3 maggio 2011

FISCO COMUNALE . UNA NOVITÀ: PAGARE MENO PAGARE TUTTI


Il principio di equità fiscale è per il nostro Paese un valore, in quanto superando l’esclusivo aspetto monetario è pervasa e guidata dalla solidarietà e sussidiarietà, facendo acquisire a ogni cittadino una dimensione di appartenenza a una comunità. Infatti, l’articolo 53 della nostra Carta Costituzionale detta: “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività“. In parole povere il fisco dovrebbe essere visto come “una cassa comune” alla quale contribuire secondo le diverse possibilità e dalla quale attingere per i bisogni di tutti e di ciascuno, in una logica di reciprocità e di solidarietà.

Le imposte, dunque, sono lo strumento che permette di far funzionare le nostre istituzioni e di garantire ai cittadini quei servizi e quelle prestazioni che rafforzano la coesione sociale, lo sviluppo, il godimento dei diritti fondamentali anche da parte delle categorie disagiate. Il principio di equità verticale che si evince dall’art. 53 della Costituzione indica che l’imposta deve crescere col crescere del reddito, per cui a parità di reddito nominale deve pagare un’imposta inferiore chi è gravato da oneri che ne riducono la capacità contributiva.

La forte crescita dell’intervento pubblico nelle politiche sociali negli anni ’80 e ’90 ha assunto la caratteristica dell’universalità dei destinatari (per dare a tutti i cittadini la possibilità di accedere ai servizi sociali evitando vuoti di protezione) e di selettività rispetto ad alcune prestazioni (per assumere la dimensione di equità nell’accesso e nella contribuzione alle prestazioni sociali erogate) a fronte di una domanda in espansione. Con l’accordo tra governo e parti sociali del 1997/98 si definì “l’indicatore della situazione economica equivalente”, l’ISEE, una sorta di misuratore che mette in relazione non soltanto i redditi, ma anche i patrimoni mobiliari e immobiliari del richiedente e che assume l’intero nucleo familiare come riferimento.

Nella formula ISEE (reddito familiare + patrimonio familiare: coefficienti) la componente più importante sono i coefficienti della scala di equivalenza che cerca di misurare le condizioni sociali del nucleo, variando a seconda del numero dei componenti e le diverse situazioni in esso presenti (portatori di handicap, famiglie monoreddito e monogenitoriali, disoccupati, ecc.). L’attuale parametro a livello nazionale è: 1 per il dichiarante, + 0,57 per il 2° componente la famiglia, + 0,47 per il 3° componente, + 0,42 per il 4° componente, + 0,39 per il 5° componente, + 0,35 per gli ulteriori componenti, + 0,50 per i portatori di handicap, ecc …

Dopo oltre dodici anni di applicazione dell’ISEE per regolare, specialmente a livello comunale e regionale, le prestazioni economiche/sociali nel settore dell’istruzione, dell’Università, dell’abitazione, dei servizi sanitari e del sistema tariffario dei servizi di pubblica utilità, oggi occorre perfezionare questo “strumento” specialmente di fronte all’attuale crisi economica che ha creato fortissime diseguaglianze.

Ai nostri futuri governanti ambrosiani lancio il forte invito non solo di incrementare gli attuali parametri dell’ISEE, ma anche di allargare questo strumento di equità alla compartecipazione di ogni servizio sociale. Un’importante esperienza viene dal Comune di Parma che con il suo “Quoziente Parma” porta a 0,60 il parametro per il 3° componente, a 0,70 quello per il 4° componente, a 0,80 per il 5° componente e oltre, a 0,85 per i disabili, ecc. dimostrando di fatto, che nonostante le ristrettezze economiche, si possono realizzare con oculatezza e buona volontà importanti innovazioni. Altro suggerimento che mi permetto di proporre nell’utilizzo dell’ISEE relativamente alle tariffe a scaglioni o a fasce (vedi per esempio nelle mense scolastiche), è di applicare al loro interno il metodo proporzionale come per l’IRPEF, onde evitare che possessori di diversi ISEE paghino la stessa tariffa nell’ambito della stessa fascia.

Questi nostri ragionamenti, nell’attuale società dei “furbi”, sembrano utopistici se non ingenui, ma una recente indagine dell’associazione “Nuovo Welfare” dimostra che: – la maggioranza degli Italiani crede nel patto sociale e ritiene che la leva fiscale sia essenziale per garantire servizi e diritti; – giudica la quota versata del proprio reddito una forma di “assicurazione pubblica; – ritiene che vadano aumentare le risorse destinate alle politiche sociali; – preferisce pagare più tasse e avere più servizi piuttosto che pagare meno imposte.

Da ultimo formulo un caldo invito ai nostri politici impegnati a tutti i livelli di responsabilità della cosa pubblica, di impegnarsi concretamente nell’attuazione del valore dell’equità, evitando per esempio tutte le tasse lineari, uniche, uguali per tutti (ad esempio le addizionali, le cedolari secche, ecc.) in quanto altamente inique perché avvantaggiano i possessori di redditi alti a scapito di quelli più bassi e così anche per i tagli amministrativi lineari senza alcuna selezione.

Giovanni Agnesi



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