29 maggio 2012

POTERE E POLITICA, ILCASO LOMBARDO: I CATTOLICI


Le recenti vicende politiche lombarde hanno portato sempre più spesso a usare la definizione “sistema di potere” per descrivere le modalità con cui Roberto Formigoni gestisce ormai da diciassette anni il governo della Lombardia. Selezione progressiva della classe dirigente, spoil system, nocciolo duro di fedelissimi che paiono avere più di altri accesso ai posti che contano e che sono in grado di influenzare l’economia e le dinamiche sociali lombarde possono in effetti apparire come indicatori di scelte politiche che hanno a che fare con una modalità di gestione della pubblica amministrazione che garantisce il funzionamento dell’apparato affidandolo a uno scelto nucleo di fedelissimi. Al necessario rispetto delle regole da parte di chi amministra si aggiunge, allora, la fedeltà al gruppo di appartenenza e alle idee del leader, elementi che garantiscono dedizione assoluta e assenza di troppe discussioni.

Il potere è una declinazione particolare dell’autorità ed è una delle forme fondamentali, ma non l’unica, di regolazione dei rapporti sociali che prevedono l’affidamento ad altri della sfera dell’autorità. Giova allora ricordare che, nelle società moderne, ciò che fonda il potere è il consenso che garantisce che il potere sia, come affermava Abramo Lincoln, “esercitato dal popolo, con il popolo, per il popolo”. Diventa così fondamentale la riflessione riguardo gli obiettivi del potere e i destinatari reali dei provvedimenti che manifestano la sua gestione. Proprio su questo aspetto si concentrano molte delle critiche che piovono in queste settimane su Formigoni e, indirettamente, su Comunione e Liberazione.

Il potere legittimamente esercitato in nome di un mandato popolare deve avere come stella polare il bene dell’intera collettività, rifuggendo da qualsiasi tentazione di blandire o favorire gruppi o categorie particolari che si ritengano particolarmente affini alla propria visione sociale o ideologica. Detto altrimenti, non è possibile far coincidere il bene di tutti con la concezione identitaria di un piccolo gruppo, pur animato dalle migliori intenzioni. La bontà di un’azione politico amministrativa si misura dai suoi effetti positivi sull’intera collettività, anche in ordine ai possibili vantaggi legati ai diversi provvedimenti amministrativi.

Il peso e la forza del potere saranno tanto meno rilevanti quanto più la coscienza morale dei cittadini farà loro ritrovare alle radici della persona le ragioni ultime di comportamento che il potere riesce a garantire soltanto attraverso l’imperio della legge. Una legge che, se vista unicamente come ostacolo alla propria autoaffermazione, finirà per essere facilmente aggirata o considerata una scocciatura.

Si può uscire da questo abbraccio potenzialmente letale tra politica e potere?

Credo di sì, tentando di coniugare il binomio potere-servizio che per i cattolici affonda le sue radici nel dettato evangelico. Deve allora far riflettere quanto afferma Vito Mancuso nel suo ultimo libro, “Obbedienza e libertà” (ed. Fazi, 2012): “Fino a quando i cattolici italiani vorranno preservare la loro identità di cattolici senza pensarsi al servizio della società italiana, verranno meno al loro compito” (pg. 142). O ancora, come dice il Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa al n. 410, “autorità responsabile significa autorità esercitata mediante il ricorso alle virtù che favoriscono la pratica del potere con spirito di servizio; un’autorità esercitata da persone in grado di assumere autenticamente come finalità del proprio operare il bene comune e non il prestigio o l’acquisizione di vantaggi personali”. Parole ruvide che richiamano però all’essenza del servizio alla politica per il credente e, più in generale, per chiunque si ponga nell’ottica di essere titolare di un’autorità delegata da altri ed esercitata in nome del popolo, ovvero di tutti i cittadini.

L’antidoto alla mala gestione del potere (e per converso degli affari) mi pare possa essere una rinnovata partecipazione e un nuovo interesse per la politica e la gestione della cosa pubblica. Esattamente il contrario di quello a cui stiamo assistendo con i rigurgiti dell’antipolitica e la massiccia disaffezione al voto. E per chi gestisce il potere, e vuole farlo indisturbato e protetto dai suoi fedeli, questa finisce per essere una condizione ideale, al punto che talvolta viene il sospetto che la volontà riformatrice di partiti e istituzioni si fermi a livello di buone intenzioni e non approdi a nulla di concreto proprio in vista del mantenimento di questa situazione.

Per tornare al sistema di potere lombardo, la recente lettera del leader di Comunione e Liberazione don Carron pubblicata da “Repubblica” mi pare possa essere letta come un esplicito invito a rifuggire da qualsiasi tentazione di cortocircuito identitario tra potere e politica. Ma altri segnali ci dicono che la strada è ancora lunga e non certo in discesa. Il dibattito e la riflessione devono continuare.

 

Fabio Pizzul

 



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