17 maggio 2011

musica


 

ANCORA SULLA MUSICA “SACRA”

 

Mi scrive Raffaele Valletta «A proposito dell’articolo “Musica religiosa?” (Arcipelagomilano del 27 aprile scorso) volevo insinuare alcuni dubbi che mi pare siano in parte già percepiti nel punto interrogativo del titolo. Guardando la mia discoteca, mi sono accorto di aver separato e classificato una serie di dischi sotto l’etichetta di “Musica Sacra”, che dovrebbe coincidere con “Musica religiosa” ma, forse, non proprio … Nella “Musica religiosa (sacra)” è sicuramente compresa la musica canonica scritta e pensata al servizio delle funzioni religiose di una certa dottrina ecclesiale. Si tratta sicuramente di “musica a programma”… Proporrei di sostituire all’aggettivo “religioso” il termine (e significato) di “spirituale” e quindi, nel nostro caso, di “Musica dello Spirito».

Effettivamente Musica Sacra è più appropriato di Musica Religiosa, e infatti questa è la definizione più usuale. Ma la distinzione è più profonda di quanto possa apparire a prima vista perché se religioso attiene alla religione – e quindi facilmente a una determinata religione (come si sente, ad esempio, la differenza fra il luteranesimo della musica di Bach e il cattolicesimo di quella di Händel!) – il sacro attiene a un atteggiamento filosofico e culturale di carattere universale.

Continua Valletta «Chi entra in qualsiasi momento in una discoteca viene travolto (e sconvolto) dai bassi dell’impianto di amplificazione della musica rock, che vanno in simpatia con il diaframma del corpo umano. Tutti i corpi dei presenti vengono rapiti in perfetta sincronia e all’unisono sussultano. La musica (perché, ci piaccia o no, si tratta di musica) non agisce né viene percepita attraverso la sfera cerebrale, ma attraverso più elementari fattori di percezione fisica. E questo non è un fenomeno solo dei nostri giorni. Pensiamo ai primordi della musica tribale nata come ritmo di percussioni e poi alla musica della danza e del ballo, al valzer e al tango. Abbiamo sicuri capolavori, dal “Valzer dei fiori” di Tschaikowsky al “Bolero” di Ravel, fino alla musica di Piazzolla. Sono ritmi irresistibili, trascinanti, travolgenti. La “Musica dello Spirito” è un’altra cosa».

E qui Valletta ha ancora ragione, non si tratta dunque di musica “religiosa” – e forse neppure “sacra” – ma piuttosto di musica “spirituale” se vogliamo intendere che parla più all’anima che alla pancia delle persone, e alle anime più inclini alla psiche che alla techne come direbbe Umberto Galimberti (“Psiche e techne, l’uomo nell’età della tecnica“, Feltrinelli, 2004). E ha ragione anche quando aggiunge: «Prendiamo a esempio una musica sublime come lo Stabat Mater di Pergolesi (per quello di Rossini ho meno dubbi). Per me non si tratta di musica “spirituale”, così come nulla di religioso ha “Il lamento” di Jacopone da Todi che l’ha ispirato: è l’espressione di uno strazio profondissimo di una madre per la morte del figlio, un dolore umano terribile, materiale, che attanaglia fisicamente dalle viscere, il dolore per una morte innocente, che non può trovare attenuanti neppure nell’idea consolatoria del sacrificio per la salvezza dell’umanità».

E dice ancora «Pensiamo a Mozart, spirito sprezzante, amante della vita e sicuramente non bigotto. Il suo Requiem è una scenografica, teatrale messa in scena, coinvolgente e musicalmente strepitosa, ma forse di religioso ha ben poco. O meglio molto meno di alcune arie del Flauto Magico o della Musica funebre Massonica (per definizione “atea”) dove tocca livelli estremi di abbandono dello spirito di fronte al mistero della vita e della morte. Mozart, sostanzialmente ateo o quantomeno agnostico (pur non dichiarato, in un paese dove l’illuminismo veniva giudicato con estremo sospetto), aveva una sensibilità spirituale immensa ed era capace di esprimerla, forse anche contro la sua volontà».

Concordo pienamente, sia sulla laicità della musica “sacra” di Mozart, che considero addirittura spesso “dissacrante”, sia sul giudizio che Valletta esprime a proposito di Vivaldi «costretto dalla committenza a produrre … una infinità di musica canonica, ma di fatto crea vere e proprie stagioni concertistiche (anche se eseguite in chiesa) a uso della aristocrazia veneziana. Poi ascolto il largo e l’allegro dal concerto in si minore op.3 n.6 … e sembra rappresentare la storia di un’anima persa, disperata, impaurita, abbandonata dal corpo, che cerca e ritrova una pace eterna accolta nella luce illuminante e gioiosa della multitudine dei suoni del concerto grosso».

Tutto bene ma ecco che, arrivati a Bach, sono meno d’accordo con lui quando aggiunge «E’ sicuramente vero che Bach fosse insofferente nei confronti della committenza ecclesiastica che lo costringeva alla produzione di “musica sacra” (anche se possiamo essere ben grati a quella committenza!). Ma da qui a dire che il Kantor non fosse religioso e che la musica da lui prodotta non si possa considerare tale … ritengo sia fuorviante. Bach è immerso e impregnato nella cultura della società del suo tempo … e il suo genio immenso traduce l’essere esistenziale nell’opera che ne esprime lo spirito; e questo “spirito” lo percepiamo soprattutto nella musica per tastiera come le Goldberg, il Clavicembalo ben temperato, l’Arte della Fuga, le “Suites” per violoncello». Appunto, è proprio nella musica “non sacra” che si manifesta il Bach più “spirituale”, quello che raggiunge le vette più alte di astrazione e di spiritualità, ben più che nelle Passioni e nelle Cantate le quali – benché straordinarie – appartengono alla tipologia musicale corrente di quell’epoca che precede i Lumi, e sono ancora intrisa di luoghi comuni.

