31 ottobre 2011

Scrivono vari 02.11.2011


Scrive Gregorio Praderio a Pietro Cafiero – Volevo fare alcuni piccoli commenti all’intervento di Pietro Cafiero sull’ultimo numero di “ArcipelagoMilano”: – non capisco perché scrive che “in teoria possono essere ammesse solo quelle osservazioni che non stravolgano il piano”. In realtà tutte le osservazioni possono essere accolte, con l’avvertenza che se l’accoglimento va a toccare diritti di terzi, è meglio ripubblicare (scelta che personalmente mi sembra inevitabile, soprattutto se si parla di eliminare alcune ATU, come emerge dal documento);

– gli indici edificatori nel tessuto consolidato possono sembrare bassi di per sé, ma sono alti se si va a vedere la capacità insediativa complessiva che generano (assieme al Piano dei Servizi e agli interventi in corso, il 60% del totale). Non dimentichiamoci che come “tessuto urbano consolidato” sono state azzonate anche aree attualmente agricole (controllare per credere) e tutto lo standard inedificato non attuato (circa 10 milioni di mq). In altri Piani regolatori gli indici perequativi per situazioni di questo tipo non hanno superato lo 0,2 mq/mq, e hanno funzionato benissimo (a maggior ragione a Milano, città già densa e comunque – nonostante l’attuale momento – con una domanda immobiliare più vivace)

– la questione dell’indifferenza funzionale si porta dietro in alcuni casi questioni complesse, come quelle delle aree industriali (che fare dei loft abusivi? e delle bonifiche non fatte?) e delle funzioni incompatibili (ad es per emissioni rumorose o inquinanti in prossimità di attività che richiedono protezione – lo so che c’è una normativa di settore, purtroppo non funziona come sa bene chi abita in prossimità di discoteche, bar, autoriparazioni ecc.). Fermo restando che il principio della mixité funzionale è condivisibile, penso sia giusto migliorare le attuali disposizioni, come il documento prevede;

– il Decreto Sviluppo citato è poi evidentemente quello di luglio, che contiene norme ad esempio sulla VAS o le incentivazioni che portano a riesaminare alcune previsioni; se poi adesso c’è bisogno di farne un’altro non mi sembra una “capacità predittiva” della Giunta Pisapia.

Scrive Marco Romano a Guido Martinotti – Caro Guido, una volta ho cercato di capire come fanno a Bruxelles, dove la città vera e propria coincide grosso modo – con qualche vistosa propaggine verso l’esterno – con quella che sarebbe da noi la cerchia dei bastioni, e dove i comuni contermini hanno una dignità e una tradizione accentuata dall’intrico della Vallonia e sottolineata da palazzi municipali clamorosi come quello di St. Gilles.

Mi è sembrato di capire che procedono in sostanza per progetti, quelli che per loro natura esigono un coordinamento, affidati ad agenzie ad hoc esenti da qualsiasi sospetto di filiazione politica, sicché poi i loro suggerimenti risultano ben accetti. I progetti in questione non intaccano la sfera delle autonomie comunali, che restano quelle consolidate dalla tradizione e dalla consuetudine, e neppure hanno la pretesa di prefigurare surrettiziamente un organo di governo sovracomunale che in futuro le possa intaccare.

Chissà se questa non sia una strada percorribile in concreto; forse una base statistica servirebbe soprattutto per individuare volta per volta gli ambiti di interesse di ogni progetto. Ma forse Bruxelles è in se stessa lontana dalla smania di creare nuove istituzioni che ci contraddistingue – in effetti hanno dimostrato persino di poter fare a meno, per due anni cruciali, di un governo – o forse me l’hanno raccontata con qualche ottimismo e sotto il tappeto, a guardare bene, c’è anche lì un poco di polvere.

Scrive Valentino Ballabio a Guido Martinotti – Mi spiace che anche l’autorevole professor Martinotti guardi al futuro delle istituzioni intermedie con una prospettiva scientificamente ineccepibile ma impraticabile sotto il profilo politico – amministrativo (lo Scienziato propone ma poi è il Burocrata che dispone). Con quali poteri cogenti una ipotetica “Provincia metropolitana (…) diventerebbe lo strumento reale per la programmazione a scala metropolitana, che è quello che manca davvero” qualora al di sotto (o al di sopra?) si ritrova un Comune di Milano avente peso politico ed economico esponenzialmente superiore? La Provincia tout court ci ha già provato, con maggioranze di alterno colore ma con esito pressoché nullo. Ed era la Provincia di Milano ante scissione brianzola (a proposito: i confini dei due capoluoghi distano non una giornata a cavallo ma un quarto d’ora di jogging!). Allora o la città di Milano, i cui confini si sono opportunamente ampliati almeno tre o quattro volte nella storia, si estende sino a un’approssimativa area metropolitana, o non se ne fa nulla. Temo infatti che le “geometrie variabili” generino soltanto inutili “tavoli” tra istituzioni invariate mentre la rinuncia a ridefinire i confini (sempre arbitrari ma indispensabili per contenere programmi, bilanci e diritti di cittadinanza) e a distinguere compiti e funzioni (evitando doppioni, sovrapposizioni e rimpalli) trovino purtroppo riscontro nella pigrizia di una classe politica, sinora, “riformista” a vuoto.

