5 giugno 2012

PGT: ABITARE SOCIALE A MILANO


La svolta – Il 22 maggio 2012, l’amministrazione Pisapia ha segnato una svolta nella politica urbanistica della città con l’approvazione del PGT rivisto sulla base delle oltre 5.000 osservazioni pervenute. Non solo, il piano è stato l’esito di un processo di confronto intenso nella città (106 incontri in sei mesi) con le forze sociali e politiche e con i cittadini delle 9 zone, prima del dibattito consiliare.

La nuova fase che riconosce la città come “bene comune” ha scelto di dare priorità ad alcune questioni strategiche, tra le quali l’abitare sociale, un problema che soffre di un deficit di attenzione politica da almeno trent’anni. La passata stagione della negoziazione urbanistica non ha saputo formulare una risposta soddisfacente, nonostante si collocasse in una fase di boom edilizio e di altissima valorizzazione della rendita privata; la vicenda delle “otto aree” comunali messe a bando ha ottenuto risultati positivi ma quantitativamente modesti. Il PGT Moratti adottato prometteva molta edilizia per realizzarne però poca di carattere sociale, perché trattava il tema in modo strumentale e retorico, lasciando di fatto massima libertà di scelta al solo operatore privato.

Regole e politiche per l’abitare sociale – Il PGT rivisto e approvato articola un insieme di scelte sinergiche volte alla valorizzazione del patrimonio edificato esistente; all’uso di tutte le risorse non ancora utilizzate; al completamento di tutte le iniziative in corso; alla realizzazione di una nuova offerta residenziale sociale. Regole e politiche che si sviluppano, attraverso la decisiva regia pubblica, in sussidiarietà con l’azione degli attori privati e dei soggetti competenti. Questo per garantire fattibilità alle scelte e per superare le note difficoltà di carenza di risorse pubbliche (nazionali, regionali e comunali) e di indisponibilità effettiva di aree pubbliche edificabili, perché quelle oggi esistenti sono residuali o localizzate in ambiti improponibili sotto il profilo sociale e ambientale.

Il principio generale consiste nella contestuale realizzazione di funzioni private e di residenza sociale, in una prospettiva che vede tutte le trasformazioni insediative partecipare alla costruzione di una città solidale. Questo obiettivo viene reso possibile attraverso un’iniezione sostenuta di edilizia residenziale sociale (ERS), in tutti gli interventi significativi di trasformazione privata. La quota richiesta (0,35 mq/mq) è articolata in tre tipologie, per rispondere alla gamma diversificata di istanze sociali: a) 0,05 mq/mq per affitto sociale; b) 0,10 mq/mq per affitto convenzionato, concordato e moderato, residenza universitaria e co-housing sociale; c) 0,20 mq/mq per vendita convenzionata agevolata, affitto con patto di futura vendita e co-housing.

Da un punto di vista quantitativo, il PGT riformato prevede di destinare circa la metà dell’edificabilità totale per abitazioni sociali, non solo in tutte le grandi trasformazioni della città (ATU) ma anche nelle trasformazioni del tessuto urbano esistente (TUC) alle seguenti condizioni: la previsione è obbligatoria per le aree di intervento di media dimensione (superiori a 10.000 mq) e facoltativa per quelle di dimensione inferiore, dove comunque, nel caso di lotti superiori a 5.000 mq, il piano richiede il concorso obbligatorio alla realizzazione di obiettivi di interesse generale, in alternativa tra l’edilizia sociale e/o l’acquisizione perequativa di aree destinate a servizio pubblico e/o l’utilizzo dei diritti edificatori premiali trasferiti per interventi finalizzati all’efficienza energetica del patrimonio edilizio esistente.

Infine, per le trasformazioni in senso residenziale degli immobili terziari superiori a 5.000 mq di slp, una quota non inferiore al 35% della slp recuperata dovrà essere destinata ad alloggi sociali.

Nei prossimi anni sono previsti oltre 24.000 alloggi sociali, di cui quasi 4.000 a canone sociale. Sul totale, almeno 7.500 alloggi sono realizzabili subito su aree già di proprietà pubblica (del Comune o della Provincia) e in seguito ad interventi in corso. Pertanto, il 30% dell’offerta di edilizia residenziale sociale sarà disponibile in tempi brevi.

Per quanto concerne il reperimento di aree da destinare alla residenza sociale pubblica, queste potranno derivare dai grandi ambiti di trasformazione e dalle trasformazioni del tessuto edificato esistente che sono chiamati a contribuire con una cessione di suoli (minimo il 30% della superficie di intervento), affinché il Comune possa disporre concretamente di un patrimonio pubblico.

All’interno di questa strategia generale, la manovra presenta alcune alternative, che la rendono flessibile e maggiormente attuabile. Infatti, in luogo della cessione delle aree, l’operatore può realizzare direttamente, all’interno della propria superficie fondiaria, tutta la quota di residenza sociale (eccetto la residenza pubblica a canone sociale), a garanzia di un effettivo mix abitativo e di una maggiore sostenibilità economica dell’operazione. La parte di residenza a canone sociale non realizzata dal privato (0,05 mq/mq) potrà essere commutata solo in edilizia residenziale convenzionata agevolata; in tal caso l’operatore dovrà obbligatoriamente corrispondere all’Amministrazione comunale, in forma di monetizzazione, una quota proporzionale al ricavo determinato con questa trasformazione. Tale monetizzazione confluirà in un apposito Fondo di scopo, direttamente utilizzabile da parte dell’ente pubblico per la costruzione degli alloggi pubblici.

In una logica riformista e incrementale, e nel solco delle migliori tradizioni europee, l’Amministrazione comunale costituisce pertanto un vero demanio comunale di aree (provenienti dalle cessioni di tutte le trasformazioni) e acquisisce fondi (dai contributi privati conseguenti alla facoltà di commutare interventi con risorse) che potranno creare le condizioni urbanistiche per rispondere alla domanda finora del tutto inevasa di abitazioni sociali, sulla base di un programma pubblico strategico per l’intera città.

La costruzione della politica della casa – È chiaro che una politica efficace per la casa non può essere affrontata esclusivamente con gli strumenti e le modalità dell’agire urbanistico, ma richiede un contributo sinergico e sostanziale alle politiche di settore, quelle sociali, quelle per la casa e per la qualità della vita, attraverso un’azione comune e integrata che coinvolga tutti gli assessorati interessati. Con questo fine gli assessorati alla Casa, all’Urbanistica e ai Servizi Sociali stanno lavorando alla costituzione di un’Agenzia per la Casa che incroci la domanda e l’offerta di appartamenti privati in locazione, con un ruolo di garante da parte del Comune sulla solvenza degli inquilini e la proposta di un canone congruo dei proprietari. L’Amministrazione si è inoltre impegnata a introdurre nel Bilancio una specifica voce dedicata alla realizzazione di nuovi alloggi a canone sociale nonché al sostegno degli interventi di recupero, ristrutturazione e potenziamento del patrimonio edilizio esistente.

 

Giovanni Dapri e Laura Pogliani

 



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