29 novembre 2011

Scrivono vari 30.11.2011


Scrive Jacopo Gardella – Il progetto di mio padre Ignazio Gardella dell’edificio in Piazza Duomo (illustrato nella gallery), destinato ad accogliere la stazione della metropolitana, inizia nell’anno 1988. La costruzione doveva sorgere nell’estremità ovest della piazza, nel medesimo luogo in cui l’architetto Mengoni, intorno all’anno 1870, aveva previsto di erigere un corpo di fabbrica a completamento della nuova piazza da lui disegnata. Né l’edificio di Mengoni né quello di Gardella hanno mai visto la luce.

Durante l’elaborazione del progetto l’architetto Gardella propone tre successive soluzioni, via via più elaborate e imponenti, ma tutte accomunate dall’utilizzo di uno stesso elemento naturale: l’acqua. Con ciò si voleva alludere alla presenza dell’acqua all’interno della città storica; e ricordare l’invenzione delle chiuse lungo il corso dei Navigli.

La prima soluzione (progetto 1) propone un allineamento di alti pilastri a sezione rombica, isolati e acefali, disposte su tre file contigue, di cui le due laterali più avanzate verso il Duomo, mentre quella centrale si presenta più arretrata, quasi in segno di deferenza di fronte al monumento del Re. I pilastri sono collegati tra loro da più condutture d’acqua, sovrapposte l’una sull’altra; dalle condutture scende un velo ininterrotto di acqua, simile a una parete semi trasparente, che genera l’effetto di una cortina liquida, posta sul fondo della piazza, a fare da fondale e da chiusura dietro alla statua equestre di Vittorio Emanuele II. Lo schermo d’acqua che scende a cascata è la nota dominante di questo primo progetto. I pilastri hanno la funzione di sostenere delle condutture idriche, ma anche lo scopo di creare una barriera sul fondo della piazza, per mezzo delle quali accorciarne l’eccessiva lunghezza, da tutti giudicata sproporzionata e dispersiva. La campata formata dai due pilastri centrali viene lasciata priva di acqua per consentire la vista del Duomo nella estremità opposta della piazza.

La seconda soluzione (progetto 2) può considerarsi un proseguimento e uno sviluppo della prima. L’acqua resta l’elemento naturale dominante; e la sua caduta a cascata mantiene l’apparenza di un velo ininterrotto. Vengono invece radicalmente modificati i supporti delle condutture idriche, che da pilastri isolati si trasformano in robusti sostegni di archi ribassati, allineati in serie l’uno accanto all’altro. All’interno degli archi viene fatto scendere un velo d’acqua simile a quello già visto nel progetto1. Tra i due archi centrali rimane una fessura, priva di acqua, che ha lo scopo di inquadrare il portone d’ingresso principale del Duomo. In questa soluzione l’elemento acqua perde d’importanza nel complesso della costruzione; e si riduce a vantaggio delle parti murarie, cioè della serie continua di arcate, allineate lungo un’unica linea retta, che va da un lato all’altro della piazza.

La terza e ultima soluzione (progetto 3) introduce una forte innovazione rispetto alle due soluzioni precedenti. Essa, infatti, non si presenta più come uno schermo, una barriera, un diaframma; ma come un corpo tridimensionale, un volume stretto e allungato, un vero e proprio edificio posto di traverso sul fondo della piazza, non diversamente dall’edificio a suo tempo concepito dall’architetto Mengoni. La parte centrale del corpo è traforata da sei arcate a tutto sesto; anch’esse, come gli archi del progetto 2, riempite da un velo d’acqua continuo. Nel centro è aperta una fessura stretta e alta, priva di acqua, attraverso la quale si ha la vista del Duomo sull’altro lato della piazza. Nelle due opposte estremità il corpo di fabbrica è privo di aperture e ospita due ambienti a uso museale, lasciati a disposizione della Veneranda Fabbrica del Duomo. Sempre nelle due opposte estremità del corpo salgono due rampe di scale a cielo aperto, e conducono a una lunga passeggiata panoramica, coperta da una leggera pensilina metallica, e pensata come balcone belvedere da cui guardare dall’alto sia la piazza sia il Duomo.

In quest’ultima soluzione è scomparsa la tipologia dello schermo ed è subentrata quella del corpo voluminoso, di aspetto massiccio e di notevole spessore. La presenza dell’acqua si è ulteriormente ridotta; mentre la massa muraria si è sensibilmente accresciuta. Da un impianto bidimensionale iniziale si è passati a un corpo tridimensionale, a un vero e proprio edificio, di forma stretta e molto allungata, posto, come una barriera, a chiusura della parte occidentale della piazza. Mentre nelle prime due soluzioni è ancora presente e percepibile la tipologia della fontana, nella terza e ultima, nonostante il velo di acqua che scende sotto gli archi, ogni idea di fontana si attenua e scompare.

Nota conclusiva sulle tre soluzioni di progetto.

Si può dire che, oltre alla presenza dell’acqua, vi è un’altra costante che apparenta i tre progetti: essa può essere definita come omaggio sia alla tradizione sia alla classicità. Alla tradizione si riferisce l’uso del marmo di Candoglia, lo stesso con cui è costruito il Duomo, e con il quale sono ricoperte tutte le parti murarie delle tre soluzioni; sempre alla tradizione si riferiscono alcune forme architettoniche riprese dal passato come gli archi e i pilastri isolati, che ricordano le colonne di S. Lorenzo. Alla classicità s’ispira l’impianto dell’intera composizione, basato su simmetrie e assialità. Entrambi questi riferimenti, alla tradizione e alla classicità, sono il motivo per cui il monumento di Piazza del Duomo è stato censurato da alcuni e apprezzato da altri.



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