29 marzo 2011

musica


 

MOZART MAGNIFICO

Il Quartetto di Tokyo venne per la prima volta a Milano quarant’anni fa, nel 1971: era il 9 dicembre, si cominciava ancora alle 21.30, e il programma prevedeva i Quartetti K. 155 in sol maggiore di Mozart, n. 6 di Béla Bartòk, e opera 10 in sol minore di Debussy. Aveva appena due anni di vita “ufficiale” e i suoi giovanissimi componenti – tutti rigorosamente giapponesi – legarono subito bene con la città creando un legame molto solido, vorremmo dire affettuoso, che è cresciuto con il tempo. Basterebbe ricordare il successo strepitoso ottenuto diciotto anni dopo, nel 1989 al Teatro alla Scala con l’integrale dei quartetti di Beethoven, per comprendere come abbiano oggi una autorevolezza tale da porlo fra i primi quartetti al mondo, forse al primo posto.

Il minuto di raccoglimento per le vittime della tragedia giapponese, richiesto dai musicisti prima dell’inizio del concerto di martedì scorso al Conservatorio, e assecondato con sincerità dal pubblico della Società del Quartetto (loro sponsor fin dalla prima presenza milanese) ha conferito alla serata una solennità e una intensità fuori dal comune. Il programma era di una gradevolezza e di un rigore a dir poco meravigliosi: tutto Mozart, con il Quartetto in re minore (la stessa magica tonalità del Don Giovanni!) K. 421, seguito da due Quintetti per due violini, due viole e violoncello – rispettivamente in re maggiore K. 593 e in do maggiore K. 515 – per l’esecuzione dei quali si è aggiunta la brava viola solista dei Berliner Naoko Shimizu.

Difficile immaginare un modo più pertinente per illuminare la grandezza e la complessità dell’opera da camera di Mozart, quella che peraltro lo rappresenta più intimamente e umanamente, e – ancorché nel suo caso sia men che mai lecito mettere in relazione la produzione musicale con la biografia – dobbiamo osservare le tre date di nascita di quelle opere: il quartetto è del 1783, i due quintetti del 1787 e 1790. Le prime due coincidono con momenti di grande felicità: nel 1783 aveva ventisette anni, era arrivato a Vienna due anni prima, si era sposato e – nella stessa notte in cui scriveva il quartetto – nasceva il suo primo figlio. (Mah!)

Quattro anni dopo, nella primavera dell’87, visse un momento magico: era reduce dal successo che le Nozze di Figaro avevano ottenuto il 17 gennaio a Praga e aveva appena ricevuto l’incarico di scrivere una nuova opera (quel Don Giovanni che avrebbe visto la luce nella stessa Praga il successivo 29 ottobre): dunque grande euforia e facondia. Tutto era già cambiato intorno a lui nel dicembre del 1790, un anno esatto prima di morire: la depressione lo attanagliava al punto che, salutando Haydn che partiva per Londra (dove avrebbe dovuto e voluto andare anche lui, se non avesse avuto i gravi problemi economici e familiari che tutti conosciamo), gli disse “ci stiamo salutando per l’ultima volta in questa vita!”. E purtroppo era vero.

Nel susseguirsi di momenti così diversi e tuttavia così ravvicinati (sette anni di quella età, dai 27 ai 34 anni, in cui il tempo vola) troviamo tutti gli stati d’animo di questo incredibile genio, dall’eccitazione dell’amore e soddisfazione per i successi fino alla grande mortificazione per l’indifferenza del mondo e ai cupi presagi di una morte più che prematura. Eppure in Mozart non vi è mai disperazione, nella sua musica vi è sempre fiducia e speranza, sembra esservi la consapevolezza di scrivere per l’eternità, quella stessa consapevolezza che avevano gli ateniesi quando costruivano il loro tempio in cima al colle. Una fede non incrinabile nella umanità e nella vita.

Curioso che un messaggio di questo genere, così radicato nella cultura e nella storia Europea, ci venga portato da musicisti con le radici nell’estremo oriente; se dei quattro soci fondatori è rimasta solo la viola – un bel volto pensoso e concentrato nello strumento e nel gruppo – giapponesi sono anche il secondo violino e la viola aggiunta, mentre primo violino e violoncello ora sono due americani. Ma curioso è anche il fatto che tutti e quattro usino italianissimi Stradivari, tutti appartenuti a Niccolò Paganini!

In un’epoca in cui imperversa superficialità e vuoto virtuosismo, che delizia ascoltare tanta naturalezza e compostezza, spontaneità che viene solo dal sapere e dall’impegno, fraseggi curati e raffinati al punto da annullare il rigore della scansione temporale per far emergere il fluire del tempo in una libertà espressiva piena di poesia. E che meraviglia quei travolgenti finali mozartiani, veri scoppi di vitalità contenuti e controllati come fossero riflessioni sulle ragioni dell’ottimismo, eleganti giochi di società per inebriare di bellezza! Certo, in alcuni tempi lenti c’è anche dolore, e anche profondo, ma mai strazio, piuttosto nostalgia di amore e di perfezione.

E infine complimenti vanno anche alla Società del Quartetto che per i programmi di sala rispolvera e utilizza i testi che Giulio Confalonieri scriveva negli anni Cinquanta, quando teneva indimenticabili e rivoluzionari cicli di conferenze sulla storia della musica, e alla sera ne discuteva con gli amici, al Giamaica, durante le interminabili e proverbiali partite a tresette!

 

Musica per una settimana

* giovedì 31, venerdì 1 e domenica 3 all’Auditorium il “Concerto per due pianoforti e orchestra” di Bohuslav Martinů (pianisti Jennifer Micallef e Glen Inanga) diretto da Wayne Marshall che poi, con il coro diretto da Erina Gambarini, esegue i celebri Carmina Burana di Carl Orff (i solisti di canto sono Maureen Braithwaite, David Allsopp e Kevin Short)

* giovedì 31 e sabato 2 al teatro Dal Verme l’orchestra dei Pomeriggi Musicali diretta da Massimo Quarta con i pianisti Annamaria Ammara e Roberto Prasseda in un programma tutto Mendelssohn: due concerti per due pianoforti e orchestra (in realtà il primo, firmato insieme all’amico Ignazio Moscheles, è stato da loro definito “Duo Concertant pour deux pianos avec accompagnement d’Orchestre ad libitum en Variations sur la marche bohémienne tirée du melodrame Preciosa de C. M. de Weber“) e la Sinfonia “scozzese” n. 3 opera 56

* giovedì 31 segnaliamo il concerto che il trio composto da Gidon Kremer, Giedre Dirvanauskaite e Khatia Buniatishvili terrà al Teatro di Chiasso in omaggio a Sofia Gubaidolina

* lunedì 4 al Conservatorio, per le Serate Musicali, il grande violinista Shlomo Mintz, insieme al pianista Peter Jirikowsky, esegue le Sonate n. 3, 5 e 7 di Beethoven

* Nella prossima settimana la Società del Quartetto e la Società dei Concerti non prevedono appuntamenti nelle loro usuali serate del martedì e del mercoledì al Conservatorio, mentre domenica 3 alle ore 10.30, alla Palazzina Liberty, Milano Classica insieme al Centro Culturale Rosetum presenterà in concerto il vincitore del primo concorso internazionale “Rosetum Giovani”.

 

 

questa rubrica è a cura di Paolo Viola

rubriche@arcipelagomilano.org

 



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