5 marzo 2009

EXPO. GEOGRAFIE IN STILE MILANESE


Sembra ieri, ma dal giorno dell’assegnazione dell’Expo alla nostra città è passato quasi un anno e l’euforia iniziale si è presto dissolta. Nei mesi successivi alla vittoria sulla città turca di Smirne il quadro della situazione è infatti mutato sensibilmente. Se Letizia Moratti aveva ottenuto un sostegno politico ampio per la candidatura internazionale di Milano, tale risorsa è venuta meno in uno sconcertante gioco di conflitti, interno al centro-destra riguardante innanzitutto il profilo della nuova società di gestione e dei suoi amministratori, oltre alla natura e alle dimensione delle risorse che sosterranno l’operazione nei prossimi sette – ora sei! – anni.

Decisive nel segnare il nuovo contesto: le elezioni politiche nazionali del 2008, con il ritorno di un governo a guida Berlusconi e il sopraggiungere di una crisi finanziaria mondiale di proporzioni storiche, con risvolti drammatici sulla disponibilità della spesa pubblica nazionale.

In questo quadro, il tema importante dell’alimentazione – Nutrire il pianeta, energie per la vita – rimane del tutto trascurato e l’Expo appare sempre più una posta in gioco nella disputa politica tra Milano e Roma, oltre all’ennesima partita nella quale le aspettative e gli interessi della capitale del Nord vengono sacrificati sull’altare della Patria. Il mutamento di scenario non aggiunge tuttavia elementi determinanti nella considerazione di alcune debolezze e ambiguità proprie dello stile milanese, indicative di come le élite locali interpretino riduttivamente le opportunità di sviluppo per la città:

– il prevalere della dimensione infrastrutturale e immobiliare sulla progettazione politico-culturale dell’evento; nella sua storia Milano ha sempre accentuato questo aspetto materiale e immediato nel saper ricavare benefici dalla crescita, a scapito di una proiezione progettuale e meditata delle opportunità di sviluppo (questa consapevolezza sembrerebbe motivare l’invito del sindaco a non pensare a un grattacielo come simbolo della cittadella, ma a percorrere strade con un diverso impatto fisico e simbolico!);

– la delicata sovrapposizione di ruoli e di interessi in campo; vedremo quanto la nuova composizione del consiglio di amministrazione verso cui spinge il governo nazionale saprà superare la discutibile scelta effettuata per la presidenza della nuova società che gestirà l’evento con importanti poteri di stazione appaltante (attualmente ricoperta dalla presidente di Assolombarda, l’associazione di rappresentanza delle imprese milanesi);

– la marcata tendenza della città a pensare l’evento in proprio: un Expo di Milano, dove tutto si risolve nella localizzazione scelta per il sito (in direzione nord-ovest, fino a lambire la nuova fiera di Rho-Pero); piuttosto che a immaginare e progettare un Expo dei territori; e ciò in forte contrasto con un tema – quello dell’alimentazione – che dovrebbe facilitare la valorizzazione di risorse e saperi radicati in un’Italia caratterizzata da varietà economiche e culturali.

E’ la mancanza di una prospettiva che leghi opportunità di sviluppo e visione geografica a sottolineare con forza l’introversione culturale e politica delle élite milanesi. Sempre più frequentemente, analisi e studi segnalano la dimensione regionale di Milano, la sua propensione di città territorialmente e funzionalmente aperta e relazionale: come per reazione, le scelte di Milano si risolvono entro i suoi angusti confini amministrativi! Ma è proprio da una prospettiva geografico-strategica che l’Expo può rappresentare una sfida per la città.

Il tema dell’alimentazione richiama, infatti, una concezione diffusa e qualitativa dello sviluppo che può aprire a relazioni territoriali dinamiche e originali: si guardi a Expo come occasione straordinaria per ripensare il rapporto ambientale tra la città e il parco agricolo, la rete delle acque milanesi e lombarde, l’agricoltura urbana, per rimanere alla scala della sola regione urbana; si pensi a Expo per fare di Milano un nodo nazionale e internazionale di una vasta rete di distretti alimentari e agroindustriali, di produzioni locali, di laboratori di ricerca biotecnologica e di fiere del gusto, per dire di alcune tra le risorse attive alle più ampie scale. Davvero, apertura internazionale e apertura territoriale possono andare di pari passo. Affinché l’evento Expo rappresenti al meglio il tema dell’alimentazione e il valore strategico di una cooperazione che domanda una nuova geografia dello sviluppo.

Matteo Bolocan Goldstein



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