17 maggio 2011

cinema


 

A QUALCUNO PIACE CALDO

di Billy Wilder [Some Like It Hot, USA, 1959, 120′]

con: Marilyn Monroe, Jack Lemmon, Tony Curtis

«Nessuno è perfetto». Con questa indimenticabile battuta di Osgood (Joe E. Brown) a Jerry/Daphne (Jack Lemmon) si chiude A qualcuno piace caldo [Some Like It Hot, USA, 1959, 120′] di Billy Wilder. Tre parole spiazzanti rimaste nell’immaginario popolare, coronamento di un film sempre contemporaneo, tra le perle della storia del cinema. La sceneggiatura di Wilder e I. A. L. Diamond fa iniziare la storia a Chicago, negli anni ’20, in pieno proibizionismo; l’atmosfera richiama i film noir degli anni ’40: sparatorie, marciapiedi bagnati e gangster inseguiti da poliziotti. Giusto il tempo di rendere involontari testimoni Jerry e Joe (Tony Curtis) – due musicisti – della storica strage di San Valentino, avvenuta realmente il 14 febbraio del 1929, quando gli uomini di Al Capone uccidono sei banditi di una famiglia concorrente.

Da qui in poi, Wilder ci tira fuori dal gangster-movie per portarci in una commedia brillante. Jerry e Joe, per sfuggire dagli uomini di Al Capone, si travestono da donna mischiandosi all’interno di un’orchestra femminile dove canta anche la sensuale Sugar (Marilyn Monroe). I due protagonisti si mascherano, Wilder no: con eccezionale semplicità ripropone i canoni classici della comicità (l’inseguimento, la maschera…). Il tutto giocato su tempi e ritmi perfetti, capaci di trasformare la sceneggiatura in una commedia – a distanza di oltre cinquant’anni – a cui la banalità comica di alcuni film moderni dovrebbe togliersi il cappello.

Come se tutto ciò non bastasse, il regista si affida a Jack Lemmon, Tony Curtis e Marilyn Monroe. Un tridente inestimabile su cui sarebbe stupido – e irrispettoso – cercare aggettivi degni di descriverlo. Irresistibili alcune gag e botta-e-risposta tra i tre, specie quando Jerry e Joe, innamorati di Sugar, si trattengono dal rivelarsi uomini per evitare di rovinare la loro “copertura”. Oppure, quando Sugar in modo innocente si presenta come «un po’ stupida, credo».

Rimane nella memoria (e nella storia) l’interpretazione che Sugar fa nel film di I Wanna Be Loved
by You [Herbert Stothart, Harry Ruby, 1928], composta in origine per il musical Good Boy, ma principalmente conosciuta grazie a Marilyn.

Mi ripeto, non è semplice trovare le parole per descrivere le emozioni che Wilder riesce a trasmettere attraverso il grande schermo. Penso a La fiamma del peccato [1944], Viale del tramonto [1950], L’asso nella manica [1951], Sabrina [1954], L’appartamento [1960], e potrei andare avanti a elencare film fino ad arrivare al 1981 con l’ultimo Buddy Buddy. E, pensando a questi film, la tentazione di contraddire Osgood sono tante: forse, qualcuno è perfetto!

Paolo Schipani

In sala: Legend Film Festival – Cinema Odeon – 19 maggio 2011

 

MACHETE

di Robert Rodríguez ed Ethan Maniquis [USA, 2010, 105′]

 con Danny Trejo, Robert De Niro, Jessica Alba, Steven Seagal, Michelle Rodriguez.

Vendetta. Non poteva che essere questo il sentimento alla base di Machete, l’ultimo film di Robert Rodriguez, discepolo prediletto di Quentin Tarantino. La storia di Machete (Danny Trejo), ex federale messicano fuggito negli Stati Uniti, ricorda molto quella di Beatrix Kiddo, eroina di Kill Bill. Accomunati dalla brutale e sanguinosa perdita delle persone più care e da una sopravvivenza miracolosa non troveranno pace finché non riusciranno a trafiggere ogni persona che si frapponga alla loro sete di rivalsa.

Il senatore McLoughlin (Robert De Niro) è il bersaglio dell’attentato per cui viene erroneamente assoldato Machete. Il politico ha scelto il razzismo e la ri-americanizzazione del Texas come capisaldi della propria campagna elettorale per la rielezione. Quindi nulla di meglio di un immigrato messicano per insinuare odio e paura nella popolazione locale. Visto il culto di Rodriguez per i B-Movie italiani, chissà se ogni riferimento a partiti nostrani dall’abbigliamento “verde” sia puramente casuale.

Violento, crudo, sanguinario, Machete non scende a compromessi nel proprio personale percorso di giustizia. Rodriguez, da fedele seguace del tarantinismo, ci offre azione e ritmo tambureggianti. Il ricorso alle armi da fuoco è esiguo e l’arma prediletta, che ha fornito il soprannome al protagonista, ci lascia presupporre che nulla verrà lasciato alla nostra immaginazione.

Il cast per un film di questo genere è eccezionale. Steven Seagal e Don Johnson sono stati riportati, dopo un lungo letargo, al loro ambiente naturale mentre Danny Trejo, al primo ruolo da protagonista a 66 anni, è una scoperta più che sorprendente. L’incontro con Machete quindi, sia in sala che nella pellicola, non può lasciare indifferenti: lo si ama o lo si vorrebbe eliminare.

 

Marco Santarpia

In sala a Milano: Colosseo, The Space Milano, UCI Cinemas Certosa, UCI Cinemas Bicocca.

 

questa rubrica è a cura di Paolo Schipani e Marco Santarpia

rubriche@arcipelagomilano.org

 

 



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