6 febbraio 2018

OTTIMIZZARE IL LAVORATORE E POI SOSTITUIRLO

Il futuro dell'intelligenza artificiale è in mano alla politica


Entro in un bar, ordino un caffè. Sono in un posto governato da intelligenze artificiali. Ho pagato un attimo dopo aver pronunciato l’ordine, “un caffé, grazie”, senza spostare carta colorata né piccoli elementi di metallo tondi (soldi), né rettangolini di plastica con delle scritte e dei numeri (carte di credito, bancomat), né smartphone, né braccialetti né altro: è stato sufficiente parlare.

04vannini05FBDal momento in cui manifesto verbalmente il mio ordine, il bar-sistema in cui sono entrato mi serve nel miglior modo possibile per me, sia in termini di qualità, sia di tempi. Non ho di fronte alcun essere umano, ma un insieme di sensori, che dialogano tra loro e con me, insieme governato da intelligenze artificiali, che conosce i miei gusti (caffè leggermente ristretto, poco zucchero, in tazza di ceramica bianca con bordo fine) e mi serve il caffè perfetto nei miei tempi preferiti, che peraltro variano a seconda che io sia in compagnia o meno, e di chi.

Intelligenze. Le chiamiamo ‘artificiali’ ma è un modo per confondere la nostra capacità di capire cosa sta per accadere. Accade che alcuni computer scientist in varie parti del mondo si stanno dedicando a creare programmi che fanno ciò che fa l’intelligenza umana. Non solo servirci il caffè perfetto, ma imparare, ragionare, risolvere problemi, capire e usare un linguaggio, percepire gli elementi di contesto utili a prendere decisioni e agire appropriatamente.

Ma dove sono queste ‘intelligenze artificiali’? Nelle definizioni si parla di ‘computer’, ma anche qui dobbiamo avere chiaro a cosa ci si riferisca oggi: non solo smartphone e oggetti smart vari, ma anche automobili, droni, robot, robot umanoidi. E poi ancora: edifici, lampioni, semafori, biciclette per lo sharing e tutto quanto realizza la smart city, la città sensore – che dovrà (deve) essere guidata da smart government – fondata su big data, algoritmi e, appunto, intelligenza artificiale.

Ciò che sta arrivando, rapidamente, è una nuova capacità di produrre e scambiare informazioni tra oggetto e oggetto, e tra oggetto ed essere umano, con le stesse identiche specificità dello scambio tra essere umano ed essere umano. E questo sistema di elementi che producono e scambiano dati, questa città di sensori onnipresenti e onnisenzienti, sarà presto a disposizione di chi fa politica per governare la vita, il lavoro, la mobilità, la sicurezza, la salute dei cittadini.

Prendiamo il lavoro. Torniamo al bar. Non c’è nessun umano impiegato là, né regolare né precario. Non saprei se esistono dei sindacati dei robot, ma tant’è: in quel bar il tema ‘diritti dei lavoratori’ manca della materia prima, i lavoratori. Cosa è successo? L’essere umano è stato prima ‘ottimizzato’ poi sostituito. Le tecnologie hanno consentito di cominciare a usare il lavoratore per fare ciò che i computer decidevano, poi sono progredite e hanno imparato a fare ciò che fino a poco fa era una nostra esclusiva prerogativa: pensare.

L’intelligenza artificiale pensa: capisce, impara, sceglie, decide, migliora. Accade così che il percorso di consegne di un addetto al recapito postale non sia deciso dall’uomo, ma da un programma di computer: ecco il lavoratore ottimizzato. Ma l’essere umano si muove nello spazio con articolazioni e una capacità di elaborazione delle informazioni ancora oggi più efficiente di possibili sostituti robot, quindi fa ancora l’esecutore, c’è. Ma la tecnologia avanza, e là dove stiamo andando il lavoratore non c’è più.

Prendiamo il caso del brevetto Amazon dei famosissimi braccialetti, che in Italia ha fomentato l’idea che l’azienda statunitense stesse per dotare ogni lavoratore di – appunto – questo diabolico dispositivo wearable destinato a ‘comandarne’ i movimenti tra gli scaffali dei centri logistici. Amazon non ha alcun piano in tal senso, ma è vero che a inizio 2018 si è vista approvare il deposito di brevetto che connette il (polso del) lavoratore, gli scaffali e la merce, indirizzandolo (il polso) per “ottimizzare” i movimenti (per la cronaca: usa ultrasuoni e trasmissione radio). Ma per quanto non ci siano piani di braccialettizzazione umana, sia chiaro alla politica che non può far finta di non sapere che il lavoratore è già ‘ottimizzato’, e che poi sarà sostituito.

Parlando solo di ‘ottimizzazione’ in atto, lo si può affermare con certezza non solo perché ci sono già applicazioni esistenti, ma anche e proprio perché ci sono le intelligenze artificiali che fanno (fare all’essere umano?) prima e meglio in molteplici settori.

04vannini05-01Facciamo un caso che connette lavoro e smart city. Mettiamo insieme tre cose: un brevetto Amazon su cui in Italia non ci è venuta voglia di polemizzare che riguarda i droni (o UAV, Unmanned Aerial Vehicle), i prodotti che Amazon vende e vuole consegnare in tempi brevissimi, e la città. Si tratta di un brevetto del 2016 con cui i droni sfrutterebbero lampioni e semafori come stazioni di parcheggio e ricarica. Quindi, fine del lavoro di consegne. Fine dei precari del food delivery. Fine dei postini. Fine, insomma, di un insieme di persone che non prendono più da tempo decisioni, che operano senza pensare, ‘ottimizzate’ da un sistema che gli dice dove andare e istruite (‘programmate’?) sul cosa fare (‘mettere busta dentro cassetta postale’; ‘consegnare pizza e far firmare ricevuta su ‘smart device’…). Work in progress.

Oggi esistono sistemi ‘artificiali’ che prendono decisioni ed esseri umani che eseguono. Domani ci saranno intelligenze artificiali che decidono e smart objects o robot umanoidi che eseguono.

Dove va il lavoro? Il tema è: e la politica? Queste cose accadono, non possono non accadere. Ai politici, buon lavoro.

Giovanni Vannini

 

Nota: Multi-use UAV docking stations and methods – United States Patent 



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