31 ottobre 2011

SALVATE LA STORIA E IL SOLDATO CADORNA


Forse l’argomento sembrerà frivolo, ma resta pur sempre il problema di stabilire se è frivolo l’autore o il commentatore. E poi non si tratta per nulla di un argomento frivolo, ma di un tema serissimo che riguarda i nomi della città, che sono proprietà di tutti. Mi riferisco alla proposta di un consigliere comunale di Milano, Luca Gibillini di Sinistra Ecologia e Libertà che suggerisce di cambiare il nome di Piazza Cadorna in Arrigoni. E’ probabile che la proposta cada nel nulla, al pari del nome di chi l’ha fatta, dopo aver attirato però non poco sarcasmo (facile, ma purtroppo giustificato) sul consigliere, il suo partito e la maggioranza di cui fa parte. E anche di questo, un militante politico responsabile dovrebbe tenere conto. Ma al di là del singolo caso, il problema resta.

Mi capita di essere stato oggetto, se non proprio vittima, di un duplice cambio di nome di piazza e strada. La mia famiglia viveva in piazzale Fiume, dove io sono nato, ma subito dopo la guerra l’indirizzo è diventato piazza della Repubblica 28; contemporaneamente i miei nonni vivevano in via Carlo Alberto 10, indirizzo molto noto ai vecchi milanesi perché c’era la Galleria Motta. Con un gesto che ho sempre trovato dispettoso al di là del lecito, dopo la guerra è diventato via Mazzini 20. Ma la fine di un evento come la II guerra mondiale e la sanguinosa guerra di Liberazione giustifica qualche eccesso.

Particolare curioso durante la Repubblica Sociale Italiana piazzale Fiume era diventato, per ragioni che oggi sfuggono totalmente, ma che probabilmente erano sembrate particolarmente significative a qualche burocratello fascista, piazzale Carnaro. Credo che tre cambi di indirizzo per una famiglia siano un record. E particolare ancora più curioso, nei documenti di famiglia ho trovato che l’appartamento dei miei, danneggiato parzialmente durante i bombardamenti, era stato requisito a favore di un tedesco verso la fine della guerra, ma che questa requisizione era ancora in atto nel 1947. Mistero, ma veniamo all’oggi.

Piazza Cadorna è una delle piazze più incasinate, urbanisticamente deplorevoli, a cominciare dal traffico, ma vitali di Milano. L’intervento di Gae Aulenti non ha molto migliorato le cose; secondo me ha fatto bene alla prospettiva (e anche alla circolazione) per chi va verso il centro, ma le ha complicate per chi va in senso opposto. Ma a me piace comunque e non posso dimenticare che è il capolinea delle Ferrovie Nord, stazione che ricordo ancora piena di fumo e di famiglie vocianti qualche giorno dopo il primo grande bombardamento di Milano, quando come tutti coloro che lo potevano fare sfollarono e per me come per centinaia di altri bambini che quel giorno affollavano il quai significò l’inizio di una vita diversa, almeno per un periodo abbastanza lungo.

Il grande Arnaldo Momigliano disprezzava gli storici di professione che usavano i loro strumenti per scavare nei lati oscuri della vita personale, definendoli “poliziotti (o spie) della storia, nel caso articolare riferendosi a chi aveva partecipato al linciaggio di Bobbio per la famosa lettera scritta da Bobbio a Mussolini per questioni accademiche. Tra l’altro secondo me, proprio gli storici dovrebbero essere particolarmente attenti a queste cose, perché il giudizio che noi diamo ora dell’atto compiuto in tempi diversi, soprattutto sotto una dittatura, è sempre e in ogni caso poco equanime.

Mio suocero, grandissimo liberale e neppur lontanamente sospettabile di filo fascismo mi ha raccontato che il famoso giuramento fu vissuto dalla stragrande maggioranza dei docenti di allora come un mero atto burocratico (anche io quando ho vinto il concorso ho giurato, non so se si faccia ancora). Certo ci sono poi gli undici eroi che non firmarono, ma il giudizio su un’epoca non può essere portato dal punto di vista di eroi o santi. Anche mia nonna paterna si fece ricevere da Mussolini, in una di quelle udienze in cui il Capo esercitava la clemenza, per far ritornare mio padre che era andato volontario in Africa Settentrionale.

Mi ricordo ancora perfettamente l’inquietudine angosciosa del parlottare di mia madre e di mia nonna, arrivata da Torino, proprio nei corridoi oscurati dalla notte di guerra della casa di piazzale Fiume, mentre si aspettava il treno con cui proseguire il viaggio per Roma. Mia nonna era una donna bellissima e nel non detto della famiglia si attribuì poi in seguito anche a questa dote naturale il rapido rientro di mio padre pochi giorni prima del definitivo crollo del fronte.

Condivido questa scarsa antipatia per i giustizieri della storia, che pensano di attribuire a gesti emblematici di questo genere una qualche forma di affermazione di principio che può essere basata sulle ragioni più nobili, ma anche su quelle più ignobili, come lo spostamento del monumento a Totò, Principe de Curtis, dal comune di Alassio, voluto dal sindaco di quella città “perché Totò non era di Alassio, ma napoletano”. Una volta aperta quella strada non c’è limite, come non c’è limite all’imbecillità umana. In questo caso se il criterio localistico venisse applicato, avremmo alla fine città come Napoli pullulanti di monumenti alle celebrità, e scarse probabilità di monumenti ad Alassio. Ammenocchè il sindaco non pensasse a se stesso.

Piazza Cadorna è un nome che appartiene a milioni di milanesi e pendolari pochissimi dei quali penseranno al Generale Luigi Cadorna quando sentono questo nome. E ancora meno avranno la più pallida idea di chi fosse. Tra l’altro togliendo il nome Cadorna, si finisce per fare offesa alla famiglia Cadorna in generale che qualche merito ce l’ha: Raffaele Cadorna figlio di Luigi è il Generale Raffaele Cadorna, che fu un eroe della resistenza e membro autorevole del CLNAI, e dobbiamo ringraziare i molti militari come lui che si unirono alle formazioni partigiane perché portarono una esperienza cruciale.

Si rischia di fare grande confusione, come quando Luigi “Gigi” Cadorna, figlio di Raffaele e nipote di Luigi, al tradizionale tema scolastico “parlate di Luigi Cadorna” chiedeva sempre “di me o di mio nonno”? Lasciamo i nomi delle loro strade e delle loro piazze ai milanesi distinguendo il giudizio storico, che va comunque dato nelle sedi opportune e con gli strumenti appropriati, dalla memoria collettiva che è solo proprietaria dei luoghi e dei loro nomi, che vanno rispettati. Ogni generazione ha aggiunto i propri eroi e santi, continuiamolo a farlo senza meschinerie, altrimenti si rischia di fare la fine di quel ignoto burocrate della Repubblica Sociale Italiana che per pochi mesi contribuì all’incomprensibile cambiamento da piazzale Fiume in piazza Carnaro, nome caduto poi nell’oblio.

 

Guido Martinotti

 



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