3 maggio 2011

musica


 

Paolo Viola è all’estero, questa settimana ci propone la lettura di un testo che ha segnato la storia della musica.

 

IL BELLO MUSICALE

L’estetica del sentimento
(…) Fino a oggi il modo in cui è stata considerata l’estetica musicale si è basato su un grosso equivoco: cioè essa non cerca di conoscere cosa sia il bello nella musica, ma fa una descrizione dei sentimenti che questa suscita in noi. Queste ricerche corrispondono in tutto al punto di vista di quegli antichi sistemi estetici che consideravano il bello solo in relazione alle sensazioni che esso risveglia e che, come è noto, tenevano a battesimo anche la filosofia del bello, figlia della sensazione.

L’applicazione di queste estetiche, in sé e per sé non filosofiche, alla più eterea delle arti le attribuisce senza dubbio un qualcosa di sentimentale che, se rallegra le anime belle, offre pochi chiarimenti a colui che desidera apprendere. Chi cerca di sapere qualcosa sull’essenza della musica desidera uscire dall’oscuro dominio del sentimento e non esservi continuamente rimandato, come accade con la maggior parte dei manuali.

L’impulso verso una conoscenza il più possibile oggettiva delle cose, che nella nostra epoca muove tutti i campi del sapere, deve toccare necessariamente anche l’indagine sul bello. Questa potrà seguirlo soltanto se abbandona un metodo che parte dal sentimento soggettivo per ritornare di nuovo al sentimento, dopo una poetica passeggiata lungo tutta la periferia dell’oggetto. Se non vuol divenire affatto illusoria, l’indagine sul bello dovrà avvicinarsi al metodo delle scienze naturali quel tanto da provare a cogliere le cose stesse in carne ed ossa e di ricercare che cosa vi sia in esse di permanente e oggettivo, prescindendo dalle mille diverse e mutevoli impressioni.

A tale riguardo la poesia e le arti figurative sono in uno stadio più avanzato della musica per quanto riguarda la ricerca e la fondazione estetica. Innanzitutto la maggior parte degli studiosi di tali discipline ha oramai abbandonato l’illusione che l’estetica di una determinata arte possa essere ricavata attraverso una mera applicazione del concetto generale metafisico della bellezza (che produce in ogni arte una serie ulteriore di differenziazioni). La servile dipendenza delle estetiche speciali dal supremo principio metafisico di un’estetica generale sta venendo sempre meno di fronte alla persuasione che ogni arte vuol essere conosciuta nelle sue proprie particolarità tecniche e compresa in se stessa. Il “sistema” sta poco a poco cedendo il posto alla “ricerca”, e questa risponde al principio che le leggi della bellezza in ogni arte sono inseparabili dalle caratteristiche particolari del suo materiale e della sua tecnica.

Inoltre sia l’estetica letteraria che quella delle arti figurative, così come la loro applicazione pratica, ovvero la critica d’arte, stabiliscono la regola che nelle ricerche estetiche la prima cosa da prendere in esame è l’oggetto bello e non il soggetto senziente.

Solo la musica sembra non poter ancora raggiungere questo punto di vista oggettivo. Essa separa rigorosamente le sue regolo teorico-grammaticali dalle ricerche estetiche e ama mantenere le prime quanto più possibile aridamente intellettuali, le seconde lirico-sentimentali.

Finora l’estetica musicale ha ritenuto che porsi di fronte al suo contenuto in maniera chiara e netta come a un bello in sé proprio risultasse uno sforzo proibitivo. E invece il vecchio spettro delle “sensazioni” continua a imperversare anche in pieno giorno. Il bello musicale continua a essere considerato solo dal lato dell’impressione soggettiva che esso produce, e in libri, critiche e discorsi si conferma quotidianamente che le affezioni sono l’unico fondamento estetico della musica e che esse sole hanno il diritto di fissare i limiti del giudizio su quest’arte.

Si dice che la musica non può essere in relazione con l’intelligenza attraverso concetti, come fa la poesia, e nemmeno con l’occhio mediante forme visibili, come fanno le arti figurative; il suo compito, quindi, è quello di dover agire sui sentimenti dell’uomo. “La musica ha a che fare con i sentimenti”. Questo “avere a che fare” è una delle espressioni caratteristiche dell’attuale estetica musicale. In che cosa consista il rapporto della musica con i sentimenti, il rapporto di determinati pezzi musicali con determinati sentimenti, secondo quali leggi di natura agisca, secondo quali leggi dell’arte sia da configurarsi: ebbene coloro appunto che vi avevano “a che fare” hanno lasciato questi problemi completamente all’oscuro. Soltanto dopo aver abituato un po’ l’occhio a questa oscurità si scopre che nell’attuale visione musicale dominante i sentimenti giocano un ruolo ambiguo.

In primo luogo si stabilisce come scopo e destinazione della musica il dover suscitare sentimenti o “bei sentimenti”. In secondo luogo si designano i sentimenti come il contenuto che la musica esibisce nelle sue opere.

Le due affermazioni hanno questo in comune: sia l’una che l’altra sono sbagliate. Non ci fermeremo a lungo sulla confutazione della prima affermazione, che viene utilizzata come frase introduttiva nella maggior parte dei trattati di musica. Il bello è in generale senza scopo; esso è pura forma che può essere applicata agli scopi più diversi a seconda del contenuto con il quale è riempita, ma che in sé non ha altro scopo che se stessa. Se dalla contemplazione del bello sorgono in chi osserva sentimenti piacevoli, questi non riguardano affatto il bello in quanto tale. Certo io posso presentare un bello a chi contempla con l’intenzione determinata che egli ne provi piacere, ma questa intenzione non ha niente a che vedere con la bellezza della cosa presentata. Il bello è e rimane bello anche se non suscita alcun sentimento, perfino se non viene né visto né considerato; il bello è per il piacere di un soggetto contemplante, ma non mediante questo piacere (…)

 

Tratto da: Eduard Hanslick, “Il Bello musicale” (Praga 1825, Baden 1904), Aesthetica edizioni, 2001, Palermo. Titolo originale: Vom Musikalisch-Schönen (1854)

  

questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org

 

 



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