1 giugno 2011

MILANO:EXPO, DERIVATI E SPECULAZIONE


Il concetto è semplice: “Sulla fame non si specula”. Promossa da Acli, Action Aid Italia, Pime, Unimondo e Vita Magazine, è partita una campagna della società civile che vede tra i primi firmatari personalità come lo chef Davide Oldani, don Virginio Colmegna, i comici Giovanni e Giacomo e realtà associative come Coldiretti, Slow Food, Banca Etica e Altromercato. L’obiettivo? Dire che il cibo non è una merce qualunque sulla quale si può scommettere senza farsi scrupoli.

Nella finanza di oggi, infatti, anche un’alluvione o una siccità si possono trasformare in un’opportunità di guadagno, con rendimenti altissimi. Basta investire in titoli derivati scommettendo sul rialzo dei prezzi alimentari, operazione che si effettua ogni giorno alle borse di Chicago, Londra e Milano. Sembrano passate invano la crisi economico-finanziaria del 2008 e la crisi alimentare che, nello stesso anno, ha travolto i Paesi più poveri. Il rischio, evidenziano tra gli altri la Fao e la Commissione europea, è che questi scenari si ripetano, tali e quali.

Dal giugno del 2010 a oggi i prezzi del grano e del mais sono di nuovo raddoppiati, secondo quanto riferito dal Food Prix Index della Fao. Era già successo nel biennio 2007-2008: i prezzi di alcuni cereali lievitarono del doppio e in qualche caso addirittura quadruplicarono. Poi, in meno di sessanta giorni, tornarono ai valori iniziali. A gennaio di quest’anno hanno di nuovo superato i massimi storici. «Alcune stime suggeriscono che negli ultimi mesi circa 44 milioni di persone sono finite in povertà come conseguenza dell’aumento dei prezzi dei beni alimentari che crescono dalla fine del 2010» ha detto Mario Draghi, presidente della Banca D’Italia. «Nonostante l’incertezza circa le radici del fenomeno, l’urgenza di gestire l’insicurezza alimentare e la malnutrizione chiede risposte rapide».

La campagna “Sulla fame non si specula” chiede un intervento regolativo sui mercati finanziari che protegga almeno un bene essenziale come il cibo dalle mire speculative, unendosi a gruppi, associazioni e singole persone che in Europa e negli Stati Uniti si stanno mobilitando per lo stesso motivo. «Il rapporto tra speculazione finanziaria e aumento dei prezzi è complesso» spiega Riccardo Moro, economista e fondatore del Progetto Bridges sulla giustizia economica. «La speculazione interagisce con lo squilibrio tra domanda e offerta creato da altri fattori. Una serie ormai lunga di studi, però, mostra con chiarezza come la speculazione finanziaria operi da moltiplicatore negli effetti di questi squilibri. Leggi di mercato immaginate per rendere efficienti gli scambi tra produttori e consumatori sono falsate dall’entrata in gioco di operatori che non hanno alcun interesse reale ad acquistare o vendere grano, soia o riso, ma mirano solo a ottenere un rendimento finanziario elevato in tempi brevi».

A scatenare la crisi alimentare del 2008 non è stata la carenza di cibo. In quell’anno la produzione mondiale era addirittura aumentata. E anche in questi primi mesi del 2011 è stata pressoché costante. Per spiegare l’impennata dei prezzi occorre guardare altrove. Negli ultimi anni si sono diffusi titoli derivati legati ai prezzi alimentari. “Derivato” significa che il rendimento del titolo è legato all’andamento di un’altra grandezza, in questo caso il prezzo di un particolare cereale. Se il prezzo aumenta, il titolo vale di più. «Esistono lobby internazionali in grado di influenzare i prezzi sulla borsa merci di Chicago, dove si negoziano i prodotti alimentari e i cui valori diventano riferimento per i prezzi in tutto il mondo» afferma Moro. Le stesse lobby che investono in titoli derivati scommettendo sul rialzo dei prezzi alimentari, razionando i prodotti in vendita e suscitando aumenti di prezzo. Alla scadenza dei titoli incassano i guadagni e possono rimettere i prodotti in vendita, determinando rapidi ribassi, come è avvenuto nell’agosto 2008. Una dinamica perversa, che si gioca sulle materie prime, dal cibo al petrolio, e che permette notevoli profitti. Ma chi paga questo gioco sono i tre miliardi di persone che vivono con meno di due dollari al giorno e non possono più permettersi il pane necessario. Inoltre la cifra scandalosa di un miliardo di persone malnutrite resta invariata, in un mondo che potrebbe sfamare 11 miliardi di persone.

A Milano il comitato promotore ha chiesto ai candidati sindaco di sottoscrivere l’appello della campagna e adottare un codice di condotta che impegna il Comune a non investire in fondi speculativi legati al cibo. Un appello a cui ha aderito per primo Giuliano Pisapia, il 3 maggio, seguito da Letizia Moratti il 26 maggio. Da Milano, importante piazza finanziaria dove i titoli legati alle materie prime agricole vengono scambiati ogni giorno e sede dell’Expo 2015 che mette a tema l’alimentazione, arriva un importante segnale etico: il cibo è un bene sul quale non si può speculare. È solo un primo passo. La campagna continuerà ora andando oltre Milano e collegandosi anche a iniziative analoghe in corso in Europa e negli Stati Uniti per chiedere regole che tutelino il diritto al cibo.

 

Emanuela Citterio

 



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