22 febbraio 2010

IL PERICOLO COMUNISTA


Berlusconi ci ha lucrato per anni. Molti lo ritengono un mondo scomparso con la caduta del muro di Berlino. Nella Lombardia leghista formigoniana sembrano un reperto archeologico. Eppure. Forse senza di loro non si vince. Forse il pericolo comunista è un pericolo solo per il PD.

Vediamo quanto pesano. Alle elezioni del 2005 Rifondazione prende 248000 voti pari al 5,68% e i comunisti italiani 104000 (2,38%). L’idv 61000 voti (1,4%). Gli elettori sono 5573000. Alle ultime europee i comunisti insieme prendono 146000 voti (2,73%) l’idv 349000 (6,5%). Gli elettori sono 5591000. Nel 2005 quindi i voti a sinistra del pd sono 413000 nel 2009 495000 cui vanno aggiunti quelli di sinistra e libertà. Almeno per la quota non riconducibile al PSI. Alle elezioni del 2008 i voti comunisti erano 240000 con 245000 all’idv, i socialisti ne avevano presi 37000.

In sostanza negli ultimi 5 anni, in forme e modi diversi circa 450000 elettori si collocano alla sinistra del pd e 250000 su posizioni dichiaratamente richiamantesi al comunismo. Giova ricordare che l’UDC ottiene anch’essa un numero di voti oscillante tra i 250/60 mila. Cioè c’è un comunista per ogni centrista.

Nella provincia di Milano rispettivamente nel 2005 rifondazione ottenne il 6,99% (94000) e l’idv il 3,46% (36000). Alle europee Di Pietro prende il 7,71 con 121000 voti, i comunisti vari 64000 voti (4%), sinistra e libertà 40000 (2,48%). L’udc 69000 voti. Il peso specifico quindi del mondo comunista/giustizialista tende quindi a crescere nell’area milanese e a diminuire quello centrista.

Alle elezioni provinciali i comunisti prendono circa 58000 voti e insieme ai 101000 di Di Pietro si attestano attorno all’11%.

Ora è vero che ogni elezione è diversa, che Di Pietro è stato in questi anni costantemente alleato al pd (e antecedenti) mentre i comunisti si sono spesso divisi e in alcuni casi come alle ultime elezioni provinciali si sono contrapposti a Penati, tuttavia. Tuttavia il dubbio che l’emoraggia costante di voti verso l’astensione che penalizza il cs sia dovuta a una fuoriuscita di elettori più radicali che moderati resta. Vi risparmio tutte le analisi sui flussi elettorali di questi anni, un dato però è certo: il peso dei centristi aggregandosi al centro sinistra non bilancia la fuoriuscita dei comunisti. Se a questo si aggiunge che spesso i centristi udc respingono (nei fatti o nelle condizioni) anche gli elettori radical/socialisti, non si capisce bene qual è la logica della strategia del pd lombardo, apparentemente tutto proteso solo a rincorrere Casini. Pd che peraltro alle prossime elezioni va senza allearsi né ai comunisti, né ai radicali, né all’udc. Si potrebbe dire che è il portato di una strategia nazionale; ma visto cosa succede con Vendola, Bonino ma anche con Burlando, Errani, Bresso (tutte coalizioni più variegate di quella lombarda e che in alcuni casi vedono sommarsi rifondaroli e centristi) sovviene un altro dubbio: che in Lombardia il PD e Penati abbiano la rogna? Escludendo siffatta malattia, la questione sembra più semplice: il PD non esercita alcuna leadership e il suo candidato non è in grado di sopperire e ridurre questo deficit. La logica dell’elezione presidenziale consente infatti che talvolta un candidato ovvii alla fragilità dei partiti (ed in futuro sarà sempre più così) ma in Lombardia da tempo non è così. Non se ne può certo fare una colpa a Penati chiamato a reggere una barca che ha inanellato un’impressionante serie di sconfitte, cui auguriamo di smentirci con i fatti, ma occorre riflettere bene prima di avventurarsi verso le elezioni comunali dell’anno prossimo. Do you remember Veronesi?

 

Walter Marossi



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