5 aprile 2011

MI-SERRAVALLE. VENDUTA E COMPRATA. PER CHI?


Un’autostrada è un “servizio per il pubblico” indispensabile per lo svolgimento delle attività economiche e per l’efficienza dei collegamenti sul territorio, ma (il collegamento autostradale è) è anche un monopolio naturale: non esiste un sistema di concorrenza e l’utente è obbligato a utilizzare un unico fornitore. L’alternativa di utilizzare le strade nazionali al posto dell’autostrada non è percorribile (!). In parole molto semplici se non mi piacesse, per esempio, il prezzo della tratta dalla mia città a Genova, non avrei la possibilità di utilizzare un altro fornitore e molto poco probabilmente potrei utilizzare come alternativa le strade nazionali.

Questi due elementi fanno degli enti pubblici degli azionisti naturali di queste utilities, per le caratteristiche di finalità pubblica e sociale del servizio fornito, poiché rendono coincidenti l’interesse dell’utente con quello dell’azionista (pubblico). La maggior parte dei 5000 km di autostrade italiane è gestito da privati, ma il sistema di controlli dei prezzi da parte dello Stato (tariffe) permette il mantenimento di un corretto rapporto prezzo/servizio. In particolare si pensi che, nel caso di Milano Serravalle, di 184,6 km di rete solo gli 85 km circa della autostrada Milano-Genova hanno un pedaggio diretto, mentre le tangenziali sono libere: un servizio davvero “pubblico” e forse anche per questo le autostrade e le tangenziali della Milano-Serravalle sono ancora le poche restate in mani prevalentemente pubbliche.

L’ente pubblico azionista ha dunque l’obiettivo primario di fornire un servizio autostradale di qualità al fine di permettere lo sviluppo economico del territorio e la circolazione dei cittadini e l’obiettivo secondario di proteggere l’investimento di capitale fatto e, subordinatamente al perseguimento degli obiettivi strategici, di incassare eventuali dividendi.

BREVE STORIA

La Milano Serravalle fu fondata nel 1951 per la costruzione di un collegamento efficiente tra Genova e la Svizzera in un contesto storico in cui si procedeva alla realizzazione di interventi infrastrutturali e di ricostruzione postbellici. I soci fondatori erano tutti enti pubblici, come all’epoca era usuale. Gli enti pubblici fondatori, Provincie, Comuni, Camere di Commercio, si distribuivano da Genova a Como, e dunque erano tutti interessati direttamente al percorso della costruenda via di comunicazione. Nel 2003 il nome cambia in Milano Mare – Milano Tangenziali a sottolineare i due nuovi assi infrastrutturali della rete: la Milano Serravalle e l’anello delle tangenziali milanesi, nome poi cambiato ancora nel 2005 in Milano Serravalle -Milano Tangenziali.
Oggi i soci di riferimento sono la Provincia di Milano con il 52.9%, il Comune di Milano con il 18.6% e il gruppo privato Gavio che detiene il 13.5% (SIAS + Autostrada dei Fiori + Autostrada Torino Milano): i primi tre soci detengono dunque poco più dell’85% del capitale sociale. Il gruppo Gavio è salito dal 2000 al 2003 dal 6% al 27% della Milano Serravalle. In ordine di tempo una delle ultime acquisizioni fu ceduta da AMGA (Genova) nel luglio 2003 a un prezzo di 2.98 euro per azione. Nel luglio 2005 il gruppo Gavio è sceso dal 27% al 12% vendendo le proprie quote ad ASAM (provincia di Milano) a un prezzo concordato di 8.831 euro per azione. Un apprezzamento da 2.98 a 8.831 non giustificabile da apprezzamenti comparabili delle azioni assimilabili in quel periodo (2003-2005).

Si è molto scritto su questa transazione tra provincia di Milano e Gruppo Gavio: il prezzo pare spropositato, poiché i multipli di valutazione sono stati astronomici: 40 volte gli utili attesi contro una media del settore tra 10 e 15, il totale utilizzo della leva finanziaria da parte dell’acquirente (fornito da Banca Intesa) e così via. La gestione della Provincia di Milano ha evidenziato assai scarse capacità finanziarie, per dirla educatamente, cui fa da controprova il fatto che la controparte privata, a seguito della cessione, ha visto i titoli (quotati) delle proprie aziende balzare in avanti: la plusvalenza derivante dalla cessione è stata di 175.6 milioni di Euro, ovvero un +377%! Solo a titolo di cronaca si noti come nel settembre 2007 Sias (Gavio) riacquisti l’1% della Milano Serravalle (1.8 milioni di azioni) a 7.45 per azione ossia il 16% in meno della cessione avvenuta (nonostante mercati in forte salita in quel periodo).

