22 luglio 2011

DEBITO PUBBLICO, LEGGE URBANISTICA E FISCO


La peggiore anomalia della nostra legislazione urbanistica è che il plusvalore che viene attribuito alle aree dai cambi di destinazione d’uso previsti dai Piani regolatori sia del privato proprietario dell’area. Diritto sancito dalla costituzione: ma forse nel 1946 la tensione espansiva e urbanizzativa era così irrilevante da non creare problemi. Ma poi malgrado o a causa dei grandi fenomeni urbanizzativi nessuno si è preoccupato di porre mano a una modifica, perché su questi cambi di destinazione hanno guadagnato (qui è il caso di dire speculato) grandi e piccoli, società e….mi si permetta il dubbio, partiti. Nessun governo di destra-centro-sinistra ha mai neanche presentato un disegno di legge o una proposta di modifica della costituzione su questo, neanche quando è passata la Bassanini. Solo la storica proposta Sullo era in questa direzione, e sappiamo com’è andata.

Questa rendita, questo plusvalore che si definiva “di posizione”, è uno scandalo etico, perché è un guadagno senza lavoro, è uno scandalo democratico perché riguarda solo i proprietari di aree ed è stata (forse è ancora) la maggior tentazione di corruzione di amministratori, progettisti e portaborse vari (come si legge quotidianamente). La “perequazione” introdotta da alcune leggi urbanistiche regionali non è affatto un rimedio a questo, perché equipara solo i proprietari di aree edificabili con quelle destinate a sevizi, quindi lascia il plusvalore di cui sopra ai privati solo un po’ più ripartito.

Il vero obiettivo dovrebbe essere che il plusvalore attribuito dagli strumenti urbanistici e quindi dalla pubblica amministrazione ai suoli, sia della pubblica amministrazione che lo ha dato, sgombrando la pianificazione da qualsiasi ingerenza privata, da tentazioni corruttive e riportando il guadagno dei proprietari di aree all’etica del lavoro: tu guadagni, non perché la tua area è diventata edificabile (mentre te ne stavi in poltrona…) ma perché sull’area edificabile lavori e fai lavorare progettisti, imprese, operai, fornitori, ecc, cioè guadagni per l’opera che fai. La vera perequazione erga omnes sarebbe questa, perché le amministrazioni che incasserebbero molto, potrebbero spendere per servizi, manutenzioni, nuove opere a vantaggio di tutti.

Si faccia il conto di che valore avevano i 3 milioni di metri cubi rilasciati a Milano sulle aree dismesse: vogliamo azzardare 1000 milioni (che mi piace di più contare come 2000 miliardi): cosa ci si poteva finanziare? Ma quei 1000 milioni non si sono volatilizzati e sono entrati nelle casse di qualcuno: privato, privatissimo. A me questo come cittadino, architetto, urbanista, disturba molto.

Veniamo ad oggi: nei Piani regolatori degli oltre 8.000 comuni ci sono previsioni per 10 milioni di vani residenziali più spazi per industrie, commercio, alberghi, ecc, cioè oltre 1000 milioni di metri cubi. Diamo un valore medio tra Cortina, Milano, Roma, Muro Lucano e Avetrana di 100 euro a mc? Il plusvalore soggiacente è di 100 miliardi che raddoppia con le altre destinazioni: 200 miliardi non è quattro volte l’importo della finanziaria di pareggio distribuita in più anni?? Il resto andrebbe ad alleggerire il debito pubblico, se per legge si desse alle amministrazioni il plusvalore delle aree edificabili.

Mi rendo conto che è utopia, ma se per una volta ci si occupasse anche del territorio e delle sue leggi e di basilari principi del rapporto tra proprietà e suolo? Forse si penalizzerebbe – per modo di dire – circa 1 milione di proprietari di quei vani edificabili, ma gli altri 59 milioni ne avrebbero un beneficio inestimabile. Non ne vale la pena? È davvero così impopolare? Magnifico illudersi.

Post scriptum. Una piccola applicazione si può fare ai PGT e in particolare a quello di Milano, perché l’incremento di valore può essere mitigato con la legge urbanistica della Lombardia, da un lato con la perequazione dall’altro con l’applicazione di oneri aggiuntivi e la contrattazione comune-proprietà per ogni area di trasformazione. Non risaneremo la finanziaria, ma un po’ almeno le casse del comune.

 

Paolo Favole



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