28 novembre 2012

ELEZIONI: IL SENSO DELLE PRIMARIE


Oggi, conclusa la prima tappa delle primarie, e, a legge elettorale ancora invariata, il confronto tra i candidati del PD è riconducibile, com’era prevedibile, a una gara a due, mentre si accentua l’incertezza su quante saranno le forze organizzate che andranno alle prossime elezioni e su quali potranno essere le modalità formazione delle maggioranze di governo e di indicazione del premier. Tuttavia la simpatia per la prova di forza di Matteo Renzi e la pacatezza rassicurante di Pierluigi Bersani, di cui non si può che apprezzare la grande apertura al confronto, ci impongono di riflettere sulle condizioni del contesto che ci porteranno alle prossime elezioni. Elaborato il risultato delle elezioni della Sicilia e quello delle primarie, due sono le scadenze che abbiamo di fronte: le elezioni delle regioni Lombardia, Lazio e Molise e quelle nazionali. Su entrambe, più che il Movimento 5 Stelle, incombe il rischio di una riconferma dell’astensionismo già rilevato in occasione delle elezioni siciliane: un rischio che potrebbe interessare anche le attese di mobilitazione e di riscatto che i partiti assegnano al rito delle primarie.

Il fallimento della recente esperienza del bipolarismo di coalizione, e le tensioni mediatiche tra i contendenti delle primarie, sembrano ribadire una attenzione, che non è né di ora né solo del nostro paese, tutta focalizzata sulla ricerca di una personalità salvifica, un leader convincente e forte, cui delegare le scelte di governo per uscire da una crisi che, oggi, non permette né scorciatoie né scelte al di fuori delle regole europee e del rispetto di quelle per il lavoro e per l’ambiente.

Ma il leader che non sia l’espressione di una presenza organizzata sul territorio, riconosciuta da un partito, da una coalizione o da un movimento, rischia di essere un leader debole, vittima e ostaggio di forze con posizioni discordanti e di attese velleitarie. È significativo il testo della commedia greca, I cavalieri di Aristofane, che racconta la ricerca da parte dell’élite dei cavalieri di un candidato che ancorché non preparato e estraneo fino a quel momento alla vita politica, potrà avere, se opportunamente sostenuto, un sicuro successo.

L’alternativa è ricominciare dai movimenti, le antenne della società, e dal rinnovamento delle forme partito per selezionare le rappresentanze senza guerre tra generazioni e senza scontri e alterità tra posizioni che troppo spesso sono un modo, a cui le elite ricorrono, per rinviare ed eludere i problemi reali dei cittadini. L’alternativa è non farsi assorbire dalla ritualità del presenzialismo sulla scena mediatica, dalle parole d’ordine di una burocrazia del pensiero politico, interessato a far di conto sui voti e su quello che domani sarà il riposizionamento della propria carriera, più che a far chiarezza sul programma e a eliminare le ambiguità sulle priorità delle scelte. L’alternativa è ripartire dai temi sociali e del buon governo con posizioni che possono anche far perdere i voti di chi non vuole rinunciare a posizioni di privilegio, ma che hanno la forza della chiarezza, l’unica arma che può garantire il successo a una politica che voglia avere un futuro. Si dirà che il tempo è poco, che un’agenda di grande rigore è già tracciata e che, a tale agenda, le soluzioni di governo dovranno comunque adeguarsi.

Non è così se la scelta tra le due alternative che sembrano in gioco, quella di un bipolarismo di coalizione con l’indicazione del premier e quella di una maggioranza che si formerà a elezioni compiute, perdono rilevanza come quella che ci sia un premio di maggioranza più o meno alto e che ci sia ancora in gioco o non lo sia l’ipotesi di Monti premier. E se l’attenzione va rivolta più che alla scelta di un uomo solo al comando di un partito o di una coalizione di partiti, alla individuazione di una nuova generazione di persone che si occuperanno di politica con un programma esplicito per servire le istituzioni e per garantire un rinnovamento sociale ed economico senza ricorrere a facili formule di effetto e di promesse non realizzabili.

Questo è il senso delle primarie: arrivare alle elezioni con una forza di governo e di più persone per fare una politica per il bene comune e per affrontare le difficoltà del mondo contemporaneo con un programma di proposte in cui i sacrifici che si possono chiedere devono far intravvedere un futuro migliore, ragionevolmente prossimo.

Maria Cristina Treu

 

 

 

 



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