20 marzo 2012

musica


 

MUSICA CONTEMPORANEA

Sul Corriere della Sera di qualche giorno fa, in un bel pezzo intitolato “Abbiamo perduto l’idea di bellezza: i barbari sono tra noi e spesso costruiscono edifici nei quali non abiterebbero” Gian Antonio Stella citava un più volte reiterato suggerimento di Salvatore Settis: «Guardatevi intorno e cercate con gli occhi, ovunque siate, gli edifici che hanno più di mezzo secolo: è difficile trovarne uno davvero brutto. Poi fate il contrario: cercate con gli occhi, ovunque siate, gli edifici che hanno meno di una cinquantina di anni: è difficile trovarne uno davvero bello».

Ebbene, credo che la stessa cosa si possa dire per la musica “colta”, sostituendo alla cinquantina d’anni dell’architettura gli ottanta – novanta della musica: ascoltate una musica scritta prima della prima guerra mondiale e una scritta dopo la seconda e – con le dovute ma rare eccezioni – farete le stesse identiche considerazioni (più incerto sarà il giudizio sulla musica scritta fra le due guerre). Dalla metà del secolo scorso a oggi, un periodo che abbraccia ormai un paio di generazioni, la musica contemporanea non ha raggiunto quasi mai il cuore degli ascoltatori, o almeno quello della loro stragrande maggioranza.

Bisognerebbe trarne delle conseguenze, esprimere qualche assennato giudizio sulla musica che è stata prodotta da allora – e che si produce tutt’ora – così come si è fatto e si fa per l’architettura. Invece no, è paradossale ma mentre la discussione intorno all’architettura verte sostanzialmente sugli architetti, i giudizi relativi alla musica d’oggi non vertono sugli autori ma esclusivamente sugli ascoltatori. I quali “non capiscono”, “non sono preparati”, sono praticamente ottusi. E la cosa paradossale è che gli stessi ascoltatori anziché dire “non mi piace, non è bella, non è interessante” dicono quasi sempre “non me ne intendo abbastanza, non sono adeguatamente preparato, non la capisco”, salvo applaudire comunque e con generosità per … non apparir da meno.

Ma perché – se mi perdonate l’approssimazione e se mi consentite di ignorare per un momento le ben note deformazioni indotte dal mercato – il valore di un romanzo è dato dal numero dei suoi lettori, quello dell’arte figurativa dal prezzo delle opere, quello degli spettacoli teatrali e cinematografici dal botteghino che li premia o li punisce, mentre – così come l’architettura è imposta al cittadino che dovrà sorbirsela tutta la vita – la musica contemporanea viene dispensata a tradimento, infilata tra autori amati e apprezzati, come una gabella da pagare a una presupposta cultura con la C maiuscola?

Scrivo queste righe sospinto dai pochi minuti in cui, prima di spegnere innervosito, mi sono imbattuto sul programma televisivo “Classica” – il canale 728 di Sky – in cui veniva intervistato il sessantacinquenne compositore palermitano Salvatore Sciarrino che “spiegava” come il pubblico non capisca le sue opere perché mentalmente pigro. Proprio così. D’altronde se andate su Wikipedia a leggere la biografia di Sciarrino troverete che “ciò che caratterizza la sua musica è la volontà di indurre il fruitore a un diverso modo di ascoltare e a una nuova presa di coscienza della realtà e di sé”.

Non credo di aver mai chiesto a nessuno di indurmi ad ascoltare la musica diversamente da come voglio e da come mi piace ascoltarla, né di aiutarmi a prendere coscienza della realtà (quale?) e di me stesso. Ho già il mio da fare quanto a conoscere me stesso e la realtà in cui vivo, e quando decido di recarmi a un concerto o di acquistare un CD non desidero essere istruito ma solo ascoltare buona musica, scritta da qualcuno che abbia qualcosa da dire, da un poeta che abbia il bisogno incontenibile di esprimersi, da un artista che sogni e mi faccia sognare. Che poi io sia ascoltatore più o meno preparato o consapevole, e che dunque possa e sappia apprezzare e godere più o meno ciò che ascolto, è solo affar mio e vorrei che nessuno se ne preoccupasse.