Questa storia ci insegna che l’ente pubblico azionista ha svolto la sua funzione di erogatore di servizi per il territorio in maniera adeguata e che invece ha svolto male la sua attività di azionista di capitali-finanziere. Se quelle transazioni di quote di capitale (trading azionario) fossero state fatte su un portafoglio privato da un gestore qualsiasi, avrebbero portato performance pessime e di certo alla perdita del cliente e al licenziamento del gestore.

IL COMUNE DI MILANO

Adesso si ritorna (per l’ennesima volta) a parlare di un altro ente pubblico che è intenzionato a cedere (non ad acquistare, stavolta) la propria quota di azioni: il Comune di Milano. Premesso che non credo ci siano ostacoli di principio alla cessione della quota, mi pare che alcuni punti critici non risolti, l’incertezza del prezzo, la tempistica, l’opportunità di mercato e strategica, potrebbero inficiare il buon esito dell’operazione. Il prezzo a cui si effettuerebbe la cessione pare essere circa 165 milioni di Euro per il 18.6% del capitale, ossia 33.5 milioni di azioni, che corrispondono a un prezzo di 4.9 Euro per azione. Si dice che il prezzo sia quello di una quotazione fatta nel 2007 da Dexia sulla Milano Serravalle dedotto di uno sconto del 10%.

Il quadro è confuso e il condizionale d’obbligo. Se si compara il prezzo discusso rispetto a quello di un titolo assimilabile, il 10% in meno rispetto al prezzo del 2007 non parrebbe un cattivo affare: ASMT (AT:IM), la Milano Torino (Gavio), nel 2007 veleggiava tra 15 e 18 euro per azione mentre oggi quota circa 10 euro per azione (-35%), Sis (SIS:IM), la Sias, sempre gruppo Gavio, nel 2007 era tra 10 e 12 mentre oggi è intorno a 8 (-25% circa) e infine Atlantia (Benetton) era nel 2007 tra 20 e 25 euro per azione mentre oggi è a 16 Euro circa (-25% circa).

Il prezzo della Milano Serravalle di cui si chiacchera è relativo a una valutazione di quattro anni fa, come minimo sarebbe da aggiornare da parte di almeno due advisors per compararne la validità. Il prezzo di una transazione rilevante (c.d. blocchi), infine, è anche in funzione dell’interesse del compratore. Chi avesse un interesse strategico ad acquisire il 18.6% del capitale, a oggi posseduto dal Comune, potrebbe essere disposto a pagare un sovraprezzo rispetto alla valutazione fatta. Ma esiste un acquirente interessato a sborsare 165 mln per il 18.6% del capitale della Serravalle? La domanda non è capziosa poiché, come abbiamo visto, l’interesse dell’acquirente ha una forte influenza sul prezzo della eventuale transazione.

Se poi, come si vocifera, si procedesse alla quotazione del titolo della Milano Serravalle, perché cederlo anteriormente a prezzi “incerti”, quando invece la quotazione è imminente? Il Comune è azionista strategico di una rete autostradale che non ha pedaggi diretti per 100 dei 184 km di autostrade gestite. Dunque il Comune parrebbe un azionista ideale di un’azienda come la Milano Serravalle e avere un’azionista privato di minoranza, al contrario, parrebbe una fortunata eccezione, da tenere stretta, bloccato nella compagine azionaria. Opportunità di mercato, allo stato attuale non se ne vedono. I titoli del settore (che hanno multipli comparabili, P/E, ROE, etc) sono lontani dai massimi del 2007 e il prezzo di “solo” meno 10% rispetto al 2007 potrebbe non apparire, a una prima occhiata, malvagio, ma non è affatto escluso che i prezzi possano ancora avere un notevole spazio di risalita.

Se il Comune infine avesse necessità di fare cassa, cioè di liquidare gli assets in portafoglio, senza avere molta autonomia di gestione, mi parrebbe come minimo assurdo che certe decisioni venissero prese a pochi mesi, anzi giorni, dalla data delle elezioni, limitando la capacità decisionale della nuova amministrazione su quale asset strategico cedere per far fronte alle supposte esigenze di Bilancio. In sintesi, ribadisco, ci sono grandi incertezze sul prezzo, sull’opportunità di mercato, sull’acquirente e, non ultimo, sulla tempistica dell’intervento sulle quote del Comune. Parrebbe questa la volta buona per smentire la fama di un ente pubblico cattivo amministratore delle proprie risorse finanziarie.

Edoardo Ugolini



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