12 aprile 2011

CANDIDATI: FOTO TESSERA!


Ve l’immaginate un’aziendina che, dovendo procedere all’assunzione di un dirigente oppure di un semplice impiegato di concetto, si affidi a una selezione basata sull’esame di maxi-ritratti a mezzo busto sormontati da slogan più o meno fantasiosi? Facile prevede-re che si assicurerebbe il fallimento nel giro di pochi mesi. Così non è per la (s)elezione delle assemblee di grandi istituzioni, Comuni e Regioni, ove permane – ad eccezione dei big proposti all’acclamazione diretta – il vecchio metodo del voto di lista con facoltà di preferenza. Valgono invece regole diverse nelle Province, ove vige l’antico e rispettato assetto dei collegi uninominali, nonché al Parlamento, nominato in via breve per investitura partitica (idem dicasi, a parziale correzione di quanto sopra, per il famigerato “listino bloccato” regionale!)

Posto che la democrazia, parafrasando Winston Churchill, è il peggior metodo di governo esclusi tutti gli altri, poniamo di prendere per buona la possibilità di estrarre un candidato da una lista quale forma di libera scelta ed espressione del “potere” dell’elettorato attivo. Per altro, dopo il referendum del ’91, la preferenza è unica, per impedire combines incrociate e controllo del voto, e inoltre deve essere nominativa, espressa sulla scheda mediante il cognome del candidato. Prima era possibile segnare soltanto il numero corrispondente; ma era accaduto che qualche astuto candidato si assicurasse il terzo posto nella lista affinché anche l’elettore analfabeta potesse ricalcare sulla scheda, accanto alla croce, il numero 3 seguendo con la matita le unghie del medio e dell’indice della mano sinistra. Nella “prima repubblica” nulla andava sprecato!

Oggi però, senza alcuna pretesa di addentrarci nella vexata quaestio dei pregi e difetti dei diversi sistemi elettorali, nostrani ed esteri, e pertanto senza modificare la tutto sommato valida legge elettorale dei Comuni, si tratta di consigliare una prassi che assicuri da un lato una eccellente “par condicio” tra i candidati e dall’altro più motivate e ponderate ragioni di scelta nelle mani degli elettori. Basti imparare dall’aziendina, almeno nell’operazione preliminare. Le fasi successive (colloquio, comparazione, contratto e formazione) sono purtroppo difficilmente imitabili. Un tempo simili funzioni di selezione e formazione erano svolte normalmente dai partiti, sopratutto dai “partiti di massa”, sui quali era imperniata la vita e la vitalità della democrazia. Nella “seconda repubblica” le cose stanno un po’ diversamente ma – per nemesi storica – in compenso è arrivata l’Europa, che da tempo ha emanato un formato standard di “curriculum vitae” da utilizzarsi per tutte le domande di assunzione. Esso si compone dei seguenti paragrafi: informazioni personali, esperienze lavorative, istruzione e formazione, capacità ed esperienze, ulteriori informazioni pertinenti, eventuali allegati. Ogni paragrafo richiede naturalmente notizie dettagliate; é inoltre gradito allegare una foto formato tessera. Il tutto riempie normalmente uno o due fogli formato A4.

Ora perché non richiedere ai candidati di stendere il proprio curriculum nella medesima forma “europea” sopra un manifesto 70×100 ove la foto-tessera, riprodotta in un margine e fatte le dovute proporzioni, non dovrebbe superare la dimensione di 20×15 cm più che sufficienti per identificarli anche sotto il profilo somatico? Il quale ultimo tuttavia non dovrebbe risultare preponderante ai fini della scelta, come invece sembra emergere – nella prassi attuale – dagli sforzi di ritrattisti e ritoccatori impegnati a riprodurre pose scultoree, sguardi ammiccanti ovvero espressioni pensose e patetiche. Per non parlare degli slogan appioppati a mo’ di fumetto: uno per tutti “la forza e il sorriso” (o viceversa) che dovrebbero sistemare Milano!

Fatta salva la proposta politico-programmatica, che naturalmente compete alle liste e/o alle coalizioni, la facoltà di comparazione delle qualità personali dei candidati, senza farsi fuorviare da espedienti pseudo pubblicitari, potrebbe forse ridare credibilità e slancio a una democrazia asfittica, inficiata dall’astensionismo, a partire dal livello locale tradizionalmente più vicino al cittadino. Forse anche scoraggiare le affissioni selvagge che purtroppo contrassegnano le ultime frenetiche giornate delle campagne elettorali, fintamente sanzionate e poi sempre condonate, che danno un’immagine di scorrettezza e sopraffazione che squalificano la già non alta reputazione della politica. Naturalmente lo stesso metodo può essere applicato “in rete”, con notevole risparmio di spesa, di carta e di colla, a pro di una platea prevalentemente giovanile purtroppo impelagata nel mare magnum di domande di occupazione troppo spesso vane e precarie.

Valentino Ballabio

 



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