31 gennaio 2012

ABOLIRE LE PROVINCE: UN SACRIFICIO TRIBALE


Sul tema delle Province, il professor Monti – lunga vita al suo governo! – si è dimostrato in questo caso poco competente e ha fatto un gran pasticcio. Evidentemente, non conosceva la questione ed è andato dietro agli idola tribus, a una mitologia recente, tanto fumosa quanto aggressiva, creata dal combinato disposto della demagogia politica e del superficialismo dei giornali. È stata installata, infatti, nella testa di molte persone l’idea che le Province producano solo sperperi, inefficienze e lentezze burocratiche e che siano mantenute in piedi per foraggiare la peggiore politica, quella che le utilizza per dare posti e prebende a politici di seconda o terza fila.

Che ci possa essere del vero in questo io non contesto, però questo discorso andrebbe, come dire, un po’ meglio tarato e precisato. Che ci sia stata, poi, per responsabilità della politica clientelare e opportunistica di tutti i partiti, una indecente proliferazione delle Province, create con irresponsabile facilità e cedendo alle rivendicazioni localistiche più chiassose, anche questo è sotto gli occhi di tutti. Ma è una sacrosanta sciocchezza, e spesso una voluta mistificazione, che le Province in quanto tali non servano.

Le Province non sono presenti nella Costituzione per capriccio e, soprattutto, non esistono da centocinquant’anni (quella di Milano da centocinquantuno), avendo superato quindi ogni più imprevedibile tornante della nostra storia, solo per forza d’inerzia. Bisognerebbe fare una cosa che in un paese serio sarebbe normale: distinguere il grano dal loglio. Avere la pazienza di studiare le cose e di pronunciarsi nel merito, circostanziando e precisando, e anche, naturalmente, tagliando e togliendo, ma non alla cieca e, se è possibile, riservando a ben più impegnative imprese certi “eroici furori”.

Invece su questa questione il senno è proprio scappato via, e speriamo sia finito anch’esso sulla vicina luna, che forse potremo un giorno andare a riacchiapparlo. Comunque, davanti ai nostri occhi si sta celebrando solo un rito sacrificale, non privo di gravi conseguenze amministrative. Pare che certi facili liquidatori ragionino (sic!) così: “se la gente crede che questa cosa aiuta, perché si darebbe prova di voler incominciare a bonificare la politica, ebbene facciamoglielo credere, tiriamocele via dai piedi queste Province: oltretutto mostriamo di essere decisionisti, e questo alla gente piace!”.

Le Province sarebbero, quindi, soltanto un capro espiatorio e, togliendole, non faremo alcun risparmio, non ci sarà maggiore efficienza, anzi il contrario, ed esporteremo solo della confusione nei Comuni e nelle Regioni. La domanda da porsi è: le Province hanno motivo reale di esistere? Nel senso che ci sono cose che esse fanno e di cui non si può fare a meno? Possono queste stesse cose essere fatte meglio dai Comuni e dalle Regioni?

Vediamo: i Comuni esercitano la loro competenza nei confini del loro territorio e su temi che lì nascono e lì muoiono; ma, è evidente, ci sono cose e problemi che non si possono costringere entro quel perimetro. Tutto ciò che è flusso, tutto ciò che per sua natura transita e attraversa: traffico, fiumi, aria; tutto ciò che riguarda una dimensione più vasta: ambiente, paesaggio, trasporti, cave, rifiuti, scuole di un certo grado, cultura e beni culturali: tutto questo e i servizi e le strutture tecniche di cui abbisognano, non può essere né abolito né devoluto ai comuni. Per una questione, come dire, di concetto. Se è vero che è nella natura dei comuni di interessarsi di quello che avviene dentro la cerchia dei loro muri, non è pensabile che decidano su questioni che per loro intrinseca qualità e natura eccedono quei confini e sono oggettivamente transcomunali.

Altrettanta incompatibilità si ha nei confronti delle Regioni. All’ente maggiore, così ha voluto la legge istitutiva, sono delegate funzioni legislative, non amministrative. La Regione deve agire attraverso provvedimenti normativi, ed esercitare funzioni di programmazione e di controllo. Non può eseguire opere direttamente, salvo creare evidenti e gravi conflitti.

Insomma, occorre, ed è necessaria e urgente, una riforma vera e concreta di tutti gli enti intermedi territoriali. Ma questo è un vecchio discorso. Che c’entra col disboscamento delle Province, certo, e pure con una definizione più aggiornata e rigorosa delle loro competenze, e riguarda anche quella specie di araba fenice che sono le Città metropolitane. Il cannibalismo delle istituzioni, invece, non dovrebbe entrarci nulla, se non fosse che è troppo comodo cavalcare la demagogia.

 

Arturo Calaminici

 



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