Replica Guido Martinotti a Valentino Ballabio – È una opinione di tutto rispetto, che conosco bene e di cui prendo atto. Può darsi che la mia proposta (definire SCIENTIFICAMENTE cioè senza dirette conseguenze amministrative, la nuova unità funzionale sul territorio e INDIPENDENTEMENTE stabilire unità di governo di sue porzioni senza necessariamente usare come mattone le entità esistenti – ricordo che una almeno, la provincia è in via di eliminazione) sia impraticabile. Non mi nascondo le difficoltà. Mi domando però come si possono risolvere le difficoltà di un ulteriore ampliamento dei confini milanesi. Se la posizione è “Allora o la città di Milano, i cui confini si sono opportunamente ampliati almeno tre o quattro volte nella storia, si estende sino a un’approssimativa area metropolitana, o non se ne fa nulla”. La mia previsione è: non se ne farà nulla. Se mi sbaglio correggetemi. Vorrei però ricordare cosa diceva Von Humboldt delle innovazioni, che prima ti dicono che è risibile, poi dicono che non si può fare e poi dicono l’avevamo sempre saputo.

Replica Anna Gerometta a Marco Ponti – Non credo che dalla lettura della mia nota possa desumersi semplicisticamente che le domeniche a piedi … giovino all’ambiente. Anzi è chiaro dal testo che esse, in termini ambientali, non sono una misura che può scaricare la coscienza di quegli amministratori che si astengano, viceversa, dall’adottare misure realmente efficaci. Ciò nonostante l’esposizione individuale all’inquinamento cambia in modo rilevante a seconda della prossimità al traffico e quindi le domeniche senz’auto hanno un loro significato anche ambientale e sanitario. Un recentissimo studio ha verificato che a Milano, rispetto alle aree a circolazione libera, in zona Ecopass e pedonale, i livelli del cosidetto. micidiale black carbon, si riducono rispettivamente del 47 e 62% rispettivamente (Invernizzi, G., et al., Measurement of black carbon concentration as an indicator of air quality benefits of traffic restriction policies within the ecopass zone in Milan, Italy, Atmospheric Environment – 2011).

Se fossimo in una situazione normale, forse, concorderei con il professor Ponti sull’attenta valutazione di costi e benefici, la cui analisi lascio ai suoi studi. Ma non siamo in una situazione normale: abbiamo un tasso di motorizzazione unico in Europa e livelli di inquinamento che competono purtroppo solo con i centri industriali dei paesi dell’ex Europa orientale. Occorre dunque iniziare a vedere la città in modo diverso e le domeniche possono essere uno strumento a quel fine. E mi scuserà il professore se, viceversa, credo davvero sprezzante il pensiero di quei milanesi dabbene che, preoccupandosi di fuggire fuori porta a tutti i costi nei week end, ignorano totalmente la quota di milanesi, non irrilevante in termini numerici a) che non può permettersi l’auto e non ha che da godersi i week end in città, b) pur avendola, non può permettersi spese di divertissement, e può solo sperare di poter, talvolta, godere di una città più vivibile e, se possibile, respirabile.

Ciò detto le domeniche a piedi devono certamente comportare, come già rilevato nell’articolo, sistemi di mobilità alternativa efficace che consentano per esempio di non rinunciare alle visite domenicali ai nonni!

Quanto alla citazione del dibattito con Boitani e Ramella mi astengo dall’accennarvi e al replicare, come già ritenni allora, non reputando interesse dei lettori le repliche sulle repliche delle repliche su dati, in conclusione, poco intelleggibili ai più.

Scrive Annaluisa de’ Sanna Crippa a Jacopo Gardella – Ho letto l’articolo dell’architetto Gardella sulla brughiera sopra il Ticino, che vogliono di nuovo aggredire e deturpare, che condivido in toto. Chiedo: non si potrebbe costituire una associazione o qualcosa di simile per impedire un ennesimo scempio al nostro patrimonio di così rara bellezza naturale solo per arricchire una banda di ladri e malfattori che vivono lucrando su lavori inutili e dannosi, ammantandosi dietro l’etichetta di un partito o di incremento di lavori pubblici che potrebbe moltiplicare la manodopera e apportare benefici al paese? La mia famiglia ed io siamo tutti disposti a sottoscrivere un appello nazionale per contrastare questo indegno attacco a un bene da difendere.

Risponde Jacopo Gardella – Gentile signora de’ Sanna Crippa, La ringrazio per le sue parole di sostegno. la informo che esiste al Centro Parco Ticino (Lonate Pozzolo, Varese) un comitato di persone riunite in difesa della Malpensa, le quali, dirette dall’architetto Dell’Orto, si stanno muovendo con energia per contrastare la costruzione della terza pista. Purtroppo il Comune di Milano non intende appoggiare i nemici della terza, inutile, assurda, nociva pista.



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti