16 ottobre 2012

COSA SERVE ALLA FAMIGLIA DEL TERZ0 MILLENNIO


Dall’800 al ‘900 ci sono stati due passaggi epocali per quanto riguarda la famiglia: il primo è stato il passaggio dal modello patriarcale legato al mondo agricolo, alla famiglia mononucleare urbanizzata trasferitasi dal lavoro agricolo al lavoro industriale in fabbrica. Il secondo, dalla vecchia economia povera, legata allo scambio dei prodotti agricoli, all’economia di mercato con il movimento della moneta.

La famiglia resse alla crisi della vecchia società patriarcale e affrontò la nuova situazione autorganizzando le leghe operarie e i sindacati nel mondo del lavoro, le cooperative di consumo per controllare il mercato dei consumi alimentari, le casse di risparmio per gestire e proteggere il proprio denaro, le mutue e le università popolari per una maggiore emancipazione e democrazia. “Arriviamo così – sintetizza Aldo Bonomi sociologo fondatore dell’Istituto di Ricerca A.A.S.T.E.R. – alla classica famiglia italiana del secondo dopoguerra incentrata nel maschio adulto capofamiglia con moglie e figli. Infatti l’architrave del Welfare è basato su quella figura garantita da lavoro, pensione, mutua, ecc. … . A favore di questa famiglia lo Stato interviene come elemento di mediazione nei conflitti tra lavoro e capitale, ridistribuendo le risorse tramite il Welfare.”

Oggi quel modello tradizionale che vedeva il padre l’unico sostegno della famiglia, con il proprio lavoro e la madre attenta ad accudirla gratuitamente, è stato superato per l’intervento di nuovi fattori socio/economici quali: notevole aumento dell’occupazione femminile, eccessiva presenza di forme di precarietà e nuove tensioni nel mondo del lavoro, notevole invecchiamento della popolazione con aumento della domanda di cura, forte denatalità, aggravio della crisi economica che rende sempre più difficile le scelte di vita, reale depotenziamento dello Stato Sociale. Il cambiamento del ruolo femminile nella società e il suo inserimento nel mondo del lavoro crea problemi di natura relazionale e gestionale all’interno della famiglia, da qui la necessità di trovare nuovi equilibri.

Un processo non indolore che deve essere accompagnato da una serie di interventi di sostegno a livello nazionale, regionale e comunale atti a facilitare il nuovo passaggio epocale verso nuovi modelli capaci di non dimenticare la caratteristica distintiva della famiglia che è un patto esistenziale di relazioni in grado di legare tra loro le generazioni. Se la famiglia non sarà abbandonata e lasciata nell’isolamento, riuscirà sicuramente come nel passato a rinnovarsi adattandosi al meglio all’attuale contesto sociale continuando in questo modo a umanizzarlo.

È necessario innanzitutto sostituire l’attuale Welfare, ancora incentrato sulla figura del maschio capofamiglia, con un sistema che prenda in considerazione, in responsabile cura, l’insieme dei componenti della famiglia lungo l’arco della vita (bambini, giovani, anziani, non autosufficienti, disabili, ecc.) superando gli attuali interventi assistenziali. Ben vengano pertanto: una seria riforma dell’ISEE nazionale rivedendone i parametri, la verifica della proposta del “Fattore Famiglia Lombardo” già in fase di sperimentazione in quindici Comuni Lombardi, una revisione delle tariffe per accedere ai servizi sociali comunali che tengano conto della situazione familiare nella sua globalità e al relativo reddito.

Occorrerebbe inoltre agevolare e promuovere tutte le iniziative legate alla cooperazione, al No-Profit, al volontariato, ai gruppi autogestiti, ai GAS (Gruppi di Acquisto Solidale), alle Banche del tempo, ecc. e a ogni iniziativa capace di creare relazioni di autoaiuto. Un esempio illuminante è la realizzazione da parte del precedente Arcivescovo di Milano, Cardinal Tettamanzi, del Fondo Famiglia e Lavoro che, in collaborazione con la Caritas Diocesana, sostiene quanti vi si rivolgono senza alcuna discriminazione (religiosa, di provenienza e di stato civile).

Come ultima considerazione assistiamo in Italia al paradosso che a fronte di una forte esaltazione della famiglia (spesso strumentalizzata se non ideologizzata dai diversi schieramenti politici) le politiche sociali sono tra le più deboli rispetto a tutti i Paesi Europei.

 

Giovanni Agnesi

 



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti