22 maggio 2012

PD: “FOLLOW THE MONEY”


Il militante ha questo strano vissuto: fiumi di denaro a cascata nelle casse nazionali del partito, arsura e siccità in quelle dei circoli. I recenti scandali sulla gestione dei rimborsi elettorali e la proposta di legge per la riforma del finanziamento ai partiti sono argomenti persuasivi per andare ad ascoltare i tesorieri del Pd , all’Energolab l’altra sera a Milano.

Le proposte del Pd per la riforma di legge per il finanziamento ai partiti insistono sulla trasparenza. La riforma, sinteticamente, prevede di dimezzare l’ammontare delle risorse, una nuova modalità di assegnazione, su modello tedesco, con una proporzione alla percentuale di autofinanziamento di ciascun partito, maggiori controlli, certificazione del bilancio obbligatoria, un nuovo organo di controllo slegato dalla politica, soglia di 5.000 euro per le donazioni anonime, bilanci in internet, decurtazione fino all’azzeramento del finanziamento per chi sgarra.

Con le parole di Antonio Misiani, tesoriere nazionale Pd: “a oggi il finanziamento copre il 90% delle entrate nazionali, il 50% di quelle regionali e tra il 10 e il 20% di quelle provinciali: cambiare vuol dire mettere tutto in discussione. Significa tornare a chiedere soldi agli italiani, e questo presuppone una grande sfida di rinnovamento, perché ci devi mettere la faccia e devi avere proposte e persone credibili per farlo”.

Eppure il Pd può rivendicare la sua diversità: è l’unico partito che dal 2008 ha un bilancio certificato da Pricewaterhouse Coopers, pubblicato on line.
Ha adottato un modello federalista di ripartizione delle risorse: le entrate regionali, il tesseramento e il rimborso elettorale regionale, restano nei territori. Come ci ha raccontato Titta Magnoli, tesoriere regionale lombardo, “È la prima volta che arrivano sul territorio ma non dove si diceva si volesse arrivare, cioè sui circoli, in parte perché drenati a livello superiore per dei servizi collettivi”. Per avere una idea dei numeri non basta altro che leggersi i bilanci e le relazioni introduttive: molto istruttivi, entrambi, nazionale e regionale.

Per conoscere a fondo l’ultimo rivolo, quello provinciale, dobbiamo aspettare ancora qualche giorno, come ha assicurato Roberto Cornelli: il bilancio del Pd Area Metropolitana sarà on line a fine maggio, inclusa la white list degli eletti a tutti i livelli che contribuiscono al sostentamento del partito.

Ma per il Pd il nodo cruciale resta quello dell’eredità: nella nuova casa hanno trovato posto gli ideali comuni, il personale di Ds e Margherita, ma non i cespiti. Il patrimonio immobiliare dei Ds è stato allocato provincia per provincia in una serie di fondazioni per due ragioni: “da una parte una sorta di “retropensiero”, una mancanza di fiducia reciproca, una messa in sicurezza del patrimonio, dall’altra la volontà politica e la spinta dei nuovi gruppi dirigenti del Pd per una forte discontinuità con le gestioni dei partiti fondatori”.

Si partiva da una situazione patrimoniale squilibrata. La Margherita vantava pochi costi di struttura e molti rimborsi elettorali (evidenti a tutti dopo il caso Lusi, ma già pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale), debole localmente. I Ds forti patrimonialmente a livello locale, ma con un grande debito a livello nazionale, (debiti in grossa parte derivanti da l’Unità), ripianato in parte con i rimborsi elettorali e con le vendite del patrimonio immobiliare.

Concordo con Misiani: “il giudizio è articolato per concause articolate, ma oggi nel 2012 il tema va discusso, non regge più.” Sia Margherita che Ds vanno a chiudere, tenuti in vita anche per incassare i rimborsi delle tornate elettorali precedenti, sia a livello nazionale che regionale: si pone il problema di cosa fare delle fondazioni patrimoniali.

Il Pd ha scelto di non avere patrimonio, e di non avere debiti ma di fatto le fondazioni sono gestite da iscritti del Pd, una miscela quantomeno ambigua perché riguarda alcuni e non tutti.

Il militante di cui sopra vive sulla propria pelle il paradosso di dover pagare una casa che ha già comprato: chi, prima nel Pci – Pds – Ds poi Pd, si è autofinanziato per comprare la sezione, ora si trova a dover pagare l’affitto per la sede del suo circolo alla fondazione provinciale. E questi sono gli stessi circoli a cui chiederemo di essere il perno del nuovo sistema di finanziamento dei partiti?

Le fondazioni nascono con lo scopo statutario di “intraprendere iniziative volte a promuovere il pensiero, la cultura e l’azione politica della sinistra italiana ed europea, cui vengono conferiti i patrimoni”. In Lombardia sono a Bergamo la Gritti Minetti, a Como Fondazione Avvenire, a Cremona Cremona Democratica, a Milano la Fondazione Quercioli, a Lecco la Fondazione Ciceri – Losi, a Lodi la Fondazione Antonio Taranelli, a Varese Città Futura.

A Bergamo la Gritti Minetti pubblica le proprietà immobiliari e i locatari, il bilancio è online. Non così per tutte. Ecco ci piacerebbe saperne un po’ di più, giusto per sapere di cosa stiamo parlando e capire meglio come vengono impiegati i fondi.

Non vogliamo vivere l’imbarazzo di dover immaginare degli ex Ds sostenuti dalle fondazioni e degli ex Margherita sovvenzionati dai rimborsi elettorali. Imbarazzo che rimane insoluto visto che il tesoriere del Pd non può formalmente risponderne, perché nel vero senso della parola, non è di sua competenza.

Cosa facciamo?

 

Giulia Mattace Raso

 

 



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