23 dicembre 2011

teatro


IL TIGLIO. FOTO DI FAMIGLIA SENZA MADRE

di Tommaso Urselli

regia Massimiliano Speziani

con Massimiliano Speziani, Filippo Gessi, Teresa Timpano

produzione Speziani&Urselli / Scena Nuda / Spazio Tertulliano

 

Dopo la morte della moglie un uomo decide di portare il figlio, che hai dei disagi psichici, in una casa di cura. Gli fa credere che la sistemazione sia provvisoria e dovuta al fatto che il padre dovrà stare un po’ di tempo in ospedale. Ma naturalmente non è così e il ragazzo, che lo capisce fin da subito, ne ha la certezza quando – tornando per una sola notte (quella di Natale) a casa – scopre che il padre non ha disdetto l’abbonamento a Sky. La parabola di Sky – unico oggetto scenografico oltre a una valigia e due sgabelli – diventa così il perno attorno al quale si consuma una tragedia familiare che però, in realtà, vive fin dall’inizio.

Il testo di Urselli non si lascia andare a quelle che sarebbero facili stereotipizzazioni del disagio psichico ma tratteggia con maestria due personaggi altrettanto problematici. Filippo Gessi, molto bravo nel risultare “strano” senza cadere nei cliché, è un figlio appassionato di sport, giornali, tv e cappuccini, che talvolta sfoga con la violenza il suo non voler essere abbandonato. Massimiliano Speziani – che cura anche la regia – offre una grande interpretazione di un padre fragile e commovente, che non è in grado di gestire né il figlio né la separazione da lui.

Nonostante si viva in una grande città, in questo caso Milano, spesso è come essere sulla luna: il paesaggio lunare ricreato dalla scenografia – anche fisica – accentua infatti la solitudine dei due personaggi, che si inseguono, si cercano, si parlano, si tengono fermi o si mandano via, ma non riescono a superare quella membrana che li divide, se non in brevi momenti di consapevolezza (i pianti improvvisi del padre) nei quali però, forse, soffrono ancora di più.

Entrambi proiettano quello che manca nella loro “foto di famiglia” – cioè la moglie/madre – su una dottoressa – Teresa Timpano – che non sembra davvero una dottoressa, ma, in linea con la cifra dello spettacolo a metà fra il realistico e l’onirico, pare piuttosto una passante capitata lì per caso o un santino muto a cui rivolgere le proprie preghiere.

Il padre infatti la invoca spesso, rivolgendosi a lei anche mentre parla al figlio, chiedendole assenso, comprensione e appoggio. All’inizio la ritmica ripetizione della parola “dottoressa” (pronunciata ad alta voce, con le vocali aperte a ricreare l’effetto di una parlata milanese) sembra quasi la ricerca di un effetto comico ma, col passare del tempo, emerge sempre di più il suo essere una preghiera inascoltata, una richiesta d’aiuto. Lascia un peso sullo stomaco, e questa è la forza dello spettacolo, il fatto che un aiuto non sembra possibile: non è una critica sociale che comporta una presa di coscienza per cambiare qualcosa di specifico, ma è il racconto di una sofferenza umana, intimamente legata alle caratteristiche stesse dei personaggi, alle loro vite. Non sarebbero “loro” se il loro rapporto non fosse quello, se non soffrissero così. E il pubblico, noi, gli altri – come la dottoressa – non potrebbero comunque fare nulla se non provare empatia e un po’ di – sana? – amarezza.

Spazio Tertulliano, da 19 al 22 dicembre.

 

In scena

Continua fino al 22 gennaio all’Elfo il Sogno di una notte di mezza estate, regia di Elio De Capitani.

Al Piccolo Teatro Studio dal 27 al 30 dicembre Sogno di una notte di mezza estate e al Piccolo Teatro Grassi, dal 20 al 31 dicembre, La bella addormentata nel bosco.

Al Teatro Litta fino al 29 dicembre Romeo e Giulietta, regia di Claudio Autelli.

Al Tf Menotti fino al 29 dicembre All’ombra dell’ultimo sole.

 

 

questa rubrica è a cura di Emanuele Aldrovandi

rubriche@arcipelagomilano.org

 

 



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti