22 maggio 2012

BALLOTTAGGIO: COMO CAPUT MUNDI


Commentare le elezioni in Lombardia diventa sempre più facile: 1) ballottaggi non modificano il quadro del primo turno; 2) il centrodestra perde ovunque e ovunque è diviso al primo turno non si riaggrega al secondo; 3) la lega perde ovunque; 4) il centro sinistra vince indipendentemente dalle caratteristiche della coalizione ma vince più nettamente dove è più connotato a sinistra 5) le liste civiche sono spesso determinanti; 6) il PD è il perno di ogni alleanza progressista ma se si traveste da moderato viene elettoralmente superato da liste più radicali; 7) l’assioma “le elezioni si vincono al centro” si dimostra una vera idiozia; 8.) l’astensionismo cresce.

Esemplare il caso di Como. La sinistra genericamente intesa ha avuto a Como la maggioranza (forse) nel ….1946 alla Costituente, quando lo Psiup prese il 35% dei voti, il Pci il 10%, e contando i voti dei Demoprogressisti di Labriola, degli Amici di Nitti e degli Azionisti si raggiungeva il 51%. Già nel ’48 la DC aveva la maggioranza assoluta e da allora mai la città si è spostata da un pacioso centrismo tenuamente attenuato dai socialisti che arrivarono anche a un eccellente 17% alle europee dell’89. A mo’ di esempio, pescando casualmente tra un voto e l’altro: alla Camera nel 1953 le sinistre potevano contare su circa il 39% dei voti, nel 1970 alle regionali Pci Psi Psu Psiup avevano il 38% dei voti, quando votava il 94% degli aventi diritto e potrei continuare senza grandi variazioni.

Tra le ragioni dell’egemonia centrista la presenza di una classe dirigente democristiana di alto livello, caratterizzata da capacità amministrativa, da saldi legami con il territorio e da leaders con dimensione regionale e nazionale, un nome per tutti: Guzzetti, una vera e propria autobiografia della nazione moderata. Con l’elezione diretta del sindaco nella seconda repubblica poco è cambiato; la maggioranza moderata si è riconosciuta in Forza Italia prima nel PdL poi e in generale nelle coalizioni berlusconiane. La Lega pur forte non raggiunge le punte di altre realtà pedemontane.

Nel passaggio dalla prima alla seconda repubblica tuttavia la qualità del personale politico a tutti i livelli è drammaticamente scaduta, fino allo spettacolo degno delle pochade di Mariano Laurenti (indimenticabile regista di “Il sergente Camillone, grande grosso e frescone”) messo in atto dall’ultima giunta, in particolare con le vicende del muro “occulta lago”.

Alle elezioni attuali si arriva con 16 candidati sindaco, 24 liste, oltre 700 candidati consiglieri per i 32 scranni di Palazzo Cernezzi sede del governo di una città di soli 84.000 abitanti. Mentre i cittadini votano sempre meno gli aspiranti consiglieri aumentano a dismisura, sarà la disoccupazione? I berlusconiani si dividono in due dopo primarie contestate, dispetti, denunce, inchieste della magistratura, tesseramenti taroccati; la Lega va da sola ma vede nascere anche una lista concorrente; l’UDC idem, ed è un fiorire di liste tra le quali non manca neppure quella di un ex calciatore (un grande ma non in politica) e del notaio della Como che conta.

Nel centrosinistra Mario Lucini (ex margherita, capogruppo Pd) è sostenuto dal Pd, Idv, Sel e liste civiche, mentre la Fds e i Verdi si presentano separati sotto la sigla «Sinistra per Como» e «Ecologisti e Reti civiche».

Gli elettori al primo turno sono stati 42000 il 60% degli aventi diritto. La coalizione di centro sinistra che sostiene il sindaco ottiene il 33,91% dei voti, mentre il candidato a sindaco il 35,54%, i verdi l’1,8% come la Sinistra per Como. Complessivamente la coalizione che a Milano viene chiamata arancione conta su poco meno del 40% dei voti. Il Movimento 5 stelle è al 4,49%. Nel 2007 il candidato unitario di centro sinistra aveva preso il 33% dei voti, con il 68% dei votanti.

Vi è quindi un incremento delle percentuali dell’area di centro sinistra o sinistra centro, significativo ma nel quadro di un calo netto della partecipazione. Le liste civiche che accompagnano il candidato ottengono circa il 40% dei voti a suo sostegno. Il fatto che il candidato del centro sinistra sia in sensibile vantaggio è già clamoroso ma legato anche allo specifico delle divisioni del centro destra, che tuttavia potrebbe ricomporsi al ballottaggio. Invece no, nessun ricompattamento del centrodestra, per la prima volta una coalizione progressista vince.

Una vittoria quella di Lucini epocale, ben più significativa di quella di Doria o Pisapia che partivano da dati iniziali ben più favorevoli, perché evidenzia in modo holliwodiano l’evaporazione non solo del centro destra berlusconiano ma in generale del blocco storico moderato lombardo sia quello di origine cattolica che liberale che leghista.

La lezione è molto semplice: se la sinistra vince a Como si può vincere ovunque.

 

Walter Marossi


 



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