17 gennaio 2012

AREA “C”: LA “C”ASTA DEGLI AVVOCATI


Il Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Milano ha formalmente chiesto al Sindaco di Milano di voler accordare agli Avvocati milanesi l’esenzione del pagamento della tariffa di accesso all’Area C, estendendo loro la deroga già riconosciuta ai “giornalisti e ai poligrafici dipendenti di gruppi editoriali con sede operativa” in centro.

La notizia è davvero significativa: in un momento storico – politico in cui è messa radicalmente in discussione l’opportunità di continuare ad assicurare a intere categorie professionali i privilegi che derivano dalla loro organizzazione in corporazioni, l’Ordine di Milano chiede nuovi favori, nuovi “regimi speciali” completamente ingiustificati.

Non conosco le ragioni che hanno indotto la Giunta a esentare dalla tariffa alcune categorie professionali (come i giornalisti o i poligrafici) ma certamente gli avvocati devono andare tutte le mattine in Tribunale così come i medici e gli infermieri devono recarsi negli ospedali, gli impiegati comunali negli uffici di Palazzo Marino, i militari e i vigili del fuoco nelle rispettive caserme, e i dipendenti delle ASL alle loro scrivanie.

Insomma sono numerosissimi i milanesi che – al pari degli avvocati – esercitano una professione che ha in tutto o in parte i connotati della funzione pubblica e che debbono recarsi all’interno dell’area C ogni mattina.

Ma non vi è davvero alcuna plausibile ragione per riconoscere né agli avvocati (né del resto a tutti gli altri) l’esonero dal dare il proprio contributo (peraltro modesto) alla riduzione delle emissioni e alla riuscita di un disegno pubblico di ampio respiro (è il caso di dirlo) quale quello scaturito dal referendum, caparbiamente promosso dalla capacità visionaria di Marco Cappato e dei suoi alleati, e vinto dalla volontà coraggiosa e rinnovatrice della maggioranza della città.

L’iniziativa dell’Ordine degli Avvocati di Milano mi sembra che dimostri meglio di ogni altro esempio le ormai incontenibili pulsioni corporative degli ordini professionali e l’assoluta necessità di loro azzeramento (un’altra antichissima battaglia radicale) per ripensare completamente ai modi con cui le professioni possono organizzarsi per operare nella società.

Abolire l’ordine degli avvocati – insieme agli altri ordini professionali – è una vera e propria urgenza; non ne sentiranno la mancanza e certamente non lo rimpiangeranno né la società italiana né i clienti dei professionisti, i quali non sembrano considerare l’Ordine quale irrinunciabile punto di riferimento nella tutela dei propri diritti nei confronti dei professionisti.

Un’organizzazione che esprime una visione così distorta del rapporto tra professionisti e società contribuisce in verità al formarsi di quella immagine collettiva, non esattamente benevola, che circonda gli avvocati e che tutti conosciamo.

Fortunatamente risulta che all’Ordine stiano giungendo da numerosi avvocati aperte critiche verso un’iniziativa che non rappresenta tutti i professionisti e che, se mai fosse accolta dal Sindaco Avvocato Pisapia, contribuirebbe ad alimentare l’immagine non propriamente generosa ed egualitaria del ruolo degli avvocati nella nostra società.

Ma c’è da augurarsi che Pisapia non conceda ai suoi colleghi il favore richiesto, non solo per salvaguardare l’immagine sua e di tutti gli altri avvocati, ma anche perché la nostra società ha bisogno di tornare a condividere un civico e solidale senso del dovere e di appartenenza (alla società, appunto e non agli Ordini professionali….).

Simona Viola*

 

*Avvocato iscritto all’Ordine degli Avvocati di Milano



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