7 novembre 2012

LAVORO. PER I SINDACI DEL MILANESE


Flessibilità significa assicurare ai lavoratori posti di lavoro migliori, la ‘mobilità ascendente’, lo sviluppo ottimale dei talenti“, dice (2007) la Commissione europea. Chiama a Politiche attive per la flessibilità che muove e fa crescere il capitale umano, anticipa le crisi. Elsa Fornero ha promesso di metterle in campo. Andava fatto prima. Adesso flessibilità significa licenziabilità. Perchè non c’è un mercato del lavoro vero, dinamico. È bloccato. Così in azienda perdura un tot di cattive relazioni, non cresce la produttività e aumenta il precariato. I giovani (e non solo) vogliono mobilità, occasioni di cambiare e migliorare. Allora, accettano un periodo incerto, di rodaggio e apprendistato.

Servono Politiche attive per tutti, anche per i coraggiosi in crescita. Si tratta di fare due passi avanti, di cui il secondo (aprire il mercato del lavoro, renderlo anticipatore delle crisi, dare spazio all’impegno creativo) fa ferrovecchio dell’art. 18 e riduce il bisogno di risorse per l’aiuto nelle crisi d’impresa e relazionali (primo passo).

La flessibilità positiva fa parte del pensiero concentrato sulla produzione che innova e compete con relazioni di fiducia, e sul lavoro come passione adulta, responsabile. Quella negativa (licenziare e ricollocare) fa parte di un pensiero non competitivo, marginale, fermo alla finanza e ai bilanci (ridurre i costi). Legge il lavoro come merce povera.

Due passi. E l’Italia non ha fatto ancora il primo. Spendiamo 1/15 della Germania (1/10 della Francia) per sostenere e ricollocare i disoccupati. E dal 2008 siamo in decremento del 18,8%, mentre Germania e Francia sono in incremento del 15 e 21% (Il Sole 24 Ore).

Il problema ci spiazza e interroga tutti. Serve un lavoro esecutivo, tutelato stretto e nel chiuso, o che cresca, si emancipi e trovi libertà / sicurezze nel territorio? Si tratta di fotografare diritti, capacità e meriti o dare spazio a potenzialità? E il concorrere trasparente e solidale (partecipare attivamente) è ideale dei soli imprenditori o interessa tutti, a partire dai professionisti, autonomi e dipendenti (e loro associazioni)?

“Il vero problema di oggi non è premiare i meritevoli, ma portare il maggior numero di persone in condizione di realizzare il massimo delle loro potenzialità.” come dice Salvatore Natoli, (Il Sole 24 ore, 18.02.10)

Ora, come mettere in campo le Politiche attive per il lavoro (in due passi)? Servono regole nazionali (oltre quelle per la fabbrica fordista) e iniziative locali. Qui va orientata la concertazione. A Milano le sei Afol (Agenzia Formazione, Orientamento e Lavoro) sono una realtà ben pensata. Uniscono i Centri per l’impiego alla formazione professionale, con responsabilità in capo ai Sindaci. Forse è bene creare un’unica, forte Agenzia metropolitana.

Queste politiche sono l’interfaccia tra società ed economia per la crescita di qualità. Per l’economia sociale di mercato. Oggi che vecchie imprese muoiono e nuove nascono, Pisapia e gli altri Sindaci prendano l’iniziativa per:

1. Una Istituzione a controllo pubblico di fiducia e partecipata da lavoratori, professionisti e imprese. Il dialogo e l’incontro tra domanda e offerta di lavoro risolve gran parte dei problemi, e tutti possono scegliere tra opzioni. Oggi, solo l’azienda sceglie. Male, al buio. I giovani cosa scelgono? L’orientamento e la formazione mirata possono fare molto. Come la conciliazione. E noi abbiamo una disoccupazione al 6%. Come la Germania. Ha detto Daniela Gasparini, Sindaco di Cinisello: il lavoro è priorità assoluta; operiamo per attrarre investimenti qualificati. Per esempio.

2. Unire in questa Istituzione le risorse pubbliche e aprire al privato. La frammentazione qui va ripensata. Si possono realizzare economie con servizi consorziati tra i Comuni. Le competenze pubbliche ci sono. Il loro futuro è fare rete. E le risorse del Fondo sociale europeo sono disponibili.

Proposta: facciamo un test nel Nord Milano. Secondo l’Ocse, quest’area è leader in Europa per competenze e conoscenze diffuse. Ne verranno belle indicazioni. Merita l’investimento da parte di tutti.

“Aggressività, sorpresa, una qualche forma di invadenza e di provocazione, competizione, concorrenza, rischio, sono parte non solo della vita ma anche della vita virtuosa, cioè forte, robusta, di quella che si cimenta, si mette in questione, rischia, accetta le sfide e così genera valori.” (1)

 

Francesco Bizzotto*

 

*ex presidente di Afol Nord Milano

 

(1) Carlo M. Martini, Violenza e parola di Dio. Cattedra dei non credenti. Milano, 28.11.96



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