15 novembre 2011

IL TEMPO STRINGE


Se il senatore Monti, insediato alla presidenza del consiglio, dovesse reggere fino alla fine della legislatura, cosa che sembra nelle sue intenzioni, per Formigoni il problema si porrà a partire dall’inizio del 2013, quando le elezioni politiche lo obbligheranno alla scelta fatale: restare in Lombardia fino al 2015, scadenza del suo mandato, o spiccare prima il volo per Roma? Non credo che vi siano dubbi: opterà per Roma. Ma quest’opzione potrebbe doverla esercitare anche prima se, come si augurano molti dell’attuale maggioranza, a cominciare dalla Lega che oggi già si avvolge nella bandiera della secessione, si giungesse alla chiamata alle urne entro il primo semestre di quest’anno.

In tutti i casi la campagna elettorale e le manovre relative sono già cominciate e, detto per inciso, questo al nascente governo non farà bene a meno che non si tratti di un vero “governo tecnico” che lascerebbe i politici liberi di dare il meglio o presumibilmente il peggio di sé, tutti immersi nella campagna elettorale. Se le urne non fossero la sorgente della democrazia, in questo Paese verrebbe da odiarle. Sinceramente mi domando se preferire una campagna breve, sei mesi, o una campagna elettorale lunga, più di un anno.

Pensando all’avversario da battere, un uomo del centro destra, preferirei una campagna poco rassicurante su chi si riallacciasse alla politica berlusconiana e anche perchè saremmo ancora senza dubbio in piena crisi economica e impegnati nei famosi “sacrifici” dei quali il Primo Ministro incaricato non fa mistero. I sacrifici non sono una buona propaganda elettorale e questa volta il trucco di addossarne la responsabilità ai “cumunisti” sembra proprio non funzioni più, anche se il nostro ex premier ha già detto che il suo “insuccesso” lo si deve alle subdole manovre delIa sinistra alleata occulta con i grandi poteri e con la finanza internazionale. Già sentito da chi ha almeno settantanni.

Ma “dirò di più”. Una campagna breve farebbe bene anche alla sinistra. La sinistra italiana ha un connotato del quale non vuole vantarsi, cercando invece di accreditarsi come un insieme di forze politiche colte, misurate e riflessive: il meglio di sé lo dà nelle situazioni di emergenza, quando la casa brucia, il nemico sta per travolgerla e non c’è tempo di guardarsi l’ombelico né di cercare nel pelo altrui invisibili ma ripugnanti insetti ideologici. Insomma, secondo me, la sinistra quando ha fretta smentisce il vecchio detto della gatta frettolosa che fa i gattini ciechi. Quando la sinistra ha del tempo davanti a se nulla la trattiene dalle complicate esegesi, dalle sofisticate analisi del voto, dalle strategie sottili, dall’autoesilio in una realtà virtuale nella quale si sente a suo agio, che la porta al paradossale inconscio desiderio di non vincere perché si teme di non saper governare la vera realtà.

Questi che vorrei brevi, avrebbero anche il pregio di costringere chi si candida a prendere in considerazione solo i problemi reali, quelli che hanno tormentato la maggioranza del Paese sino a oggi, anche se la loro declinazione in termini di politica regionale non né semplice né facile. I tempi brevi sono anche quelli che non consentendo logoranti trattative tra le correnti di partito e tra i partiti stessi nella scelta dei candidati, discutendo su primarie vere o fasulle, di partito o di coalizione, lasciando invece emergere personalità vere e innovative da ogni punto di vista prima che la macchina della nomenclatura e della casta ne faccia strame.

In fondo la sorpresa e l’anticipo sono una sorta di medicina tonica per la politica. Eppure, contro questo mio desiderio di tempi brevi vedo uno scoglio: il mondo finanziare potrebbe desiderare un Governo Monti che arrivi alla fine della legislatura e rassicuri su un periodo di stabilità e vedrebbe male una campagna elettorale che non potrà che essere violenta e destabilizzante. Non c’è rosa senza spine.

LBG



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