18 luglio 2012

EXPO E OPERE PUBBLICHE: MALATI INCURABILI?


Ci risiamo: stupore generale per lo sconto (42,3%) offerto da una consorzio di imprese di costruzione per la realizzazione del’appalto per la realizzazione della cosiddetta “piastra”, l’insieme delle opere di urbanizzazione sulle quali “appoggiare” tutta l’Expo. Con questo mandiamo in soffitta tutta la polemica sul sistema di gara al massimo ribasso che aveva fatto strillare allo scandalo per lo sconto altrettanto vistoso del precedente appalto: quest’ultimo esperimento di gara è stato fatto secondo il sistema previsto dal nostro ordinamento, quello dell’offerta più vantaggiosa, un sistema che comprende una serie di valutazioni sulle caratteristiche di quanto offerto e che era stato invocato per contenere ribassi eccessivi che spesso hanno come conseguenza l’abbandono dei lavori, la loro pessima qualità, le continue richieste dell’impresa.

Qualunque tipo di gara si faccia il risultato cambia di poco. Chiunque abbia un conoscente nel settore non può che sentirsi confermare quello che dico. Lo dice in maniera implicita anche il presidente dei costruttori milanesi, Claudio de Albertis, su Repubblica: “ In generale in caso di ribassi consistenti, l’importante è che il pubblico sia in grado di controllare che siano rispettati i tempi e non siano introdotte varianti che fanno lievitare il prezzo. E non sempre il pubblico riesce a farlo”. In queste poche parole è contenuto tutto il problema dell’edilizia pubblica e, in questi tempi, persino il problema delle infiltrazioni malavitose.

Per la prima volta si parla di dare pubblica visibilità a quello che succede “dopo” la firma del contratto. Quando il pubblico, ovviamente nell’accezione più vasta del termine – l’opinione pubblica – verrà a conoscenza sempre, e non solo nei casi più scandalosi, che i ritardi sono la norma, che comportano aggravi di spesa, che le varianti consentono all’appaltatore di ricuperare lo sconto fatto, che spesso il committente per non interrompere i lavori accetta dalle imprese richieste anche immotivate o motivate da difetti di progettazione, quando l’opinione pubblica avrà finalmente voce, chiederà che tutta la legislazione e le norme in materia di edilizia pubblica siano rivisitate facendo tabula rasa di un intrico normativo fatto solo per nutrire avvocati e tecnici esperti in “riserve”, arbitri, consulenti e ogni sorta di azzeccagarbugli.

Se Expo 2015, nella sua vita stenta, tra chi si dimette, chi non decide, chi allunga le mani sul piatto, chi si fa bello o bello si è fatto colle penne del pavone, ma alla fine costringesse il nostro malandato Paese a ripensare al comparto delle costruzioni, alle sue leggi e al suo malcostume, anche questo sarebbe un risultato. Non posso passare all’altro malato, l’Expo, senza citare una frase del Celeste governatore a proposito di questi sconti folli: “Un atto di fiducia delle imprese italiane che credono nell’Expo”. Io lo leggo così: “la disperata speranza di raddrizzar le gambe al cane”.

Veniamo all’altro malato: l’Expo. D’ora in avanti su questo giornale potrete trovare il nostro contatore, quello che dice quanto tempo abbiamo tra ora e il giorno dell’inaugurazione, ma anche un altro contatore che vi dirà quanto tempo è trascorso dall’avvio dell’operazione Expo. Mano a mano che il tempo passa succedono due cose: si ha meno tempo per fare le cose che “bisogna” fare e contemporaneamente si allunga l’elenco delle occasioni perse, come i concorsi di progettazione, come la riqualificazione delle imprese locali, come lo scavare nella miniera delle intelligenze e delle competenze delle quali sono ricche Milano, la Lombardia, il Paese. Di questo, limitatamente a Expo, parleremo nei prossimi numeri. Ma non è un problema che riguarda solo Expo ma tutta Italia. Ma di queste ricchezze quando faremo la “Spending review”?

Luca Beltrami Gadola



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