8 febbraio 2012

Musica


L’ELIAS DI MENDELSSOHN

Se qualcuno avesse avuto ancora qualche dubbio sulla maturità e sulla professionalità della milanesissima Orchestra Verdi, nata meno di vent’anni fa come “giovanile” e cresciuta negli anni dapprima con Delman e Giulini (che ritiratosi dall’attività professionale veniva a “lavorare” segretamente, ore ed ore, con i ragazzi dell’orchestra) e poi – dopo un breve periodo con Noseda – maturata molto con Chailly, se lo sarebbe definitivamente tolto ascoltando la settimana scorsa la straordinaria esecuzione dell’Elias di Mendelssohn per voci, coro e orchestra diretto da Helmuth Rilling. Della Verdi non c’era solo l’Orchestra ma anche il Coro, nato e cresciuto anch’esso sotto l’ala protettrice e il management dell’instancabile Luigi Corbani, istruito e diretto dalla sempre più brava Erina Gambarini.
Noi con Rilling non fummo molto teneri quando, nell’ottobre del 2009, eseguì all’Auditorium il Doppio Concerto per violino violoncello e orchestra di Brahms – affidando le parti solistiche alla figlia e al genero (che peraltro furono bravissimi!) – e gli rimproverammo di travasare sic et simpliciter nella musica romantica la prassi esecutiva cosiddetta “filologica” da lui promossa e portata ai massimi livelli nelle esecuzioni bachiane. L’altra sera eravamo dunque prevenuti quando, sempre ospite dell’Auditorium, Rilling ci ha presentato questo Oratorio mendelssohniano di grande impegno (dura più di due ore) e assai raramente eseguito; pensavamo che – a maggior ragione per la sua tipologia – ce ne avrebbe imposto una interpretazione più barocca che romantica e sostanzialmente noiosa. E invece, così come accadde per l’Oratorio gemello – il “Paulus” – eseguito dallo stesso direttore e nello stesso teatro nel giugno del 2010, ci ha sorpreso per la freschezza, la passione e la capacità di suscitare emozioni profonde.
Giovandosi di un quartetto di voci accuratamente selezionato ed affiatato, e di un’orchestra e un coro in palese stato di grazia, il minuto direttore – leggermente incurvato dagli anni, con gli spessi occhiali e i capelli candidi, dal gesto composto e quasi ieratico (nonostante la complessità della partitura e il numero cospicuo delle parti ha diretto tutto l’Oratorio a memoria!) – è riuscito a esprimere un’energia e una sicurezza da fare invidia a colleghi ben più giovani e prestanti.
L’Oratorio narra le vicende del profeta Elia impegnato a riportare alla fede dei padri il popolo di Israele che, allontanatosi dal “vero” dio, idolatra il “finto” dio Baal e dunque incorre nelle scontate vendette e punizioni divine. Ma a differenza di Bach e di Händel – che nelle loro opere liturgiche si limitano alla narrazione, sia pure “declamata”, con una drammatizzazione minima per far comprendere i testi e partecipare ai momenti di gioia e di sofferenza dei personaggi narranti o narrati – Mendelssohn mette in scena una sorta di melodramma in forma di concerto, con momenti di altissima tensione. Come quando Elia, prossimo dalla disperazione per l’ottusità del suo popolo, accompagnato dal violoncello solo, urla con la potente voce da baritono quel “Es ist genug!” (basta, è troppo!) e ci pone, attoniti e smarriti, di fronte alla tragica impotenza del profeta.
Fra gli Oratori e le Passioni bachiane e i due Oratori mendelssohniani passano cent’anni, proprio quelli in cui nasce il melodramma italiano che si diffonde in tutto il mondo e lo trasforma a tal punto che nessun compositore resterà insensibile al suo fascino. Ed è in forza di questa determinante esperienza che le voci del coro diventano strumenti dell’orchestra e tutti insieme – strumenti e voci – si fondono nell’esprimere volta a volta sia la violenza e la disperazione del popolo affamato e assetato per la divina punizione, sia la pietà e la dolcezza paterna del profeta che implora clemenza al dio padre crudele e vendicatore.
Il Mendelssohn che aveva da poco scoperto il grande Kantor luterano togliendolo a un incomprensibile oblio durato più di un secolo, e che aveva avuto il trauma di nascere ebreo ma di essere battezzato per scelta familiare quando ancora era ragazzino, si addentra nelle contraddizioni bibliche con una sorta di laicismo ante litteram; e così accade che fra il limpido ragionare di Bach e la ricchezza sentimentale di Mendelssohn, con quella marcia in più del teatro italiano, nel fantastico mondo musicale che si è costituito fra la Turingia e la Sassonia nei secoli d’oro della musica, l’opera sacra e quella profana siano riuscite a fondersi perfettamente per produrre un capolavoro assoluto come questo Elias.
Ed è una gioia riferire come l’orchestra e il coro della Verdi, con quei magnifici quattro solisti – l’impareggiabile baritono Markus Eiche, le bravissime Simone Easthope (soprano) e Kismara Pessatti (contralto), e il non meno bravo tenore Dominik Wortig – abbiano realizzato l’opera con struggente sensibilità e con una entusiasmante perfezione di cui il pubblico ha dato atto restando incollato alle poltrone per tutti i lunghi quindici minuti di applausi.

Musica per una settimana
*mercoledì 8, al Conservatorio (Società dei Concerti) la pianista Yoko Kikuchi esegue le Sonate n.1 in do maggiore K. 279 e n.8 in la minore K. 310 di Mozart, il “Rain Tree Sketch” di Takemitsu e gli Studi Sinfonici opera 13 di Schumann
*giovedì 9 e sabato 11 al Teatro Dal Verme l’Orchestra dei Pomeriggi Musicali diretta da Pierre André Valade esegue la “Verklarte Nacht” opera 4 di Schönberg e la Sinfonia n. 8 opera 93 di Beethoven
*giovedì 9, venerdì 10 e domenica 12, all’Auditorium, la violinista Anna Tifu con l’orchestra della Verdi diretta da Aldo Ceccato si esibisce in un programma interamente dedicato a Dvorak (Carnival, Concerto per violino e orchestra in la minore opera 53 e Sinfonia n. 7 in re minore opera 70)
*venerdì 10 al Conservatorio (Serate Musicali) la Kremerata Baltica esegue il Quartetto per archi opera 131 di Beethoven trascritto per orchestra d’archi, il Concerto per pianoforte e orchestra n.1 opera 35 di Shostakovich e frammenti del “Target” di Desyatnikov
*sabato 11, domenica 12 e lunedì 13 alla Scala concerto dell’Orchestra Filarmonica che esegue la Suite del “Mandarino meraviglioso” di Bela Bartòk, “Italia mia” (per voce recitante, soli e orchestra) di Luca Lombardi, in prima assoluta, e poi il “Prélude à l’après-midi d’un faune” di Debussy e la Suite n. 2 di Daphnis et Chloé di Ravel
*lunedì 13 al Conservatorio (Serate Musicali) la grandissima pianista georgiana Elisso Virsaladze con un programma dedicato a Schumann: Novellette opera 21, Humoreske opera 20 e Davidsbündlertänze opera 6
*martedì 14, infine, prima della Aida alla Scala, nella versione storica di Zeffirelli, diretta da Wellber con Roberto Tagliavini, Marianne Cornetti, Oksana Dyka, Jorge De Leon, Riccardo Zanellato e Anrezej Dobber

 

questa rubrica è a cura di Paolo Viola
rubriche@arcipelagomilano.org

 



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