Non ignoriamo le difficoltà obiettive che le arti contemporanee incontrano sempre – o quasi sempre – a farsi comprendere e amare dal pubblico, ma forse una ragione non secondaria per cui la musica di oggi non ci piace è l’arroganza con la quale viene proposta da autori che si considerano insegnanti o menti superiori con il compito di acculturarci. I veri musicisti, quelli che – come diceva Hegel – scrivono musiche che “elevano l’anima al di sopra di se stessa” e non si perdono nei noiosi meandri tecnici del linguaggio, sanno comunicare perfettamente con noi, con naturalezza e semplicità, senza paranoie; soprattutto non ci fanno sentire inadeguati e non ci costringono a compiere inutili sforzi per cercare di capirli.

 

Musica per una settimana

*mercoledì 21 al Conservatorio (Società dei Concerti) la Württembergische Philharmonie Reutlingen diretta dallo svedese Ola Rudner esegue il Concerto per pianoforte e orchestra n. 4 in fa minore opera 82 di Franz Xaver Scharwenka (1850 – 1924) con il pianista Pasquale Iannone e la Sinfonia n. 7 in la maggiore opera 92 di Beethoven

*mercoledì 21 e giovedì 22 alla Scala l’orchestra Filarmonica, diretta da Semyon Bychkov, esegue la Verklärte Nacht opera 4 di Schönberg (versione per orchestra d’archi) e la Sinfonia n. 2 in re maggiore opera 73 di Brahms

*giovedì 22, venerdì 23 e domenica 25, all’Auditorium, l’Orchestra Verdi diretta da Zhang Xian in un programma che inizia con l’Ouverture del Rienzi di Wagner, al centro ha il Concerto n. 1 per pianoforte e orchestra di Beethoven (pianista Gianluca Cascioli) e si conclude con “Sieben Lieder aus letzer Zeit” (Sette canti dall’ultimo tempo) di Mahler

*giovedì 22 e sabato 24 al Teatro Dal Verme l’Orchestra dei Pomeriggi Musicali diretta da Stanislav Kochanowsky esegue le Serenate opere 22 e 44 di Dvorak e il Concerto n. 2 per violino e orchestra opera 63 di Prokof’ev (violinista Alexander Kagan)

*venerdì 23 alla Scala la prima delle Nozze di Figaro dirette da Andrea Battistoni, con la regia di Giorgio Strehler ripresa da Marina Bianchi, scene di Ezio Frigerio e costumi di Franca Squarciapino (repliche il 25, il 28 e il 30)

*sabato 24 e martedì 27 alla Scala le due ultime repliche di “Die Frau ohne Schatten” (La donna senz’ombra) di Richard Strauss diretta da Marc Albrecht, regia di Claus Guth

*domenica 25 (ore 11) alla Palazzina Liberty un programma dedicato alla musica di Bach per flauto traverso (Laura Pontecorvo) e cembalo (Rinaldo Alessandrini)

*lunedì 26 alla Scala recital di canto di Mariella Devia che, accompagnata al pianoforte da Enrica Ciccarelli, esegue musiche di Chopin-Viardot, Ravel, Liszt e Schubert

*lunedì 26 al Conservatorio (Serate Musicali) il pianista Freddy Kempf in un programma che prevede vari brani di Liszt e gli 8 Fantasiestücke opera 12 di Schumann

*martedì 27 al Conservatorio (Società del Quartetto) il Quartetto Hagen esegue i Quartetti opera 18 n. 6 in si bemolle di Beethoven e K. 499 in re maggiore di Mozart nonché una trascrizione (di Muzio) per quartetto d’archi di brani della Luisa Miller di Verdi

*martedì 27 nell’Aula Magna dell’Università Statale concerto della pianista Giulia Rossini che esegue Les Adieux (Sonata opera 81a in mi bemolle maggiore) di Beethoven, il Carnevale di Vienna opera 26 di Schumann, lo Scherzo n. 3 opera 39 in do diesis minore e la Sonata n. 3 opera 58 in si minore di Chopin

*mercoledì 28 al Conservatorio (Società dei Concerti) la Sudwestdeutsche Philaharmonie diretta da Vassilis Christopoulos esegue l’Ouverture tragica in re minore opera 81 di Brahms, il Concerto n. 3 in do minore opera 37 per pianoforte e orchestra di Beethoven (pianista Andrea Lucchesini) e la Sinfonia n. 4 in fa minore opera 36 di Čajkovskij

 

questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org

 



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