2 giugno 2020
VIVA LA LIBERTÀ DEI PENSIONATI
Gli unici italiani dalle opinioni libere
In Italia oggi ci sono 16.000.000 pensionati, hanno una pensione media di 1.450 euro al mese per 13 mensilità. Anche se sono in molti ad avere una pensione da fame e molti invece che hanno delle pensioni scandalose, hanno tutti almeno un gran privilegio rispetto ad altri italiani: le loro opinioni sono libere.
La libertà di opinione, come la libertà di stampa è garantita in Italia dalla Costituzione e lo è anche nella Costituzione europea dopo il Trattato di Roma del 2004.
Sommariamente le due Costituzioni garantiscono che il cittadino non possa essere perseguito dalla legge per le opinioni che manifesta, sempre che queste opinioni non contrastino con le leggi delle Stato e non siano oltraggio ad altri cittadini o a Istituzioni pubbliche.
Dunque queste libertà sono garantite ma non sempre le opinioni sono libere, perché per essere libere vi è una condizione: che nessuno in alcun modo debba pagare per le opinioni che esprime. Invece si paga eccome.
Sulla libertà di opinione, che non coincide completamente con la libertà di stampa, non vi sono statistiche ma se pensiamo che Reporter senza frontiere, facendo una classifica dei Paesi rispetto alla libertà di stampa, ci colloca al 39° posto, si può supporre che se vi fosse un’analoga statistica non staremmo meglio per la libertà di opinione.
La libertà di opinione dipende sostanzialmente dai rapporti economici tra chi sta sopra e chi sta sotto, perché il ricatto economico è uno strumento terribile a disposizione di chi esercita un potere rispetto a chi lo subisce. Chi possiede questo strumento fortunatamente non sempre lo usa, ma nel nostro Paese sono i più a usarlo.
Dunque solo chi è economicamente più garantito, i pensionati e chiunque sia in una situazione che potremmo definire “blindata”, è senz’altro libero da questo giogo, tuttavia a subirlo sono moltissimi anche tra categorie che apparentemente potrebbero scrollarselo ma non sempre lo fanno: manifestare liberamente le proprie opinioni spesso richiede coraggio e, come dice Don Abbondio “Il coraggio, uno se non ce l’ha, mica se lo può dare”.
Solo con lo Statuto dei lavoratori, che compie cinquant’anni, questi ultimi sono stati in parte sottratti a questo tipo di ricatto, in particolare quelli con ruoli istituzionali nelle rappresentanze sindacali. Altrove la situazione è ben diversa.
I casi sono infiniti. Secondo voi un dipendente della pubblica amministrazione è libero nell’esprimere opinioni sgradite nei confronti di un suo superiore che ha in mano i suoi avanzamenti di carriera?
Ma ci sono anche casi più sottili e che tutti conosciamo perché molto vicini a noi. Secondo voi un architetto, soprattutto se è giovane, esprimerebbe liberamente critiche nei confronti di un funzionario del Comune che deve approvare un suo progetto? Esprimerebbe critiche nei confronti di un assessore da cui dipende proprio quel funzionario che l’assessore ha messo in quel posto e che lo tiene legato con una sorta di patto di fedeltà?
Secondo voi un professore a contratto e chiunque voglia fare carriera nel mondo dell’università è totalmente libero nell’esprimere le proprie opinioni, in generale e non solo nei confronti di qualche barone, senza mettere in pericolo il futuro?
Secondo voi i giovani ricercatori che in molte occasioni, anche nella vicenda del Coronavirus, hanno mostrato il loro valore e che sono trattati come i riders di UberEats, sono liberi di esprimere le loro opinioni?
Risaliamo alle università. Sono libere? No. Se sono pubbliche dipendono dal Governo – in ogni Paese –, se sono private e fanno ricerca dipendono da chi finanzia la ricerca, ad esempio in America il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, che ha il compito di difendere il Paese anche dal punto di vista economico, affida molti incarichi di ricerca alle università.
E dell’informazione che diciamo? Nel nostro piccolo tante, troppe volte le persone che abbiamo sentito esprimere in ambiti ristretti opinioni interessanti e non allineate e alle quali abbiamo chiesto un pezzo ci hanno risposto: “mah, sai, nella mia posizione …”.
Le università sono la “verità scientifica”? Anche no, ma c’è chi le spaccia per tali come quando il Comune di Milano affida al Politecnico incarichi di ricerca, magari in tema di urbanistica. Il ricercatore tende a compiacere le opinioni del suo committente, attacca l’asino dove vuole il padrone e magari il padrone attacca l’asino dove piace a qualcun altro. Dove vogliono gli immobiliaristi? A pensar male si fa peccato … con quel che segue.
E della Giustizia vogliamo parlare? Vedi Palamara e dintorni. E del dibattito politico, la famosa discussione, che si risolve in espulsioni? O, meno traumaticamente, in scissioni? Che ne pensiamo quando l’incapacità o la disponibilità a discutere porta alla frantumazione in tanti gruppi (troppi) dal “pensiero unico”? E del familismo? Del nepotismo? Qualcuno osa ancora parlare di “meritocrazia”?
Questo è il Paese, queste sono le città della “ripartenza” del dopo Covid-19, il Paese nel quale ogni due per tre si parla dei giovani sperando solo che non vedano il mondo politico che li circonda e che nei fatti li esclude. Anche a loro abbiamo il coraggio di dire “state a casa”?
Il lockdown ci ha chiuso tra le nostre quattro mura e, per sfuggire alla TV con i suoi mezzi busti sconosciuti e conosciuti, non ci resta che leggere, Stigliz per l’oggi ma anche i grandissimi classici fanno bene:
«Ahi serva Italia, di dolore ostello,
nave sanza nocchiere in gran tempesta,
non donna di provincie, ma bordello!»
(Dante, VI canto del Purgatorio.)
Ma di chi sta parlando?
Luca Beltrami Gadola
P.S.: Sempre Andreotti diceva: “Il potere logora chi non c’e l’ha”. Non facciamoci logorare, smentiamo il vecchio Belzebù!
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