5 luglio 2011

Scrivono vari 06.7.2011


 

Scrive Sergio Murelli a Jacopo Gardella – Quanti ricordi legati a Piazza Mentana! Frequentavo nei primi anno ’60 l’Isituto Tecnico Pietro Verri – con sede in Corso di Porta Romana – e venni destinato alla “dependance” di Piazza Mentana presso il palazzo di “Incoraggiamento Arti e Mestieri” che fungeva da bacino di raccolta delle classi in soprannumero (c’erano i baby boomers). Mi capita molto spesso di passare di li: sbucando dal budello di via Morigi, costeggiando il lussuoso condominio dove abitava (!?) un ben noto avanzo di Tangentopoli con piscina sull’attico, rivedo il vecchio Palazzo ora restaurato e adibito a scuola di moda o roba del genere. Da quelle finestre ci si affacciava negli intervalli delle lezioni e si godeva la vista di una accogliente piazza con poche auto parcheggiate diligentemente negli angoli. Verso la fine degli anni ’60, ormai universitari, ci si trovava la sera – con le mitiche Mini Morris parcheggiate a dovere – a godere del clima aperto e allo stesso tempo appartato che la piazza offriva. Ora è uno dei tanti angoli di Milano (vedi piazza Sant’Alessandro) lasciati al degrado nell’indifferenza delle sciagurate giunte Albertini-Brichetto! Meno rastrelliere, con le biciclette lì ad arrugginire per nove mesi l’anno e a sottrarre spazio ai pedoni, e più aree pedonali. Gentile Avvocato Pisapia: cominciamo da Piazza Mentana!

 

Scrive Letizia Parolari a Jacopo Gardella – Che dolce suono per le mie orecchie l’articolo di Jacopo Gardella su Piazza Mentana letto di prima mattina! Ho apprezzato molto anche tutti i precedenti coi quali si dovrebbe costruire un piccolo livre de chevet. I nostri assessori potrebbero tenerlo sul comodino e immaginarsi così come restituire Milano ai milanesi nella sua accezione più vivibile. Come dice bene Gardella “Non si richiedono grandi opere; né interventi costosi; né sconvolgenti cantieri di lunga durata e di fastidioso ingombro all’interno di spazi pubblici; si richiede soltanto un maggiore impegno, ma soprattutto – ed è ciò che manca ai nostri amministratori – un poco di fantasia.” Io abito in una zona meno centrale, vicino alla stazione di Lambrate, ma soffro in ugual modo per l’assedio della auto.

La lunga via Pacini ha una corsia centrale alberata ridotta a parcheggio scomposto e fangoso. Nel tratto di uscita della fermata Piola della metropolitana (facoltà di architettura e Politecnico!) un misero e grigio tratto di cemento ospita quattro panchine e un contenitore sempre traboccante di fogli unti di pizza, uno dei pochi spazi di sosta e chiacchiera liberi consentito agli studenti e agli abitanti della zona. La vicina aiuola di piazza Piola è circondata da un così intenso traffico che sembra una astronave marziana approdata lì per caso. Solo i proprietari di cani se ne sono accorti. Ho provato a chiedere a qualche abitante del quartiere “non vi piacerebbe avere su quella corsia una lunga striscia di verde, fiori e cespugli, qualche panchina che permetta agli abitanti (molti anziani) di fermarsi a riposare, chiacchierare, rilassarsi? “molte mamme con bambini ne sarebbero contente, ma dicono: mio marito non sarebbe sicuramente d’accordo, dove potrebbe poi posteggiare l’auto?”

A questo ormai siamo ridotti, anche molti di noi che vorrebbero “idealmente” una Milano diversa fanno fatica a pensare che l’automobile non è parte del nostro codice genetico. Ci hanno lentamente, ma scientemente convinto negli anni che senza auto non ci si può muovere e adesso penso che tocchi ai nostri nuovi amministratori (eletti dalla volontà popolare) assumersi il coraggio di chiudere al traffico automobilistico molte zone della nostra città, non solo in centro e riabituare i cittadini ad apprezzare i nostri spazi urbani liberati dalle auto. Ringrazio Gardella per i suoi lucidi e professionali commenti e spero che vengano ripresi e sostenuti dagli abitanti delle zone in questione. Grazie anche ad Arcipelago e al suo direttore per la qualità degli articoli proposti

