5 luglio 2011

SPOIL SYSTEM IN COMUNE: IL PROBLEMA DEI DIRIGENTI INTERNI


Secondo una diffusa leggenda metropolitana (messa in giro per altro dallo stesso interessato) uno dei motivi della maggiore efficienza della prima Giunta Albertini rispetto a quella del suo predecessore Formentini sarebbe stata quella del maggiore accordo con i dirigenti comunali già presenti nella struttura. In realtà – come sa chi ha seguito quelle vicende a suo tempo – non è andata esattamente così. Formentini aveva ereditato una macchina squassata dagli arresti di Tangentopoli, e in gran parte vi aveva posto rimedio rinnovando i quadri; molti dirigenti interni ritenevano poi la Lega un fenomeno di passaggio, composta da parvenu senza futuro, ed erano stati quindi meno collaborativi che con forze politiche che mostravano – come poi effettivamente è successo – di poter durare nel tempo.

La questione della collaborazione fra una nuova amministrazione e l’esistente macchina comunale è insomma una faccenda più complessa; e farebbe male la Giunta Pisapia a cercare di ripetere l’esperienza di Albertini affidandosi interamente ai dirigenti interni ereditati. Per cercare di capire meglio la questione, bisogna poi sgombrare il campo da un altro luogo comune: quello dei dirigenti esterni e dei consulenti che sarebbero solo “politici”, strapagati e incompetenti; e quello dei dirigenti interni tutti puri e corretti, selezionati per sola competenza.

La realtà non è così semplice, e come ci sono consulenti esterni tecnicamente validi e senza agganci politici (ma indubbiamente anche quelli incompetenti e protetti politicamente), così ci sono dirigenti interni nominati mediante concorsi perlomeno dubbi, graduatorie incongruamente ampliate, chiamati ai vertici di settori strategici più per una “sintonia” con una politica amministrativa che per reali capacità professionali (gli esempi potrebbero essere tanti, ognuno può scegliere il nome che vuole…).

Ma anche a prescindere da questo fatto, non si può ritenere che la macchina comunale (come spesso si dice) sia appunto una “macchina”, uno strumento impersonale pronto a essere utilizzato per qualunque finalità. C’è anche un inevitabile “fattore umano”, per cui è difficile (ed è giusto che sia così) che chi ha speso energie e passione su un progetto importante (come ad esempio il PGT), condividendone obiettivi, finalità e procedure, sia oggi tranquillamente disponibile a modificare in modo sostanziale e incisivo il medesimo progetto. E non parlo di una volontà precisa di “remare contro”: ma piuttosto di un’inconscia e inevitabile affezione al lavoro già svolto, oltre a una comprensibile sudditanza psicologica nei confronti di chi ti ha assicurato una brillante carriera e magari adesso siede nei banchi dell’opposizione.

Ritengo insomma che la nuova amministrazione, se vuole essere davvero efficiente e portare aria nuova in città, non debba procedere solo al riesame degli incarichi esterni, ma programmare anche un sano rinnovamento e rotazione dei dirigenti interni. Ma soprattutto non affidarsi interamente a essi e saper ascoltare anche le voci di chi, anche all’interno dell’amministrazione, in questi anni non è stato fatto valere.

Quattordici anni di governo del centrodestra non passano invano: sono stati un vero rullo compressore che ha schiacciato e spesso relegato ai margini chi non era funzionale a un certo disegno politico. Sembrerebbe strano affidarsi oggi a chi da quel rullo compressore non solo è stato risparmiato, ma addirittura ha spesso guidato.

Giuseppe Vasta



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