5 giugno 2012

Scrivono vari 06.05.2012


Scrive Pierluigi Roccatagliata a Pietro Cafiero – Mi trovo in generale d’accordo con quanto scrive Pietro Cafiero nel suo “commento a caldo” apparso su ArcipelagoMilano a proposito di come è uscito il PGT di Milano dalla cura praticatagli dalla nuova Amministrazione con le controdeduzioni alle osservazioni. Personalmente, che il PGT portato a un solo passo dalla pubblicazione dalla precedente Amministrazione non potesse dare origine a un “nuovo piano” attraverso la cura delle “osservazioni” l’avevo sempre pensato e detto nelle poche occasioni avute di discuterne pubblicamente.

Adesso si comincia, da più parti a dire che l’esito dell’intervento è deludente, che si limita a una “stretta normativa” che ha l’effetto di rendere la gestione del piano più macchinosa e di ancor più difficile interpretazione e applicazione, che si risolve in una riduzione di indici più con effetti di immagine che non di risultato, ma che, insomma, l’impostazione liberistica e lasciata al predominio dalle logiche del mercato immobiliare rimane la stessa di prima. Complimenti a chi se ne accorge solo adesso.

Vorrei però aggiungere un paio di considerazioni allo scritto di Cafiero. Prima di tutto, siamo sicuri che si sia veramente ricercata una semplificazione delle normative? Visti gli esiti, direi proprio di no. D’altra parte, il potere delle burocrazie si è da sempre fondato sulla complicazione delle norme e delle regole, mai sulla semplificazione. Il caso del PGT di Milano non sfugge a questo assioma e si rafforza proprio sul piano dell’incertezza del diritto, cui la legge 12 aveva in precedenza spalancato le porte (…il Documento di Piano che non “esercita effetti conformativi” sull’uso del suolo, il rinvio degli stessi effetti agli strumenti attuativi da “negoziare” ecc.).

La seconda considerazione riguarda l’ormai solito lamento sulla mancata “dimensione metropolitana” del PGT, quando sappiamo tutti che il PGT non può avere effetti che sul territorio di ogni singolo comune. In ogni caso, ho avuto modo di esaminare non pochi Documenti di Piano di comuni di prima e seconda fascia dell’hinterland milanese: tutti premono sull’acceleratore dello “sviluppo” e tutti mettono in mostra le possibilità di insediare “nuove funzioni di rango metropolitano” oltre a strabordanti offerte di aree per nuova residenza. In alcuni casi si fa riferimento esplicito a “più economiche condizioni insediative” rispetto a quanto offerto dal capoluogo e si accenna a una più o meno aperta concorrenza, alternativa a Milano (… più verde, migliori servizi di base, aria sopraffina …).

Il conseguente sovraccarico e lo squilibrio territoriali, con i noti fenomeni di spasmodico pendolarismo e congestione delle vie di trasporto non ha nulla a che vedere con queste politiche di diffusione del fenomeno urbano? E, in particolare, è proprio solo Milano che”trascura” gli effetti del proprio PGT sull’assetto metropolitano? O non ci sono responsabilità politico-tecniche più estese e diffuse, che consentono a una platea più vasta di trarre vantaggio dall’assenza di atti di programmazione più efficaci?

Sugli aspetti più tecnici e di dettaglio del nuovo PGT avrei molto altro da dire, ma … aspettiamo che si riesca a pubblicarlo.

 

Scrive Giuseppe Vasta ad ArcipelagoMilano – Già avevo trovato abbastanza fastidioso che un incontro di presentazione del PGT masseroliano agli architetti fosse stato intitolato “Lezioni di piano”: sì, come se dei professionisti esperti avessero bisogno di essere ammaestrati sugli arcani misteri elaborati in qualche imperscrutabile stanza del potere. Ma l’idea poi del “bigino” la trovo davvero scandalosa! Se il nuovo PGT è poco comprensibile (e lo è davvero: suggerisco in particolare di leggere con attenzione le norme finali, quelle che di solito non legge nessuno) ci sarebbe stato una soluzione più semplice: scriverlo in modo chiaro. E magari farlo circolare un po’, prima della sua approvazione. Troppo difficile?

 

Scrive Maria Grazia Campari a Luca Beltrami Gadola – Le considerazioni di LBG sulla procedura di appalto per l’Expo paiono sensate, quindi denotano una situazione preoccupante. L’amministrazione milanese appare come la solita nave senza nocchiero in gran tempesta. Non si potrebbe ricorrere a tre garanti indipendenti, tecnicamente dotati di conoscenze adeguate anche di diritto europeo, collegati con la Commissione nazionale antimafia per seguire la fase deliberativa? Considerate anche le molte inchieste sulla cosa pubblica in Lombardia, mi sembrerebbe augurabile.

 

 



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