25 ottobre 2011

ARCHITETTURE, MONUMENTI, CENTRI STORICI


Il progetto di un edificio nei centri storici delle città europee, solitamente inteso come demolizione – ricostruzione, pone grossi problemi agli architetti incaricati, poiché non tutte le amministrazioni rispondono in modo univoco. Alcune pensano di essere “onorate” da forme di architettura moderna che si accostano in modo dissonante all’edificato storico che le contorna, altre sono più orientate verso la “continuità” del tessuto edilizio e la “contestualizzazione” dell’intervento.

L’edificio moderno certamente va valutato dopo alcuni anni, e spesso in questi casi, ci si accorge che la “rottura” stilistica ha fallito. L’edificio di Hollein davanti a Santo Stefano a Vienna uno dei primi interventi di “rottura”, oggi è ben povera cosa e non fa onore alla città. Per rifarsi gli occhi basta spostarsi a poche centinaia di metri e ammirare la Loos-haus in Michaeler Platz che ha saputo integrare la modernità attraverso la “continuità” in modo tale da sembrare paradossalmente più recente dell’edificio di Hollein.

Sulla base di questa premessa, nell’articolo apparso sul n.17 anno II di ArcipelagoMilano esprimevo le mie perplessità sul progetto degli architetti Herzog- De Meuron a porta Volta, soprattutto letto attraverso le premesse relative alla “contestualizzazione” dello stesso espresse dai progettisti nella relazione generale. Le tracce che avrebbero dovuto guidare il progetto erano: l’architettura Gotica, la cascina “lineare” del paesaggio agricolo e gli edifici gemellari. Ebbene Milano non è una città “Gotica”, le cascine sono a “corte” e gli edifici gemellari sono prevalentemente a “Torre”.

Le tracce evidenziate nella relazione di Herzog – De Meuron sono travisamenti della realtà del paesaggio architettonico milanese escogitati per giustificare scelte progettuali evidentemente aprioristiche. Tant’è vero che il progetto, definito “intelligente” dalla Commissione per il Paesaggio, sembra abbia dei problemi con la Soprintendenza.

E cosi mentre ero ad Atene, ricordando quando alcuni anni fa l’amministrazione di questa città aveva rifiutato un progetto vincitore del Concorso Internazionale per il Museo dell’Acropoli come “alieno” alla città, incaricando poi l’architetto Tschumi del progetto rispettoso e anche moderno che ora si ritrova con soddisfazione, sono andato vedere un’opera minore (perché poco pubblicizzata) di Botta: l’ampliamento della Banca Nazionale Ellenica. Questo edificio, all’angolo tra le vie Sofokleou ed Eolou dove quest’ultima entra nella monumentale piazza Kotzia, sede della Town Hall e della Banca Nazionale Ellenica, sorprende per la sua integrazione con gli edifici neoclassici che lo circondano e ai quali si collega.

Rispettando i rapporti pieni/vuoti e la simmetria della facciata del neoclassico, utilizzando la pietra tradizionale nelle due versioni liscia e rugosa, rispettando, (come Tschumi nell’entrata del museo dell’Acropoli) tracce di murature dell’antica città che si prolungano dalla via Aeolou fin sotto l’edificio (rendendolo anche un Museo a cielo aperto), richiamando le colonne neoclassiche dell’edificio sulla via Sofokleu, ma stavolta corte e tozze in cemento armato a vista per la nuova costruzione, l’edificio mantiene anche la caratteristica stilistica di Botta nell’uso dei materiali e i particolari della sua architettura, come i tagli orizzontali sugli angoli pieni che legano sorprendentemente con gli spigoli bugnati degli edifici neoclassici. Quindi uno scrupoloso architetto anche inserendo una architettura moderna in un tessuto storico, senza dubbio in ragione di una attenta “contestualizzazione”, riesce a mantenere anche la sua personalità.

Ma evidentemente Milano è una città culturalmente provinciale e allora basta il nome di un’Archistar per avere una garanzia del progetto che poi si accetta senza critica. Questa valutazione riesce sorprendente anche in relazione alla committenza, che in questo caso rappresenta la parte “colta” della città.

 

Gianni Zenoni

 

 

Vista da piazza Kotzia

Vista da via Sofokleu



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