Valletta cita anche Paolo Fenoglio (dal “Linguaggio e misticismo nel mondo organistico di Bach“) “Si giunge così al punto cruciale della questione: in Bach non esiste un divenire spazio temporale, perche non esiste la pulsione divergente fra contenuto e forma … bensì una pulsione convergente, unilaterale, concentrica. L’assenza di emotività immediata nella musica per tastiera di Bach è determinata dalla sostanziale immobilità del contenuto: manca il senso di caducità della vita, manca l’idea di un assoluto irraggiungibile, tutto è perfettamente presente e disposto nell'”esprit de geometrie” che domina ovunque. Si può parlare di onnipotenza dell’Essere, di completa rivelazione dell’equilibrio divino, affermazioni che sembrano essere comprovate dalla persistente densità della pagina bachiana: non vi sono, come noto, spazi vuoti, le stesse pause sembrano “piene” e suonano, il congegno è infinitesimale. Siamo in tal modo pervenuti a un’arte che non produce un divenire spirituale, ma una stasi. Da qui ha l’origine la sua caratteristica teocentrica…

Siamo finalmente arrivati al dunque. Bach, l’autore supremo di musica sacra, esprime la massima spiritualità non nelle opere dichiaratamente religiose ma in quelle “per tastiera” e cioè nelle Toccate, nelle Fughe, nei Concerti, e cioè nelle musiche scritte per il diletto dei suoi committenti o desiderati tali, soprattutto per il piacere del proprio intelletto, senza altro materiale che non quello materico delle note, utilizzando – e reinventando – rigorosamente le complesse regole dell’armonia e del contrappunto. Lo stesso Valletta dice «L’idea (spirituale) si traduce in suono; si realizza ciò che oggi appare inconcepibile, ma è il razionalismo metafisico di Spinoza e di Leibniz» e cita ancora Fenoglio «L’idea primaria che alimentava questa fede razionale – si ricordi “l’amor Dei intellectualis” di Spinoza – era necessariamente di carattere metafisico: il mondo non era che un riflesso dell’ordine cosmico, ogni sfumatura qualitativa si riduceva in una precisa dimensione geometrica oggettiva».

Allora posso forse ripetere la mia conclusione: “La musica è solo musica, fatta esclusivamente di suoni, ritmi, timbri, accenti, coloriture, ed è bello goderla in libertà, senza condizionamenti o suggestioni, o interpretazioni estranee alla sua intrinseca essenza”.

 

 

Musica per una settimana

 * giovedì 19, venerdì 20 e domenica 22, all’Auditorium, l’orchestra Verdi diretta da Christian Zacharias eseguirà il Concerto in si bemolle maggiore K. 595 di Mozart per pianoforte e orchestra – al pianoforte lo stesso direttore – e la terza Sinfonia di Bruckner in re minore

* giovedì 19 e sabato 21, al teatro Dal Verme, l’orchestra dei Pomeriggi Musicali diretta da Trisdee Na Patalung eseguirà la Serenata op. 20 di Elgar, il Concerto per violino, violoncello e orchestra op. 102 di Brahms (con il duo Mari Samuelsen e Hakon Samuelsen) e la Sinfonia n. 103 di Haydn
* domenica 22, ore 10.30 alla Palazzina Liberty, il Quintetto Liberty (Carlo De Martini, Laura Cavazzuti, Alice Bisanti e Claudia Poz, con Francesco Biraghi alla chitarra) esegue due Quintetti di Boccherini (il terzo e il settimo) e uno di Schnabel

* domenica 22, ore 11 all’Auditorium, per il ciclo dedicato a Nino Rota “la leggerezza dell’ascolto”, Sonata per orchestra da camera, Concerto per corno e orchestra di Mozart completato dallo stesso Rota, Fantasia sopra 12 note del Don Giovanni, e Suite dal film Romeo e Giulietta: Sandro Ceccarelli corno e Simone Pedroni al pianoforte

* lunedì 23, al Conservatorio per le Serate Musicali, concerto della pianista Sofia Gulyak con un programma non ancora definito

* martedì 24, ancora al Conservatorio, la Società del Quartetto conclude la sua stagione con un concerto di Andràs Schiff che – con la moglie Yuuko Shiokawa e il Quartetto Panocha – eseguirà tre Quintetti di Dvorak, due per pianoforte e archi (opere 5 e 81) e uno per soli archi (opera 97)

* martedì 24, nell’Aula Magna dell’Università Statale in via Festa del Perdono alle ore 21, i Cameristi dell’Orchestra dell’Università eseguono il Quartetto per archi di Nino Rota, il Klavierquartettsatz di Mahler e il Quintetto con pianoforte opera 57 di Šostakovi?

* mercoledì 25, sempre al Conservatorio ma per la Società dei Concerti, il pianista Grigory Sokolov esegue musiche di Johann Sebastian Bach (il Concerto nach Italienischen Gusto BWV 971 e l’Ouverture nach Französischer Art BWV831) e di Robert Schumann (Humoreske in si bemolle maggiore, op.20, e Scherzo, Gigue, Romanza e Fughetta op.32)

 

questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org

 



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