31 gennaio 2012

RIFORMA FISCALE TRA EQUITÀ E ASSISTENZA


Oggi ci sono più prestazioni assistenziali a favore dei ricchi. Da uno studio dell’Istituto Ricerca Sociale (IRS) risulta che una parte rilevante delle prestazioni di welfare oggi vanno a finire nelle tasche di famiglie relativa-mente benestanti, cioè quelle che superano tendenzialmente il reddito annuale di circa 30mila euro. Per esempio a queste famiglie va il 58% delle indennità di accompagna-mento, va il 34% degli assegni familiari e il 24% delle pensioni sociali. Le famiglie più fragili non essendo bene a conoscenza dei loro diritti, non riescono a trasformare i loro bisogni in domande, frastornati dalla burocrazia e da leggi e prestazioni farraginose dei diversi Enti Pubblici. Questa assurda situazione è data dal nostro sistema di “stato sociale spezzatino” che eroga a pioggia ben 61miliardi di euro da parte dello Stato, dell’INPS, delle Regioni e dei Comuni, enti che purtroppo non si parlano e confrontano fra loro.

A fronte di tale situazione di estrema iniquità e di sprechi accumulati nei decenni scorsi, è opportuno prevedere nella prossima riforma fiscale – assistenziale il trasferimento di tutte le risorse e funzioni attualmente gestite all’80% a livello centrale, alle Regioni e ai Comuni come previsto dieci anni fa dalla legge 328 e come inizio di un serio federalismo. Infatti è sul territorio che meglio si colgono i bisogni effettivi delle persone e delle famiglie, garantendo adeguate prestazioni, controllando e verificando sia le erogazioni che gli aventi diritto, rispondendo con efficacia e tempestività alle esigenze emergenti dei cittadini.

Nel contempo, occorre mettere mano alla razionalizzazione della spesa globale per i servizi e per l’assistenza sociale, evitando sovrapposizioni e doppioni, inoltre in nome di una equità reale armonizzare gli interventi al reddito delle famiglie. Sul piano dei diritti universali siamo tutti uguali, ma su quello delle prestazioni chi più ha, più deve pagare. Occorrerà legare ogni prestazione all’ISEE, derivato dai redditi, dai beni mobiliari e immobiliari di tutti i componenti della famiglia con particolare attenzione alla situazione numerica e di casi di inabilità in essa presenti. Seguendo questo metodo perequativo di redistribuzione delle risorse, passando cioè da un universalismo di diritti a un universalismo selettivo legato al reddito, sarà possibile migliorare le condizioni economiche e di vita delle categorie più deboli con maggiori assegni familiari, indennità di accompagnamento e pensioni sociali.

Questo nuovo metodo che non comporta ulteriori costi, si rivelerà particolarmente utile nell’attuale momento di crisi, dove in prospettiva non si potrà contare su risorse aggiuntive a fronte di un inevitabile incremento della povertà, del trend della bassa natalità, di un invecchiamento pressoché esponenziale con relativi malati cronici e non autosufficienti. Necessita pertanto una riforma che a costo zero utilizzi senza sprechi i 50 miliardi di euro indicati per questi settori di intervento nell’allegata tabella dei costi sociali globali del 2010.

Il precedente Governo nella manovra di Ferragosto ha emesso una legge delega sulla riforma fiscale – assistenziale che prevede il recupero nel settore assistenziale di 4 miliardi nel 2012 e di 16 miliardi nel 2013, al fine di pareggiare il bilancio dello Stato entro il 2013, come promesso all’Unione Europea. Qualora tale riforma non venisse attuata entro il 30 settembre 2012, scatterà la “norma capestro” che prevede il taglio lineare del 5% per il 2012 e di un ulteriore 20% nel 2013 sulle agevolazioni e sulle deduzioni fiscali: di fatto una riduzione dei crediti d’imposta da dedurre e/o detrarre dai nostri 730.

In parole povere, avremmo avuto nei prossimi anni oltre all’aumento delle tasse locali (le addizionali di Regioni e Comuni) rese necessarie dai tagli delle precedenti manovre, anche delle minori detrazioni fiscali e di conseguenza una ulteriore tassazione. L’attuale governo ha dovuto provvedere alla pesante manovra “Salva Italia” (di 39,5milardi, comprendenti i 20 miliardi della manovra ferragostana ) sia per mantenere le promesse fatte all’UE di pareggio di bilancio entro il 2013, sia per evitare l’applicazione della famosa “norma capestro”. Infatti si è constatata l’impossibilità di recuperare 20 miliardi di euro nel settore assistenziale, cosa che avrebbe portato di fatto alla demolizione del nostro belare, con grave danno alle fasce di cittadini fragili e già pesantemente colpiti dai tagli degli ultimi anni. Tale valutazione contabile è confermata autorevolmente anche dalla Corte dei Conti. Una manovra quest’ultima che considero necessaria, ma che avrei desiderato più attenta alla crescita e all’equità.

Ho apprezzato la documentazione di ricerca, analisi e proposte di Emanuele Ranci Ortigosa direttore scientifico dell’IRS portate al 1° Forum delle Politiche Sociali “Tutta la Milano possibile” promosso dall’Assessore Majorino, un notevole contributo da discutere e sviluppare a tutti i livelli in quanto la vita quotidiana degli Italiani sarà fortemente influenzata dal nuovo welfare.

 

Giovanni Agnesi



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti