7 giugno 2011

PARTECIPAZIONE NON È SOLO SPOIL SYSTEM


Nell’enfasi del “vento che cambia” si è data giusta rilevanza al tema partecipazione. Si è sottolineato il ruolo delle donne, dei giovani, del popolo del web, dei comitati, delle liste civiche … Si è fatta anche un’apologia del metodo dell’ascolto, come il “segreto” del successo di Pisapia. E subito si è aperto un dibattito sui criteri che il nuovo sindaco debba adottare nelle scelte per il ponte di comando della giunta e delle aziende a partecipazione comunale. Certo la competenza e la credibilità. Ma poi deve sentire i partiti oppure scegliere dalla società civile?

Mi pare una falsa contrapposizione. Nessuno (né l’associazionismo né i partiti) può garantire che le persone scelte opereranno sempre efficacemente e per il bene comune. Può essere di auspicio il loro curriculum … ma poi il vero controllo viene dall’opinione pubblica e dalle scelte istituzionali e d’indirizzo. Questa è forse una caratteristica della sinistra rispetto alla destra italiana: non c’è “un uomo solo al comando”… c’è sempre una “massa critica” (a volte sin eccessiva!) che accompagna l’operato dei leader.

In questo senso hanno assunto un ruolo speciale persino i comici (forse perché osano, a differenza dei politici…) e in particolare oggi mi pare centrale Crozza (che ha già “battezzato” Veltroni e Bersani e si avvia a seguire da vicino Pisapia…). Mi pare francamente che la sfida ambrosiana del centro- sinistra e della partecipazione sia ben più ampia del sostituire e occupare con nuovo personale i posti di governo. Se la governance rimane egualmente “dirigista” e gli indirizzi condizionati solo dalla rendita economica-finanziaria non si aprirà nessuna nuova fase partecipativa.

D’altra parte, scorrendo il programma del candidato Sindaco alcuni nodi sono individuati nei loro termini generali e chiedono oggi di essere sviluppati in modo coerente, soprattutto precisando le modalità concrete attraverso cui la “partecipazione” della società civile riesce ad accompagnare l’azione dell’amministrazione, così da divenire prassi consolidata e “abitudine” del governare.

Mi limito solo a indicare, in ordine sparso, una prima scaletta dei temi/sfide su cui potrebbe giocarsi una “rivoluzione gentile” milanese (ripromettendomi di seguirli e svilupparli anche da arcipelago uno per uno nei prossimi mesi).

1) Nelle aziende di servizi municipali va introdotta una “doppia governance”, ovvero non deve avere voce solo la proprietà (comune e azionisti) ma anche gli utenti – clienti che, anche aldilà delle pur lodevoli associazioni dei consumatori, devono poter avere un organo di controllo;

2) Sull’urbanistica la partecipazione dev’essere istituzionale e preventiva sui grandi progetti (anche qui non ci devono essere solo gli interessi delle proprietà ma anche quelli dei cittadini);

3) Sul welfare occorre concertazione e sussidiarietà. Nella welfare Community pubblico e privato cooperano sia nella definizione degli obiettivi sia nella loro realizzazione. Al Comune poi certo tocca il compito di fissare regole e procedure di controllo, al tempo stesso favorendo le risposte “dal basso” del privato sociale, del no-profit, dell’autogestione;

4) Sul decentramento occorre una scelta chiara. Gestione più vicina al territorio con deleghe e poteri decentrati. Ascolto e partecipazione permanente che favorisca la sicurezza, l’integrazione, l’educazione civica (a partire dai più piccoli e dalle scuole). Consigli di Zona che non siano “cinghie di trasmissione” della volontà politica comunale, ma luoghi dove si formano responsabilmente autonomie politiche e sociali.

Sono solo quattro titoli ma ci sarebbe materia sufficiente a introdurre veri cambiamenti nella politica italiana e a fare di Milano quel Laboratorio anticipatore di cui si torna a parlare. E’ questo francamente il sogno per cui la Fabbrichetta e Arcipelagomilano si battono da tempo. Molto meno ci interessa il valzer delle poltrone.

Pier Vito Antoniazzi




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