25 ottobre 2011

Scrivono vari 26.10.2011


Scrive Stefano Zuffi a Emilio Vimercati – Concordo completamente con Emilio Vimercati. Pur rimpiangendo il malinconico abbandono di palazzo Citterio, è proprio vero che una soluzione per avere più spazi disponibili per la Pinacoteca di Brera è a portata di mano, appena al di là della strada; e avrebbe il vantaggio di far conoscere un bel palazzo settecentesco. Il punto di svolta della discussione è un piccolo ma importante cambio di mentalità: è più facile trovare spazi “esterni” per la Pinacoteca che per l’Accademia. Personalmente, chiederei di recuperare alla visibilità pubblica (sottraendolo pertanto all’uso didattico: bisogna dunque pensare a una compensazione) il vasto ambiente costituito dai resti gotici della chiesa di Santa Maria di Brera, oggi aula di Scenografia. Credo che l’eventuale disponibilità dei locali di “nobili” di Palazzo Cusani possa essere utilissimo non solo per la Pinacoteca, ma anche per l’Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, che potrebbe “lasciare” la porzione di propria pertinenza all’interno del palazzo di Brera, a vantaggio dell’Accademia.

 

Scrive Valerio Tradardi ad Anna Gerometta – Ho letto l’articolo sulle domeniche senza smog e mi trovo in sintonia, io e mia moglie siamo andati al parco delle cave a piedi dal Lorenteggio e abbiamo provato le sensazioni descritte nell’articolo. Molto è stato detto sul tema, ma il problema smog non lo si risolverà secondo me. Troppi sono gli ostacoli, troppo difficile coordinare tutto, troppo difficile fermare le macchine. Troppe macchine vengono a Milano durante la settimana e troppe in generale si muovono nella pianura padana, perché come sapete anche voi il problema è di questa conca maledetta che mantiene lo smog e del poco vento. Intendiamoci, non voglio fare del disfattismo ma o si fermano le auto e i camion o il problema non si può risolvere.

Capisco che il problema sia enorme e prevede una infinità di provvedimenti che implicano una società diversa da questa, il sistema è rigido e non si può permettere grandi cambiamenti. Comunque ben vengano le domeniche a piedi e le aree pedonali più vaste, ma bisogna essere coscienti che sono provvedimenti estremamente limitati. Come per l’inquinamento dei terreni delle aree dimesse, sapete anche voi che quasi tutte le aree dimesse sono inquinate pesantemente e che per disinquinarle e salvare anche le falde acquifere ci vogliono centinaia di milioni (vedi Calchi – Taeggi con i suoi 160 milioni di costi per rimuovere il terreno dove la falda è stata inquinata). La crisi poi complica di molto il tutto, il governo si sa è grottesco e da sempre difende gli interessi dei palazzinari e degli inquinatori e dei poteri forti, insomma difende il sistema che inquina e distrugge nel suo complesso.

 

Scrive Marco Ponti ad Anna Gerometta – La nota della gentile avvocato. Gerometta sulle domeniche a piedi mi suscita forti perplessità: come si fa a riferirsi a “un grafico dell’ARPA del 2006” per sostenere che le domeniche a piedi giovino all’ambiente, quando i dati complessivi di ARPA parlano certo di un miglioramento, ma risibile: l’1,6%, al limite della precisione dei rilevamenti (il fenomeno è assai complesso e instabile nello spazio e nel tempo)? Poi non basterebbe ricordare le ripetute affermazioni passate (e corrette) degli ambientalisti, quando sostenevano che era un provvedimento inutile? (Si veda anche la risposta articolatissima all’avvocato Gerometta data da Boitani e Ramella sulla Voce.info, o le dichiarazioni del prof. Veronesi sull’irrilevanza relativa del fenomeno inquinamento per la salute).

Ma paradossalmente, questo preoccupa meno del totale disinteresse (che potrebbe sembrare addirittura disprezzo) manifestato dall’autrice per i danni imposti a una quota di milanesi, che vorrebbero andare a trovare degli amici fuori Milano, o andare a fare sport con la famiglia in luoghi poco accessibili coi mezzi pubblici ecc. Un sereno dibattito non ideologico deve sempre non solo mettere in evidenza costi e benefici di una politica, ma confrontarli con politiche alternative. Aggiungo da economista, dovrebbe anche cercare di misurare questi costi e benefici. Invece un atteggiamento iper-ideologico sembra permeare anche l’articolo di oggi (ndr. 24.10.2011) su Repubblica – Milano di Filippo Azimonti.

 

Scrive Luca Carra di Italia Nostra a Marco Romano – Sono d’accordo con Marco Romano. Il centro storico, anche quello piuttosto… spurio di Milano, è uno spazio sacro, che dovrebbe essere calpestato solo dai santi piedi dei pedoni. Sacro non in senso religioso, quanto sotto la specialissima specie di una nuova sacralità laica della memoria, della tutela del buon vivere. Giustissima fu la chiusura del centro storico al traffico privato ottenuta per referendum nel 1986 dalle associazioni Italia Nostra, WWF e Legambiente.

Sono gli stessi principi che a un gruppo piuttosto nutrito di persone fanno ritenere insensato sotto il profilo della tutela ma anche sotto quello dell’urbanistica e della viabilità fare oggi un parcheggio sotterraneo in Sant’Ambrogio: cinque piani sottoterra, a sfasciare il “cimitero dei martiri”, a venti metri dalla notissima e carissima Basilica, con più di 500 posti auto di cui più di 200 a rotazione. Notare che non solo quelli a rotazione ma tutti i posti auto (anche dei residenti) generano traffico. Anche perché è tutto da vedere che, una volta acquistato il posto macchina, il residente non lo vada poi a rivendere o ad affittare a un non residente in centro. Un bel viavai, insomma. Un parcheggio pleonastico, oltre tutto, per la presenza di un’ampia offerta di posti macchina nel vicino parcheggio di via Olona.

Cosa c’è di più “sacro” dello spazio intorno a sant’Ambrogio? Non saprei proprio. E soprattutto: perché coprire la sconcezza del parcheggio con la foglia di fico della semi-pedonalizzazione, come lo stesso Romano ha proposto, e non pedonalizzare anche senza un parcheggio sotto i piedi? Questione di soldi. Senza i privati che si accaparrano l’area e ci guadagnano con un parcheggio niente pedonalizzazione. Questa logica diciamo così albertiniana è ovviamente difficile da scalzare in tempi di crisi, quando si è immaginato di mettere in saldo tutta la città a colpi di project financing. Ma, come ci insegna sempre Marco Romano, i tempi delle città, dei suoi monumenti e delle sue piazze, sono più lunghi delle nostre brevi durate e dei cicli economici. Dalla nuova Giunta, dopo il necessario periodo di assestamento, ci aspettiamo un ripensamento di queste filosofie e di queste scelte. Per questo motivo 800 persone hanno firmato una lettera aperta che nei prossimi giorni verrà consegnata al sindaco. Spero che i lettori di queste righe firmino anche loro, andando al link: http://www.PetitionOnline.com/1z2a3b4w/petition.html



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