21 febbraio 2012

teatro


LOTTA DI NEGRO E CANI

di Bernard-Marie Koltès

traduzione di Valerio Magrelli – regia Renzo Martinelli con Alberto Astorri, Rosario Lisma, Alfie Nze, Valentina Picello – produzione Teatro I, in collaborazione con Face à face – parole di Francia per scene d’Italia e Istitut Français Milano

Il piccolo palco del Teatro I è completamente trasformato per questo allestimento di Martinelli. Le file di sedie della platea non ci sono più e un ponteggio di tubi innocenti forma un rettangolo che costeggia tutti i muri della sala. Il pubblico è seduto in alto, su tutti e quattro i lati, e la scena si svolge in basso, sotto agli spettatori. L’impressione (oltre a quella ovviamente del cantiere in cui è ambientato l’opera) è di essere in un’arena all’interno della quale, da un momento all’altro, inizierà un combattimento all’ultimo sangue.

Lotta di negro e cani è, insieme a Nella solitudine dei campi di cotone, il testo più noto di Koltès, drammaturgo francese morto nell’1989 di AIDS a quarantun anni. A dispetto del titolo non è un’opera che parla di razzismo, piuttosto il razzismo è presente perché fa parte del mondo in cui è ambientata la vicenda. Come la violenza e lo sfruttamento.

In un cantiere africano Cal, ingegnere violento e collerico, ha ucciso un operaio nero in seguito a uno sputo per terra. Il fratello del morto, Alboury, si presenta al capocantiere Horn per chiedere il corpo, affinché la madre lo possa piangere. Durante la notte d’attesa, fra i continui rinvii della consegna del corpo, che è stato buttato nelle fogne da Cal, si susseguono incontri/scontri fra i tre uomini ai quali si aggiunge Leon, promessa moglie di Horn che finisce per invaghirsi di Alboury.

L’ambientazione africana richiama il periodo passato dall’autore in Costa d’avorio, ma i personaggi non si esauriscono nella loro connotazione storica e nelle problematiche sociali che portano avanti: la dignità del lavoro, il razzismo, la paura del diverso. Bensì si muovono su un piano più “universale”: Alboury ricorda gli antichi eroi omerici, un Achille che vuole piangere il corpo di Patroclo e non si accontenta di nient’altro (soprattutto non del denaro che gli viene ripetutamente offerto). Gli stessi Cal e Horn, lontani dal cliché degli “europei sfruttatori”, sono personaggi pieni di paura che reagiscono con la violenza (il primo) o con vani tentativi di gestire la situazione (il secondo) a un’inadeguatezza che è prima di tutto umana. La loro è una profonda solitudine, che combattono debolmente giocando a dadi e nella quale non sono più minimamente in grado di rapportarsi con il mondo femminile, incarnato nella pièce da Leon, inadatta a loro, al luogo, e anche all’Alboury da cui è attratta.

La scena, con le luci al neon che abbagliano il pubblico, le lampadine da cantiere e i forti rumori di sottofondo accompagnati dal latrato dei cani, è molto potente e suggestiva. Gli attori si muovono anche sotto al pubblico e spesso c’è almeno un quarto degli spettatori che non li vede recitare, ma questo non è affatto un problema perché gli spostamenti sono dosati in modo da far ruotare i nascondimenti e anzi il gioco svelato/nascosto assume col passare del tempo un forte potere suggestivo. I microfoni ambientali permettono inoltre alla voce di uscire da sotto il ponteggio con un suono volutamente artefatto e in linea con l’atmosfera dello spettacolo.

Semmai è il ritmo a non essere sempre chiaro e in certi punti le azioni degli attori sembrano un po’ meccaniche e dettate più che altro dalla necessità di riempire e giostrare lo spazio. I bravi Alberto Astorri, Rosario Lisma, Alfie Nze e Valentina Picello alternano momenti forti e convincenti ad altri in cui sembrano perdere un po’ di fluidità. Fluidità che però, essendo questa la prima, recupereranno sicuramente con il ripetersi delle repliche.

 

Teatro I dal 15 febbraio al 12 marzo.

 

In scena

Al Teatro Elfo Puccini fino al 21 febbraio al 4 marzo Tutto su mia madre, basato sul film di Pedro Almodovar, regia di Leo Muscato.

Al Piccolo Teatro Strehler sono annullate le repliche di Nora alla prova di casa di bambola, regia di Luca Ronconi, sostituito dal 24 al 26 febbraio dall’Arlecchino servitore di due padroni, con la storica regina di Giorgio Strehler.

Al Teatro Crt fino dal 21 al 26 febbraio Questa tosse di Antonio Iannello, che cura anche la regia.

Al Teatro Out/Off fino al 4 marzo Il guardiano di Harold Pinter, regia di Lorenzo Loris.

Al Tieffe Menotti dal 21 al 26 febbraio E pensare che c’era il pensiero di Gaber e Luporini, regia di Emanuele Giordano, con Maddalena Crippa.

Al Teatro Franco Parenti dal 14 febbraio al 4 marzo il musical Le meravigliose Wonderette di Roger Bean, regia di Luca Sandri.

 

 

questa rubrica è a cura di Emanuele Aldrovandi

rubriche@arcipelagomilano.org

 

 



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