13 settembre 2011

CASE ALER: DECENTRARE PER RISANARE


Difficile pensare di compiere l’attesa svolta nell’amministrazione della città senza un cambio di visuale, senza una piccola “rivoluzione copernicana” che ammetta il passaggio da un’azione di governo tutta irradiata dal centro a una di autogoverno costruita nelle periferie. Non si tratta solo di “dare più poteri alle Circoscrizioni” e “favorire la partecipazione” come da formule rituali, bensì di concepire una nuova e netta ripartizione dei compiti e delle responsabilità tra un livello locale, che assimili del tutto le municipalità ai comuni di medie dimensioni, ed un livello sovracomunale metropolitano. Al primo vanno riservate tutte le funzioni di gestione e amministrazione ordinaria, al secondo tutti i poteri di governo strategico, programmazione di medio e lungo termine e alta amministrazione.

La questione non riguarda solo le istituzioni strettamente comunali, ma più in generale gli enti deputati ai principali problemi sociali e territoriali, dalle ASL alla ALER. Prendiamo quest’ultima. Le cronache estive non hanno mancato di segnalare situazioni di grave disagio e degrado, tanto da richiedere interventi di emergenza in numerose case popolari a fronte di pericoli per la salute (invasione topi e altro). Per non parlare della piaga cronica delle occupazioni abusive, spesso legate a fenomeni di microcriminalità, racket, spaccio, ecc.

Proviamo allora ad applicare il criterio esposto in premessa a questo specifico tema. Che senso ha infatti la gestione centralizzata di 63.223 appartamenti ALER più 23.600 comunali da parte di un unico mega-ente? Come è possibile seguire la manutenzione e la cura minuta di quella che praticamente è una città dentro la città senza incorrere in moduli organizzativi e burocratici di stampo pressoché sovietico? E come legare i problemi riguardanti il patrimonio edilizio (dalla conservazione al decoro) a quelli di natura sociale (dalle assegnazioni alla convivenza) ed economica (riscossione di spese ed affitti)?

E come contrastare l’abusivismo, sempre borderline tra necessità e racket manovrato? Su quest’ultimo aspetto mi permetto di ricordare un’esperienza personale. Trovandomi in anni passati sindaco di una città dell’hinterland con forte insediamento di case popolari (allora IACP) provai a contrastare l’endemico fenomeno delle occupazioni abusive con un fatto esemplare, recandomi di persona – accompagnato solo da un vigile e da un fabbro – a sgomberare un appartamento appena occupato, con l’accortezza di gettare i materassi dell’abusivo dalla finestra verso il cortile, alla vista di tutti. Nel linguaggio dell’ambiente la notizia che il Sindaco si fosse impegnato personalmente e materialmente a liberare l’alloggio nonché ad accompagnarvi il legittimo assegnatario è risultata più eloquente di ogni ordinaria misura di burocrazia e polizia, buona a scoraggiare successivi tentativi.

Evidentemente un simile episodio è difficilmente riproducibile nella grande città, se non dentro un diverso modello istituzionale nel quale nuovi Sindaci di nuove Circoscrizioni risultino responsabilizzati in materia di gestione del patrimonio pubblico insieme alle relative problematiche sociali e ambientali, ovvero parte preponderante della condizione delle periferie. Tutto ciò però presuppone lo spostamento del centro di gravità, il passaggio da un sistema “aristotelico” mono-centrico ad uno “galileiano” poli-centrico (“bastava che guardaste nel telescopio!”). Ovvero dall’organizzazione verticale e dicasteriale degli “assessorati” a una orizzontale e territoriale, con esecutivi collegiali e apparati flessibili e fungibili.

Sarebbe dunque possibile, non ostante o forse proprio in forza delle sfide poste dalla crisi presente, avviare una discussione vera sulla ratio dell’ordinamento pubblico, onde evitare che dopo vent’anni di inerzia – in cui la classe politica si è trastullata con la favola della “governance” ed il giochino dei “tavoli” o peggio con l’illusione di un infausto “federalismo”- lo stesso sistema possa venire stravolto per decreto in pieno ferragosto, per altro sotto la voce fuorviante dei “costi della politica”. Forse è compito delle assemblee elettive (Consiglio Comunale e Consigli di Circoscrizione, poiché Sindaco e Giunta saranno inevitabilmente assorbiti da problemi immediati e imminenti) provare a “guardare più in là”, avvalendosi dell’apporto di una società civile informata, consapevole e disponibile a recuperare la dignità ed il valore di una politica oggi purtroppo ridotta a mero “costo da tagliare”.

 

Valentino Ballabio



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