19 dicembre 2017

GUIDO ARTOM, UN GRANDE UOMO DELLA SOCIETÀ CIVILE MILANESE

Non un'orazione funebre ma un ricordo per tutti noi


Ho pensato a lungo a Guido, in questi giorni, ed alla parola che meglio potesse esprimere la sua personalità, il suo modo di essere. E penso che questa parola sia “semplicità”: la virtù dei grandi. Perché Guido è stato veramente una grande persona.

08borghini42FBÈ stato anche una persona “importante”, come si dice e come è stato detto: Vice Presidente di Confindustria, Assessore al Bilancio del Comune di Milano, Presidente della Fiera, Commissario straordinario, dopo Marco Vitale, della Missione Arcobaleno nei Balcani, Presidente del Poldi Pezzoli, Presidente di Emergency, ma non è la stessa cosa, “grande” vuol dire altro.

Vuol dire, per esempio, il modo in cui lo faceva, il modo in cui “portava”, per così dire, le sue cariche. Con grande leggerezza, come dicono gli inglesi, oppure con grande eleganza, come diremmo noi italiani. “Eleganza” della persona, ma anche dell’animo.

Guido non era però soltanto questo, aveva anche grandi doti pratiche e grande competenza.

Se non fosse stato lui Assessore al Bilancio del Comune di Milano nel ’92-’93, per esempio, quando, con alcuni altri esponenti della società civile milanese, accettò di far parte della giunta municipale nel bel mezzo di Tangentopoli, Milano non avrebbe la collezione Jucker , che oggi costituisce la spina dorsale del Museo del 900, e non avrebbe nemmeno l’Ansaldo, dove hanno sede oggi il Mudec, i laboratori della Scala ed alcuni bellissimi uffici comunali.

Certo, Guido aveva la sensibilità culturale per capire l’importanza per Milano di quegli investimenti, ma aveva anche la competenza per valutarne la vantaggiosità e, soprattutto, per realizzarli.

Questo non vuol dire, però, che egli fosse un semplice “tecnico” prestato alla politica, come si tende a dire oggi, un po’ a casaccio, di molti assessori “esterni”. Era dotato invece di una grande sensibilità politica, anzi, direi persino di una grande “civiltà politica”, per il suo senso delle istituzioni, della storia del paese, dell’importanza delle opinioni in politica, proprie ed altrui, dei bisogni delle persone.

Ed era questa un’altra cosa che colpiva molt: la sua cordialità umana, la simpatia di cui era capace, la grande curiosità per le persone, per le loro idee e, quando dimostravano di averne una, anche per la loro fede.

Ammirava molto il Cardinal Martini, per esempio, ma io sono stato testimone anche della sua profonda commozione quando, in una Belgrado ferita dalle bombe ed ancora nella morsa del regime di Milosevic, incontrammo il Patriarca ortodosso di Serbia per portargli una donazione ma, soprattutto, un messaggio di solidarietà e di pace.

E nel Kosovo si impegnò moltissimo, oltre che per il restauro delle meravigliose chiese cristiane di quella regione, anche per il restauro di una moschea. E c’è un libro su questo.

Guido era una persona semplice, come dicevo, che è stata però molte cose diverse nello stesso tempo. Innanzi tutto per i suoi famigliari: Camilla, Giulio, Marina, Micol e Franco, i cui sentimenti non voglio toccare. Ma anche per molti di noi: un amico ed insieme un maestro.

Sarebbe bello che tutti, oggi, pensassimo a lui in questo modo. Il ché porta alla mia mente una cosa che sicuramente a lui, imbevuto com’era di lingua e cultura francesi, non sarebbe dispiaciuta: le straordinarie parole che Guy de Maupassant pronunciò in morte di Gustave Flaubert, suo amico e maestro, appunto: “Morirei felice se sapessi che, quando morirò, ci sarà qualcuno che pensa a me come io sto pensando a te in questo momento”.

Piero Borghini



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