP), ecc., approvati sul principio dell’inadeguatezza delle previsioni urbanistiche esistenti; della quantificazione artificiosa degli spazi da destinare a servizi pubblici; del valore giuridico del piano e conseguente rigidità nell’organizzazione razionale del suolo.

Questa pratica di sviluppo territoriale milanese ha fatto “scuola” ed è stata “locomotiva” di un nuovo metodo di trasformazione e gestione del territorio in tutta Italia, piuttosto che di esempio verso un autentico rinnovamento capace di sancire la prevalenza dell’interesse pubblico sull’interesse privato, prassi coniata come “rito ambrosiano” secondo la definizione di Pietro Bucalossi. (1)

È altrettanto vero che il nuovo e reale fabbisogno abitativo richiede una risposta di alloggi orientati verso l’affitto calmierato, l’edilizia agevolata e l’edilizia sociale, soprattutto di fronte alla perdurante crisi economica, dove i nuclei familiari (nella loro variegata composizione) non riescono più far fronte alla solvibilità dei crediti ottenuti.

Al riguardo, la città Milano nell’approvazione del proprio Piano di Governo del Territorio (Pgt), di recente pubblicazione, si è fatta carico innanzitutto di superare quel “rito” e procedere nell’affermazione di un nuovo modello milanese, che possa valere come esempio. In altri termini, la riforma di quell’errato modo di costruzione della città è stato intrapreso su un progetto di piano ereditato, che rappresentava per l’appunto l’affermazione e la totale conferma della validità del “rito ambrosiano”.

Ora il Pgt non solo prevede una forte rimodulazione dell’intera capacità edificatoria, portando le precedenti previsioni edificatorie da 8.6 mln di mq a 2.4 mln di mq di slp nel solo Documento di Piano, ma anche attraverso l’inserimento di un tetto massimo nella riconversione e riassetto della città esistente, prima non previsto e considerato infinito, soprattutto nei tessuti più esterni negli ambiti di riqualificazione urbana (ARU), dove non solo vi è una presenza diffusa di funzioni residenziali storicamente consolidate e stabili, ma di una dilatata preesistenza di funzioni in attesa di riconversione funzionale che ammontano a circa 7.5 mln di mq di slp.

Ma l’aspetto più innovativo, al di là della matematica numerica del piano, risiede nell’aver fissato obiettivi sociali a una struttura spaziale definita da aspetti come le qualità edilizie e urbanistiche, il tipo di godimento degli alloggi da destinare ai ceti sociali più deboli, il contesto ambientale generale. Sta, ancora, nell’aver inserito principi che non restino a galleggiare nell’aria, ma si traducano in tempi certi e tangibili, secondo un programma che metta in primo piano le necessità più urgenti come ad esempio il fabbisogno abitativo di alloggi sociali, individuando conseguentemente in modo equilibrato sia le risorse pubbliche che private in termini economici, progettuali, di ricerca.

L’innovazione e rinnovamento culturale nella progettazione della città sta nel costruire un tessuto urbano non ghettizzato, sia sul versante funzionale che su quello sociale, inteso dal punto di vista del reddito, delle fasce di età, della condizione professionale e culturale, mediante la fissazione al 50% di qualunque intervento di trasformazione edilizia la quota delle abitazioni economiche sociali, in netta controtendenza rispetto alle classiche politiche abitative incentrate sulla sola edilizia convenzionata ordinaria.

Intervenire sulla casa non significa solo costruire abitazioni, e farlo con l’idea di una società composita ed equilibrata, ma anche di rispondere alle richieste sociali collettive della società insediata al fine di “costruire” le basi di una città sostenibile.

 

Patricio Eduardo Enriquez

 

(1) Vezio De Lucia nella sua illustrazione sulla formazione del nuovo piano regolatore di Roma, rileva diverse analogie con le vicende urbanistiche milanesi definite “rito ambrosiano”, come le definì Pietro Bucalossi, indicando particolarmente come la più clamorosa di tale rito quella di CityLife sulle aree dell’ex Fiera.



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