16 novembre 2010

ECCO I NUMERI E LE RAGIONI


Alle primarie del 2006 avevano votato in 82.000 e i voti di Ferrante furono 320.000, in media a un elettore delle primarie corrispondono quattro elettori delle elezioni comunali. Il dato non è omogeneo per zona: in centro il rapporto scende a 1/2,5. Alle ultime elezioni regionali SEL (Sinistra Ecologia Libertà) ha preso 15.000 voti, Rifondazione 14.000, il PD (Partito Democratico) 135.000 voti, i verdi 7.000, i socialisti 2.000. Pisapia ha preso alle primarie 30.500 voti, Boeri 27.000. La differenza sta tutta qui. Il vincitore è andato oltre il suo bacino teorico, è riuscito a portare al voto gran parte dell’elettorato di sinistra più motivato e politicizzato e non solo quello più radicale, come dimostra l’endorsement pressoché completo degli ex socialisti per l’avvocato garantista e il divario tra i due nella zona centro dove la borghesia progressista engagé lo ha votato in massa. Onida, straordinariamente sottovalutato, è stato votato da un elettorato d’opinione presumibilmente PD alle elezioni, che aveva certamente più punti in comune con Pisapia che con Boeri.

Perché Pisapia ha vinto? La risposta è semplice: perché la maggioranza degli elettori voleva un candidato più radicale, più identitario, più capace di far sognare. Le primarie del resto favoriscono lo sfidante più radicale che comunque vada condizionerà la strategia delle elezioni vere e proprie. Inoltre il candidato più moderato fa una campagna più timida meno aggressiva perché spesso sentendosi favorito non vuole perdere alle comunali gli elettori radicali mentre il candidato più radicale agli elettori moderati penserà dopo.

L’elettore delle primarie è più radicale dell’elettore tout court? Non è detto. La scelta viene fatta su un’offerta predeterminata, magari con altri candidati e un’altra campagna elettorale avrebbe fatto scelte diverse. Il numero dei partecipanti alle primarie pesa relativamente: è vero che sono calati ma è anche vero che l’astensionismo è in aumento costante in ogni campagna elettorale e che le altre primarie si svolsero in un clima certamente più “caldo”.

Il quadro che emerge è chiaro: – La soidisant società civile ha vinto non solo perché i candidati tutti erano sua espressione, ma perché il peso organizzativo dei partiti è ormai trascurabile. Pisapia ha vinto con una macchina organizzativa a dir poco leggerissima e il PD non è riuscito a convincere neanche i suoi iscritti. Gli ultimi sindaci di partito resteranno Aniasi e Tognoli. – Nel generale clima antipartiti che ha caratterizzato la società milanese oggi tocca al PD. Dire che il sostegno a Boeri del PD è stato negativo è sciocco, ma è sciocco anche dire che senza il PD non si va da nessuna parte, un mix di insicurezza e supponenza. Vale per il PD e valeva per Boeri un vecchio detto: chi agnello si fa il lupo lo mangia. Non è questione di dimissioni del gruppo dirigente (le dimissioni prima delle elezioni mi sembrano una fuga), è che non c’è strategia. Il problema non è solo milanese o lombardo.

– L’elettore delle primarie vota un candidato politico, del programma amministrativo se ne fotte; tant’è che da questo punto di vista la campagna è stata noiosa come poche. – La sintonia tra la percezione umana del candidato e l’umore politico dell’elettore delle primarie è fondamentale. Pisapia è apparso un po’ imbranato, goffo, non proprio elegante, timido, onesto e umile come si auto immagina una parte della sinistra milanese. Boeri è apparso sicuro di sé, affermato, impeccabilmente elegante, vincente, un po’ antipatico e supponente, un po’ troppo simile a Tremonti e soci. Onida è il professore che tutti hanno avuto almeno una volta nel ciclo scolastico inflessibile ma umano, anche se un po’ rompicoglioni. Antropologicamente Boeri non è entrato in sintonia con la folla delle primarie (folla e non popolo come avrebbe detto Le Bon) anzi ha provocato in una parte di essa un vero rigetto, in particolare proprio in quella borghesia agiata che di questa sinistra è la spina dorsale. Questa è stata la chiave della vittoria di Pisapia: l’onesto imbranato contro il compromesso di successo. Che sia stato frutto del caso o un accorto marketing elettorale non so. Che sia vero o falso è del tutto irrilevante.

– La campagna elettorale, nel senso tecnico, ha pesato poco: a) è stata formalmente corretta nei toni e nei modi: poche polemiche, molti confronti; b) è stata bella ed elegante, perché agenzie creativi consulenti erano di alto livello ed hanno prodotto materiali ed eventi di qualità, intelligenti, non scontati sia nella forma che nel contenuto. Ovviamente chi ha vinto è stato più bravo anche in questo; c) è stata partecipata. Dallo Smeraldo al Dal Verme, da viale Padova al Puccini al Litta le sale erano affollate; d) è stata innovativa; e) è stata costosa. Ma alla fine ha contato di più l’ideologia. – Le primarie non chiariscono il quadro delle alleanze successive e della strategia antimorattiana, tutto è ancora da definire

Quello che non è chiaro è se Pisapia può vincere contro la Moratti. Premesso che non ho particolare fiducia nei sondaggi quantitativi. Premesso che le elezioni sono ovviamente vincolate al sistema elettorale e nel doppio turno prima si vota per il candidato vicino poi, forse, per il meno peggio. Premesso che non si sa neanche quanti candidati Pisapia dovrà affrontare. Io sono convinto che abbia esattamente le stesse chances che avrebbero avuto Boeri o Onida e fors’anche Sacerdoti: si tratta sempre e comunque di recuperare tra i 20.000 e i 40.000 voti. Missione non impossibile.

 

Walter Marossi

 



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti