27 luglio 2009

ABORTO: COMUNIONE E LIBERAZIONE AL POLICLINICO


In una città che in questo scorcio di estate ci ha fatto grazia sotto il profilo atmosferico di una maggiore vivibilità è giunta però la notizia delle nomine ai vertici degli Istituti di ricovero e cura di carattere scientifico di Milano e Pavia.

 

“Sono cattolico e quindi anti-abortista” ha dichiarato il nuovo Presidente della Fondazione Policlinico di Milano, Giancarlo Cesana, nominato dal Presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni. E’ una dichiarazione che desta preoccupazione, non per il legittimo profilo personale e confessionale di appartenenza a Comunione e Liberazione, peraltro noto e tale da rendere superflua la dichiarazione medesima. Preoccupa perché è una dichiarazione resa in qualità di neo Presidente del predetto Istituto che è istituzionalmente preposto, quale che sia il convincimento intimo e personale di chi ne ha la rappresentanza, a provvedere alle prestazioni sanitarie minime previste dalle vigenti leggi dello Stato ivi compresa la legge n. 194 del 1978 sull’interruzione, volontaria o terapeutica comunque sottoposta a limiti e condizioni di gravidanza.

 

E sotto questo aspetto colpisce il tratto della comunicazione e l’assenza della distinzione tra sfera personale e sfera istituzionale, tra la libertà inerente la prima e i doveri e la consapevolezza degli stessi conseguenti la seconda. Peraltro è proprio sulle distinzioni che si fondano legalità e laicità che non fanno discendere le regole di condotta di una collettività di persone da precetti che riguardano invece le comunità di fedeli. Ed è in spregio alla laicità e legalità che la Regione Lombardia ha, non più di un anno fa, tentato di forzare l’una e l’altra modificando con un provvedimento regionale la legge nazionale 194 apportandovi restrizioni eufemisticamente denominate “linee guida di attuazione della 194“. E’
stata fermata dal T.A.R. Lombardia (Sez. III, ordinanza n. 707/08) grazie al ricorso di un gruppo di medici e della CGIL Lombardia ed è stata bocciata ancor più sonoramente dal Consiglio di Stato (Sez. V, ordinanza n. 5311/08) cui la Regione si era rivolta in sede di ostinato appello.

 

Come componente del collegio di difesa dei medici e della CGIL Lombardia, insieme ai colleghi prof. D’Amico e Angiolini, voglio sottolineare che i giudici amministrativi nel ribadire che un atto regionale non può mai modificare una legge statale hanno confermato l’incompetenza regionale nella materia dei diritti civili e sociali di esclusiva competenza statale e hanno ribadito che la 194 ha un contenuto “costituzionalmente
vincolato” poiché il legislatore nazionale ha tutelato e bilanciato i diritti fondamentali sia della donna che del concepito come già a suo tempo riconosciuto dalla Corte Costituzionale.

 

Quale che sia il convincimento di ciascuno, e non è necessario essere cattolici per essere personalmente contrari all’aborto, è contra legem frapporre ostacoli alle donne che alle condizioni imposte dalla legge 194 esercitano le facoltà attribuite dalla legge medesima. Se mai e sempre in conformità alla legge predetta occorre renderne meno tortuoso il percorso di applicazione garantendo la presenza di personale non obiettore in tutte le strutture sanitarie come peraltro dovere della Regione e degli Istituti ospedalieri da attuare anche attraverso la mobilità del personale (art. 9 legge 194).

 

La questione di fondo è la laicità e la difficoltà a metabolizzare che “Stato e Chiesa sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani” (Costituzione, art. 7). I presagi per l’autunno non sono dei migliori se poi si pensa che la ASL Milano con la recente circolare (n. 18443) adottata dopo un articolo pubblicato sul periodico cattolico “Tempi”, ha disposto la cessazione della educazione sessuale nelle scuole milanesi. Educazione che aveva come scopo la prevenzione di ogni comportamento a rischio degli adolescenti ivi compresa l’interruzione di gravidanza nelle minorenni italiane e straniere.

 

Ileana Alesso

 

 

 

 

 



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