 

Risponde Jacopo Gardella – Parafrasando, con una punta di autoironia, l’inizio della lettera di Letizia Parolari, dico anch’io: che dolce suono ascoltare parole di condivisione e di sostegno da parte dei lettori; e constatare che il nostro lavoro trova ancora persone capaci di apprezzarlo. Il testo tocca un punto cruciale, non sempre avvertito dai teorici dell’urbanistica: tocca le periferie. E implicitamente sottolinea la loro importanza, all’interno del contesto urbano, e la loro funzionalità non inferiore a quella del centro città. Ma Milano, città geograficamente centripeta, lo è anche mentalmente; e vede tutto in funzione del centro, mai viceversa, mai la periferia come complementare e integrativa del centro.

Il testo tocca un altro punto cruciale, malamente interpretato dai teorici dell’urbanistica: tocca il problema dei posteggi. I residenti devono poter posteggiare; ma non sulle aiuole, sui marciapiedi, tra gli alberi, in mezzo alle panchine. Il problema dei parcheggi è strettamente legato al problema del traffico. Se in futuro il trasporto pubblico funzionerà ai livelli di una vera metropoli europea non vi sarà più bisogno di entrare in auto all’interno della città, e quindi non saranno più necessari parcheggi a rotazione per chi proviene da fuori città.

I parcheggi all’interno della città, sia sotterranei sia in elevazione, devono essere sufficienti ad accogliere le sole auto dei residenti, non le auto provenienti dagli altri centri urbani. Per queste auto saranno predisposti i parcheggi di interscambio, disposti in periferia, dove i viaggiatori lasciano l’auto e prendono la metropolitana, o i bus, o i tram. Un sistema di trasporti pubblici ben funzionante (non è certo quello di adesso) scoraggerebbe anche i residenti dal far uso dell’auto, e quindi a non lasciarle in sosta, ora qui ora là, quando si muovono da casa e vanno nei luoghi di lavoro o di mercato o di ricreazione.

Se poi funzionasse bene anche il trasporto extra-urbano (quello di oggi è ancora carente) anche i non residenti sarebbero scoraggiati a far uso dell’auto, e invitati a muoversi in treno o in corriera fino ad arrivare all’ingresso in città dove trovano, pronti ad attenderli, i trasporti cittadini. Le strade saranno di nuovo libere, i giardini non occupati da auto, i viali non ostruiti da vetture infilate fra un albero e l’altro. L’idea di fare una serie di articoli sulle piazze di Milano è venuta dal Direttore di Arcipelago, Luca Beltrami Gadola. Dopo la lettera incoraggiante di Letizia Parolari continuerò con più entusiasmo a commentare altre interessanti piazze, non sempre da tutti conosciute.

 

Scrive Carlo Besostri a Guido Martinotti

Per avere una classe politica Brisignani-free occorre rendere operante il principio che ” la democrazia è il governo dei poteri visibili” Nelle istituzioni, ma anche nei partiti, che sono indispensabili in una società complessa come strumenti di trasformazione di input provenienti dalla società in output delle istituzioni, sempre che siano una cerniera e non un diaframma. Quindi una legge sui partiti politici come legge di attuazione dell’art.49 Cost. è indispensabile. E’ indispensabile anche regolamentare il processo elettorale preparatorio, con candidature formulate e conosciute con largo anticipo sulla data delle elezioni. Non c’è altro moto per consentire un controllo della pubblica opinione sui candidati e ai candidati meno noti di farsi conoscere senza dispendio di mezzi finanziari. A proposito: per le elezioni comunali non ci sono tetti di spesa per i candidati e non è prevista, come in Francia, l’unico efficace antidoto alla violazione delle norme sulla propaganda: l’annullamento delle elezioni. E poi il delicato capitolo delle nomine. A livello locale c’è possibilità di maggiore trasparenza, se il regolamento prevede forme di pubblicità delle candidature, ma troppe nomine importanti sono sottratte a qualsivoglia trasparenza: non si sa neppure la scadenza entro la quale effettuare la nomina e far pervenire la candidatura. I Bisignani possono quindi prosperare.



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