17 maggio 2011

ELEZIONI. IL “RITORNO” DEI MILANESI


La vera sorpresa della vittoria di Giuliano Pisapia non è soltanto la vittoria stessa ma sono stati i milanesi, i vecchi milanesi, quelli che son qui da qualche generazione, i meno recenti e i nuovissimi: non solo hanno dato la vittoria a Giuliano Pisapia, ma l’hanno accolta con ovvia gioia e anche con generosità. La gioia è stata grande. Vedere la gente che si abbracciava in Corso Buenos Aires davanti al teatro Puccini gremito, ai vecchi milanesi ricordava la Liberazione e la fine della guerra.

Ma un’altra cosa va sottolineata: quella parte della città che ha vinto guardava l’altra, quella che ha perso, senza spirito di rivalsa, senza animosità dimenticando, forse persino troppo presto, quello che di lei ha detto in passato e ha continuato a dire e forse dirà ancora Berlusconi : passando da “coglioni” ad “antropologicamente diversi”. Questo desiderio di una parte della città di farla finita con la politica incivile per ritrovare la civiltà della politica lo si respirava sia in Corso Buenos Aires che nella sala stampa del Comune dove le facce allegre si mescolavano a quelle incupite. Forse stiamo per tornare a parlare di avversari e non di nemici. E, lasciando da parte tutte le altre analisi post stupore per la vittoria di Pisapia, proprio in questo spirito che ha informato la sua campagna elettorale – l’ansia della gentilezza – io penso risieda una parte non piccola del suo successo.

Altrettanto va riconosciuto a Stefano Boeri che, rapidamente lasciate da parte le amarezze delle primarie, ha dato anche l’anima per una vittoria della sinistra: le sue 12.800 preferenze lo collocano al primo posto tra i “preferiti” milanesi. Berlusconi non conta e, a parte la millanteria di qualche giorno fa di “pretendere” dalla “sua” Milano 53.000 preferenze, la sua candidatura milanese è un vecchio trucco che suona ad insulto di un Consiglio comunale al quale ci si candida sapendo che mai lo si frequenterà. Ma non dobbiamo dimenticare che questa “gentilezza” di Pisapia si è sempre coniugata con una grande attenzione alla gente alla quale si stava chiedendo non solo il voto ma anche idee e dunque la differenza tra Pisapia e Moratti è stata nell’ultimo gesto possibile: la scelta del luogo dove auspicabilmente “festeggiare” la propria vittoria o guardarsi in faccia dopo la sconfitta. Pisapia ha scelto un teatro “popolare” in una via “popolare”, la Moratti il Centro congressi della Fondazione Cariplo: ognuno ha pensato al proprio elettorato di riferimento.

Ora dunque ci aspetta la parte più dura della battaglia. Il ministro Gelmini, maestrina spietata e rigorosa, col suo visino blandamente cinese dietro gli occhialini, ci ha soavemente annunciato che le prossime settimane, abbandonati i temi nazionali ad personam, saremo puntualmente informati dell’instancabile attività del nostro sindaco uscente che non ci chiede altro che di poter “continuare”nella sua instancabile attività. Noi, da quei generosi milanesi che siamo, cont el coeur in man, vorremmo che si riposasse. Ci dia retta, è meglio per tutti.

Luca Beltrami Gadola



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