24 maggio 2011

SINISTRA MILANESE: HABEMUS PAPAM?


Tredicimila preferenze sono un’enormità, una sfida, anzi una provocazione. Un guanto sul viso di chi non vuole, o non crede possibile, innovare il Partito Democratico, e anche di chi si nasconde dietro ai “vorrei ma non posso”: come sottrarsi alla valanga di consenso che indica in Stefano Boeri il Leader di un cambiamento urgente e finalmente possibile, il Papa Nero tanto atteso e forse temuto? Il plebiscito democratico ha dato forma antropomorfica al progetto riformatore, affiancando plasticamente alla figura di Pisapia quella di un Boeri forte di un mandato senza equivoci.

Certo, si potrà dire, che il capolista PD è stato risarcito affettivamente del dolore patito alle primarie, o che si è voluto attraverso di lui affermare una generica identità democratica, o che l’apparato del PD l’ha davvero sostenuto, o chissà che diavolo. Tutte cose con un loro peso, ma che non spiegano un diffondersi così rapido nel popolo democratico della fascinazione di una figura che dista le mille miglia da quelle finora proposte dalla sinistra sul mercato della politica milanese, una figura che è sintesi dei caratteri essenziali di una nuova stagione riformatrice ambrosiana..

Ma i tanti voti non sono solo apprezzamento, sono anche fonte di responsabilità. Tanta responsabilità, a tutti i livelli. Se da decenni la piazza milanese non si identificava con una figura riformatrice così forte, l’occasione non va sprecata, né da chi oggi governa il Partito né da Giuliano Pisapia, né dallo stesso Stefano Boeri.

Darà allora prova di responsabilità il gruppo dirigente di un Partito che, dopo aver sbagliato disastrosamente tempi e modi della candidatura di Boeri alle primarie, ha trovato riparo dietro la sua figura? O ha già dimenticato che Stefano Boeri, cui non mancava alcuna valida ragione per abbandonare il campo, ha condotto la nuova battaglia politica in prima fila, intestandosi il Partito Democratico, avendo tutto da perdere e poco da guadagnare, ma alla fine convincendo tutti. Difficilmente si potrà trovare una scelta così felice nell’esito quanto sofferta nella sua gestazione.

E ora, quale sarà il ruolo disegnato dal gruppo dirigente del PD per Boeri? Sarà davvero gruppo dirigente, o nomenklaturina gelosa delle sue piccole prerogative? Ci saranno modo e tempi per rispondere, che ora c’è da battere Moratti, ma la questione è più che sottotraccia e tende nervi già al limite. Del resto, il problema non è principalmente personale, anche se come sempre anche i rapporti tra le persone giocano un loro ruolo.

La questione è politica, assolutamente politica, e s’incardina nel vivo della governance della coalizione. Giuliano Pisapia ha tenuto a bada finora il nodo essenziale che al tempo stesso la costituisce e la condiziona strutturalmente, fondamento di ineliminabile tensione tra la componente maggioritaria riformatrice del PD e quella che, con vetero linguaggio, potremmo chiamare minoritaria massimalista. Il paradosso della vicenda sta in questo, che il candidato sindaco è espressione della proposta politica della seconda e non della prima, ma dovrà il suo sperabile successo principalmente a quest’ultima.

E non si tratterà solo di mediare tra appetiti e personalismi più o meno legittimi o giustificabili, ma tra visioni politiche che avranno direzioni non immediatamente convergenti. Sotto pesare la componente maggioritaria non solo negli organigrammi ma nella proposta politica, sarà premessa certa di difficoltà di governo e allontanamento dal sentire prevalente della città. Né pare un buon segno l’aver presentato le linee guida del suo governo cittadino senza averlo condiviso minimamente con Boeri.

In tutto questo, PD e Giuliano Pisapia comprenderanno la necessità del ruolo politico centrale di Boeri nel governo della città? Saranno all’altezza della responsabilità che, anche su di loro, è stata caricata dal plebiscito democratico del 16 maggio? O, dopo aver incassato la plusvalenza del suo contributo, faranno spallucce, disattendendo un pronunciamento politico popolare tanto ampio e chiaro? Ma, infine, come si pone lo stesso Boeri di fronte al carico di responsabilità che il popolo democratico gli ha gettato addosso come una immane soma?

Di responsabilità ci si angoscia, se ne viene schiacciati o terrorizzati, e, se anche vi fu un solo gran rifiuto, certo la millenaria storia vaticana è fitta di “non nobis, domine”. Se la sente allora Boeri? E a quale compito pensa: entrare in giunta, se verrà, se gli verrà proposto e come, condividendo con Pisapia l’onere di un ticket al tempo stesso necessario e delicatissimo? Oppure, prendere su di sé il compito di un ampio rinnovamento di un Partito Democratico milanese che lo ha incoronato Papa Nero?

Sono grandi responsabilità, compiti possibili solo a patto di un grande sforzo prolungato, esercitabile da una persona a cui non dovranno mancare né amplissimo sostegno né visione né coraggio né soprattutto grande tenacia. Questa persona è Stefano Boeri? Noi lo speriamo, la risposta dipende in gran parte da lui, ma non solo. Habemus Papam?

 

Giuseppe Ucciero



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